Lo scorso 30 dicembre è stata licenziata in Senato la manovra finanziaria per il 2021. Vari gli interventi per il settore culturale. Una divisione chiara e schematica per comparti è contenuta in questa nota stampa dell’agenzia di AgCult: prosegue il risanamento delle fondazioni lirico sinfoniche, la legge sul cinema viene rimpinguata di ulteriori risorse e poi viene innalzato il credito d’imposta per le imprese della filiera; si rafforza la promozione della musica jazz; vari i provvedimenti che interessano i beni culturali, i musei, oltre all’istituzione di un osservatorio del patrimonio culturale immateriale del Bel Paese. Novità del 2021 è l’istituzione di un fondo da 20 milioni di euro presso il Ministero dello Sviluppo Economico, per l’universo mondo delle imprese creative, per prestiti agevolati, contributi e nuove forme di finanziamento.
E per lo spettacolo dal vivo? Il Mibact con un comunicato dello scorso 29 dicembre fa il punto delle misure varate dal ministero per mitigare “gli effetti drammatici della pandemia nei settori cultura e turismo”. Dei 11 miliardi di euro stanziati, allo spettacolo dal vivo spettano 348 milioni di euro del FUS (Fondo Unico Spettacolo) 2020 a tutti gli operatori in deroga agli obblighi di produzione; 90 milioni di euro nel 2021 come rifinanziamento del Fondo emergenza Covid 53,6 milioni di euro di ristori per sostenere le tante piccole realtà “EXTRA FUS” attive in teatro, musica, danza e circo; 50 milioni di euro in più per il FUS a partire dal 2021, che arriva così a 400 milioni di euro annui; 14 milioni di euro per sostenere i teatri e le sale per i mancati incassi da biglietteria dovuti alle misure di contenimento della pandemia; 10 milioni di euro per sostenere le scuole di danza private; 5 milioni di euro per sostenere i Teatri di rilevante interesse culturale, i Centri di produzione teatrale, i Teatri di Tradizione e i Centri di produzione danza; 1 milione di euro per sostenere il Fondo nazionale per la rievocazione storica.
È sufficiente? No, fin quando le sale teatrali rimarranno chiuse il teatro italiano sarà mortificato, messo tutto quanto in magazzino (sapete, quei grandi spazi dove si conservano gli allestimenti non più in repertorio). E allora, arriveremo a fine mese e sapremo se le sale teatrali riapriranno o no.
La prospettiva non è rosea. Forse il rimborso al 100% di sistemi di ventilazione meccanica controllata e purificazione per le sale (teatrali e cinematografiche, e per gli edifici scolastici, perché no, ma su questo punto si va fuori tema) potrebbe accelerare le riaperture. Allo spettacolo dal vivo italiano serve mobilità, girare, fare tournée, produrre, produrre e produrre più che mai. Servono programmi di spesa e progetti destinati a questo scopo. Serve riappropriarsi del ruolo originario di chi fa teatro: andare nelle piazze e nei teatri, andare in scena.
Semplice? Sembra di no. Chiediamolo al governo regionale, capace, con la scusa dell’emergenza della pandemia, di applicare il metodo del click day per decidere come finanziare un progetto culturale, nell’obiettivo di stimolare l’economia del turismo. Cosa intende fare l’assessorato di viale Trieste per i teatranti? Ci saranno i soliti salvataggi affidati al Consiglio regionale in sede di finanziaria e non anche una politica organica di settore? I desiderata di chi fa teatro sono non più rimandabili ora, impellenti, una questione di sopravvivenza (quest’anno più che mai!), di senso della propria carriera, come nel carattere di chi fa questo mestiere.
E chi amministra ha il dovere di intercettare questi umori. Perché il teatro, come il cinema e la musica, saranno aria nuova, ritrovarsi insieme, l’ossigeno di cui tutti abbiamo disperatamente bisogno nel nuovo anno.