Siamo in Sardegna, ad Iglesias alla fine degli anni ’80. Un professore di storia e filosofia precorre i tempi e fa delle esperienze, che anticipano le tendenze odierne delle politiche socio sanitarie e dell’innovazione sociale: coniugare tutela della salute ad emancipazione, lavoro ed integrazione della persona nella comunità, anche in chiave di sviluppo del territorio. Si chiama Nico Grillo, è il fondatore dell’associazione di volontariato Casa Emmaus ed è tra i protagonisti del libro “Nessun destino è segnato” (Alfa Editrice, 136 pagine, prezzo di copertina 16 euro).
Oggi questa realtà del Terzo settore, operativa dal 1988 nel primo nucleo centrale in una casetta ai piedi del Marganai, nella piana di San Lorenzo nel comune di Iglesias, come comunità per minori, anche tossicodipendenti, conta una serie di strutture accreditate dalla Regione, con équipe multi professionali: educatori, psicoterapeuti e psichiatri, che ospitano, spiega la direttrice Giovanna Grillo, “tra le 180 e le 200 persone in difficoltà”.
Scritto dal giornalista Luca Mirarchi, collaboratore de L’Unione Sarda, nato nel 1980 nella cittadina sulcitana, il volume è stato realizzato per i 32 anni di vita della Comunità Emmaus: in oltre tre decenni di attività “un luogo di rinascita, e una grande famiglia, per circa seimila persone tra individui con problemi psichiatrici, dipendenze patologiche, in uno stato di grave povertà, migranti, detenuti, minori, senza fare alcuna distinzione all’ingresso”, è scritto nel paragrafo introduttivo del libro.

La Casa Emmaus, è sempre stata un’impresa sociale con riuscita a realizzare fin dai primi suoi passi esperienze antesignane. Uno dei tanti progetti pionieristici è stato il “grande appalto ottenuto con la ditta Rockwool di Iglesias per la gestione logistica del carico-scarico dei TIR che giungevano in azienda”, spiega il fondatore di Casa Emmaus a Mirarchi. Un’impresa del Terzo settore che coopera negli anni ’90 con un’industria, e non solo: con tutti gli attori economici e istituzionali del territorio.
“C’è un aspetto che mi ha colpito tanto della testimonianza di Nico Grillo”, ci racconta Mirarchi. “All’inizio non voleva occuparsi di tossicodipendenti. Aveva in mente un’idea di comunità per famiglie. Però si è trovato in una situazione da cui non poteva tirarsi indietro e alla fine ha realizzato un progetto rilevante per il Sulcis”.
Luca Mirarchi dà spazio alle voci degli operatori e di decine di ospiti delle strutture nelle quali si articola la Casa di Emmaus, al contesto sociale negli anni, ai luoghi e allo spazio rurale intorno alla cittadina di Iglesias. Racconta tutto di questa realtà nelle sue tante sfaccettature.
“Le interviste sono tante – spiega l’autore – ma io ne ho fatto ancora di più. Non tutto è entrato nel libro. Sono abituato a fare interviste. È il mio lavoro quotidiano. In questo caso si è creata la necessità di trovare l’incastro tra lo scavare e il dare un’informazione il più completa al lettore e il rispetto della sensibilità diversa di persone con un’esperienza traumatica, di devastazione alle spalle. È stata un’esperienza di arricchimento professionale, perché chi si è raccontato ha fatto un atto di grande generosità. Io mi sono sentito un tramite. Ho cercato di limitare al massimo i miei interventi e costruire una sequenzialità narrativa di risposte a domande implicite”.
Ma ne vale sempre la pena tentare con alterne fortune, per usare le parole di Nico Grillo “esperienze di bellezza che poco alla volta tamponino la ‘bellezza’ della droga”? “Sì”, risponde Mirarchi. “I racconti degli operatori lo testimoniano. Come quello di mia sorella che lavora in comunità come educatrice: non importa se il risultato sarà duraturo o meno, vale la pena di vederli rifiorire, anche solo un’anno”.
Oggi la Comunità, in tutte le sue strutture, impiega un’ottantina di operatori e ospita tra le 180 e le 200 persone in difficoltà, segnala la direttrice Giulia Grillo che, al contempo, sottolinea all’autore del volume un “progressivo decadimento del welfare, con le rette assegnate alle strutture ormai ferme da troppo tempo, e inadeguate a coprire i parametri di efficienza imposti dallo Stato”.

C’è la comunità maschile che lavora con il Ser.D., il CSM (Centro di salute mentale), il tribunale e i servizi sociali del territorio regionale ed extraregionale, la Casa di Angela, sede della Comunità donne adulte a Cuccuru Tiria, che deve il suo nome a una delle prime ospiti di Casa Emmaus all’inizio degli anni Novanta.
E ancora, dal 2019 è operativa l’Innesto, la struttura per minori e giovani adulte dipendenti da sostanze e dal 2018 è stato riattivato La Tenda, nel, comunità per minori uomini centro storico di Iglesias.
Ma esistono anche il CAS (Centro di Assistenza Straordinaria), rivolto a chi esprime la volontà di richiedere una protezione – i richiedenti o ricorrenti asilo – dopo avere avuto accesso al territorio nazionale in modo irregolare e il SIPROIMI (Sistema di Protezione per titolari di Protezione Internazionale e per Minori stranieri non accompagnati), con strutture dedicate nel centro di Iglesias.
C’è Lo Specchio, la prima e unica struttura sanitaria per il trattamento dei disturbi dell’alimentazione in Sardegna.
Infine loro, tra quelli che Luca Mirarchi ha incontrato a Casa Emmaus. Come, tra gli altri, Michele, cagliaritano, condannato per un reato di rapina a mano armata. Oggi ha il diploma da OSS; Andrea, ex tributarista, entrato in Comunità a 32 anni e oggi e imprenditore nel settore apistico.
Chiudiamo con la saggezza della giovane Federica, ospite nel 2019 della struttura sanitaria per il trattamento dei disturbi dell’alimentazione Lo Specchio: “Prendiamo la figura del drago inteso come guardiano di un tesoro; il drago rappresenta la paura, il tesoro rimanda alla nostra ricchezza interiore. Se avremo il coraggio di affrontare il mostro potremo accedere a una parte nascosta di noi. È necessario accogliere e ascoltare la paura per disinnescarla”.
Tutti noi dovremmo avere il coraggio di cavalcare il nostro drago per affrontare la caccia al nostro tesoro interiore.
Un libro, un messaggio per tutti.










