Poche parole, titolo asciutto, primi passi nel ricordare quanto affrontato insieme alcune settimane fa qui, sempre su Nemesis Magazine, ed immergiamoci nell’ascolto di uno dei ritorni più importanti dell’anno, anzi del lustro, o almeno da oggi fino al 2025.
No, non ci credevo, un comunicato uscito quasi per caso (quasi), un concerto a Barcelona e poi in tutta Europa (Italia compresa), un sogno che diventava realtà che andava oltre a qualsiasi altra pezza messa in un modo o in un altro in questi anni dai Gorillaz ( e dico niente).
Un singolo, ‘The Narcissist’, poi l’attesa, poi eccoci, ‘The Ballad Of Darren’ è un album bellissimo nella sua semplicità, maturità, profondità ma soprattutto non è una operazione nostalgia o copia incolla dei tempi andati, non è un tentativo di aggrapparsi a un qualcosa stile qualsiasi scena di un qualsiasi ‘Mission Impossible’, è semplicemente (di nuovo) un album che potrebbe segnare anche il ritorno dei Blur ad una operatività più costante, oppure farci capire che per loro i tempi ormai sono dilatatissimi, che per la prossima uscita dovremo aspettare almeno un lustro o più. Ma, onestamente, forse dobbiamo capire anche che è giusto così, non siamo all’ horror fast food come cantava Rancore e la bellezza dobbiamo meritarcela e dobbiamo averne la dovuta pazienza. Invecchiati come giusto che sia ma non certamente imbolsiti, impreziositi dalle diverse esperienze realizzate singolarmente, tra cui spicca quella Gorillaz, ‘The Ballad Of Darren’ inizia con la dolcezza di ‘The Ballad’ in cui sono palesi sia le contaminazioni elettroniche sia però la presenza attiva della band, quasi come se fosse il feat. di una ballad dei Gorillas. Tutto questo solo per spiazzarci immediatamente quasi come se fossimo tornati a ‘Parklife’’ senza dover essere ‘Parklife’. Già da ‘Russian Strings’ però l’atmosfera cambia, un senso di profondità pervade quest’opera contemporanea ma allo stesso tempo dilatata nel tempo, abile a coprire almeno un trentennio delle nostre vite.
‘TBoD’ è un album di estrema dolcezza che sa variare la sua andatura e soprattutto riesce a trasformarsi in un album in cui è Damon a farla da padrone, ormai trasformato in un crooner assolutamente non anacronistico che ha saputo evitare di sciogliere un band come un Morrissey qualsiasi, riformarla tra le lacrime di felicità (chi era al Primavera sa) ed ora esaltarla ed esaltare i suoi meravigliosi compagni di viaggio.
‘The Heights’ e ‘The Swan’, i momenti dove la magia tocca il suo apice, per un album di cui dovremmo essere felici di poter dire: “Io c’ero”.
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