Sono passati oltre dieci anni dagli interventi di Giorgio Todde contro la minaccia di speculazione edilizia sul colle di Tuvixeddu, uno dei beni storico archeologici più preziosi di Cagliari. È dedicato al medico e scrittore cagliaritano, a quattro anni dalla sua scomparsa, “Sui tetti di chi dorme”, cortometraggio del 2024 con la regia e le musiche originali di Antonello Murgia.
Prodotto da Fabio Marceddu, il film di 15 minuti è stato premiato a Catania al Viagrande Short Film Festival nella sezione Best Historical Short Film “per aver affrontato una tematica importante mescolando storie di passato e presente, mostrando con struggente poesia una dolorosa verità”.
“Vincere per la seconda volta un premio (nell’Isola cugina) ed essere in finale, allo stato attuale, in più di dieci Festival nazionali e internazionali, con un Documentario che racconta la Sardegna e Cagliari, ci fa sentire ambasciatori delle nostre bellezze – ha commentato Fabio Marceddu poco dopo la vittoria del film al festival siciliano – Quelle anime aspettavano di urlare il loro disappunto: noi le abbiamo solo liberate”.
Il film, che sarà programmato a La Maddalena al Premio Solinas il 19 e 20 settembre, ha il merito di riproporre una questione irrisolta: valorizzare un luogo che racconta la capitale sarda in millenni di storia, messo da parte, forse mai capito per la sua portata identitaria.
In apertura la città vista da Giorgino: un uomo in abito pesca una vecchia scarpa e poi scorci dal quartiere di Sant’Averdrace fino ad arrivare alla Necropoli. In sottofondo i versi tratti da “La sera del dì di festa” di Giacomo Leopardi: “Ecco è fuggito il dì festivo, ed al festivo il giorno volgar succede, e se ne porta il tempo ogni umano accidente. Or dov’è il suono di que’ popoli antichi? or dov’è il grido de’ nostri avi famosi, e il grande impero di quella Roma, e l’armi e il fragorìo che n’andò per la terra e l’oceano? Tutto è pace e silenzio, e tutto posa il mondo, e più di lor non si ragiona”. E poi, un messaggio in codice morse, punti e linee che sembrano delle comunicazioni da un altro mondo, ma che risuonano dalla roccia, dalle fessure di Tuvixeddu, la più grande necropoli punica del Mediterraneo.
E dal buio di quelle fessure, delle tombe a pozzo, fanno comparsa delle sagome evanescenti, “dei fantasmi che diventano cantori della storia della città e di quel che rimane della Necropoli e delle sue emergenze artistiche”.
“Questi fantasmi” sono interpretati da Lia Careddu (Lex), Rossella Faa (Vox Populi), Fabio Marceddu (Karel), Isabel Moiño Campos (La Poetessa). In chiusura del film appare Carla Onni (Danzatrice sull’orlo) e il pescatore in abito dell’apertura è Sandro Loi.
Gli spiriti del luogo raccontano di come quel piccolo colle in tufo sia da millenni il cuore di Cagliari: prima usato dai Cartaginesi e poi dai Romani per le sepolture; nel Medioevo circondato dai nuovi insediamenti urbani, dopo la distruzione nel 1258 da parte dei Pisani di Santa Igia, la Cagliari giudicale che sorgeva a ridosso dello stagno di Santa Gilla; e infine sventrato e ridotto a cava dalla Italcementi; abitato dai cagliaritani durante e dopo la Seconda guerra mondiale.
“Questi fantasmi appaiono e scompaiono. Sussurrano e gridano questa eternità e fugacità: l’infinita vanità del tutto, facendo loro i versi tratti da “La sera del dì di festa” di Giacomo Leopardi (…) – scrive Antonello Murgia nelle note di regia – Molto spesso, camminando in mezzo alle “tombe impazzite di luce” ho avuto l’impressione di scorgere e avvertire immagini di un lontano passato. E di essere io d’intralcio a misteriose figure e misteriosi riti. Lo sguardo si posa sulle cose con la stessa leggerezza di una farfalla. Un film che vuole suggerire e raccontare, visivamente, attraverso un universo sonoro extra diegetico, la trasparenza evanescente del vivere. I costumi stessi degli attori sono della stessa sostanza del calcare e della polvere. Tuvixeddu, a seconda di dove si volge lo sguardo, ti dà l’impressione di essere tu stesso un fantasma. È un luogo che necessita la nostra assenza. Perché non c’è spazio per nessun altro in una necropoli così affollata. E perché non si può e non si deve camminare troppo a lungo sul soffitto di chi vuole dormire”.
Nell’immagine di copertina Fabio Marceddu nel film “Sui tetti di chi dorme”