Come si racconta un eroe? Con quali parole e immagini si può descrivere la storia di un mito umano e sportivo che è entrato nella leggenda? Il regista Riccardo Milani nel suo ultimo lavoro “Nel nostro cielo un rombo di tuono”, ha scelto quelle delle emozioni, che hanno lo sguardo riservato e l’aria malinconica di Luigi Riva, detto Gigi. Il docu-film uscito con anteprima sarda lo scorso 7 novembre, nel giorno del 78esimo compleanno dell’ex calciatore, ricostruisce la storia del leggendario centravanti del Cagliari, lombardo di nascita ma sardo di adozione.
Un progetto nato vent’anni fa, quello di Milani, dedicato alla vicenda di un uomo, prima che uno sportivo, che ha saputo anteporre i valori e la coerenza alla fama e il danaro. Una “lezione di vita, di stile, rigore etico e appartenenza” come ha dichiarato lo stesso regista nel corso della presentazione alla stampa al Cinema Odissea di Viale Trieste a Cagliari, alla presenza del figlio Nicola Riva.

Progetto niente affatto semplice da realizzare, dato il carattere riservato e schivo di Riva, tanto che il regista ha aggiunto: “Non so cosa abbia convinto Gigi a fare il film, io ho solo cercato di mettere insieme i pezzi di una storia che ha raccontato lui. Ho provato a farlo con il massimo rispetto. Penso abbia capito l’affetto e la sincerità che ho provato a esprimere. Mi porto dietro l’opportunità di parlare con lui, spesso anche di rimanere in silenzio, che è stato anche un modo per ottenere la sua fiducia. Ci sono cose che Gigi mi ha detto e che non ho messo perché c’è un limite che non si può superare. Fiducia è stata la parola chiave”.
Prodotto da Wildside, Vision Distribution, in collaborazione con Sky, il lungometraggio è stato girato col sostegno della Regione Sardegna, della Fondazione Sardegna Film Commission, del Comune di Cagliari, della Fondazione di Sardegna e del Cagliari Calcio.
Il film ripercorre la sua storia dall’infanzia in collegio a Varese al trasferimento in Sardegna, a soli diciassette anni, in quell’isola nella quale si veniva spediti per punizione e di cui Riva aveva inizialmente “una paura tremenda”. E invece la paura si è trasformata in un amore fatto di intese e silenzi, sintonia tra il carattere chiuso dei sardi e quello segnato dalla vita di Riva. “Ero già un mezzo sardo quando sono venuto qua” dice in una scena. Entrambi abituati all’essenzialità, a fare ciò che c’è da fare più che a parlare. E come è la parola ad essere misurata per lui, così è il suo calcio, fatto di gesti puliti e asciutti: “L’allenatore mi chiede di concludere e io faccio quello che mi chiede lui”. Come ripete lungo tutto il film, per raccontare le sue gesta più grandi con modestia: “Ci ho provato, mi è andata bene”, che si tratti del goal che ha segnato la vittoria dello scudetto nel 1970 o quelli fatti con la Nazionale nei Mondiali in Messico nel 1968.


Gigi Riva ha resistito al richiamo del successo e dei soldi, rappresentati da quei Moratti che cercarono invano di portarlo all’Inter senza riuscirci, addirittura tentando di comprare l’intero Cagliari Calcio pur di averlo. “Ho fatto una scelta di vita e non potevo lasciare la Sardegna”, disse per spiegare il suo rifiuto e il desiderio di continuare a giocare e vivere nell’isola. “Sono stato coerente con me stesso, ho fatto quello che pensavo”, racconta nelle sequenze più emozionanti del film, seduto nella sua poltrona nel salotto della casa di Cagliari, con l’immancabile sigaretta accesa. Riva non esce da tempo, si è chiuso in un silenzio riservato, ha scelto di mettere una distanza fisica da un mondo che ormai gira troppo veloce per uno come lui.
Filmati d’epoca, interviste, materiale d’archivio. Riccardo Milani, noto per successi come ‘Benvenuto presidente!’ e ‘Come un gatto in tangenziale’ ha realizzato stavolta un lungometraggio di due ore e mezza, quasi un colossal, data l’epica del personaggio a cui è dedicato. Un lavoro immenso che dimostra l’amore di Milani per il racconto di quello che prima di ogni altra cosa è un percorso umano, del singolo e di un gruppo, quei “cavalli selvaggi”, come viene definita la squadra del Cagliari di Riva, capace di capovolgere il campionato e i pronostici per portare per la prima volta la Sardegna alla ribalta nazionale. Non per i sequestri o la pastorizia, ma per un riscatto collettivo fatto della stessa rabbia con cui Gigi Riva calciava il pallone producendo quel rumore sordo che gli valse il soprannome di “rombo di tuono” da parte di Gianni Brera.
Sono molte le figure che compaiono nel film, vicine al percorso umano sardo di Gigi Riva che dice: “Ho trovato amicizie che mi aiutavano a realizzarmi”. Una tra tutte la scena che ricostruisce l’incontro tra Fabrizio de Andrè e Riva all’Agnata, fatto di lunghi silenzi e di un’intesa che non ha bisogno di troppe parole. Entrambi adottati dalla Sardegna, entrambi abituati a parlare con altro, che fosse il calcio o la musica. Unico dubbio in tutto il racconto del film, forse, l’uso di alcune figure della tradizione sarda eccessivamente folklorizzate ma che piacciono al pubblico, come i Giganti di Mont’e Prama, le maschere, insomma la cartolina sarda dalla quale troppi registi non riescono ad allontanarsi.
A raccontare invece il sodalizio sportivo della squadra, dal passaggio in serie A nel ’64 alla vittoria dello scudetto del ’70, sono gli ex compagni di squadra Enrico Albertosi, Beppe Tomasini ed Angelo Domenghini che nel corso della presentazione ha detto: “Gigi ha rappresentato il numero uno qua a Cagliari, senza di lui lo scudetto non si vinceva mai. Sul campo trascinava tutti. Eravamo un gruppo di amici, prima di ogni altra cosa. E lo siamo ancora perché se sei amico sei amico tutta la vita”. Lo sguardo al calcio del presente, distante da quello vissuto da Riva, ha invece il volto di Nicolò Barella, che racconta il suo rapporto con il campione e l’emozione di essere in qualche modo accostato alla sua figura.

Il calcio è quasi un pretesto, in questa storia umana di eroi e valori, ma un calcio di altri tempi, tra gentiluomini. In questo sta il rapporto quasi simbiotico tra Riva e la Sardegna, nel desiderio di rivalsa. In quei filmati d’epoca con i caroselli dei tifosi sardi che portavano in trionfo il campione, le maglie con il numero 11, la sua gigantografia sulle macchine c’è tutto il desiderio di dimostrare al mondo chi sei, cosa vali. Che tu sia singolo o Isola, quello che conta è lo spirito che ti anima.
“Nel nostro cielo un rombo di tuono”, è un regalo che Riccardo Milani ha fatto a Gigi Riva e alla Sardegna tutta, una celebrazione toccante e piena di emozione che rende omaggio al campione e l’uomo, raccontando un’epoca. E a questo regalo così prezioso lo stesso Gigi Riva ha risposto con la sua presenza, prendendo parte alla première serale di lunedì 7 novembre, giorno del suo compleanno, a Cagliari in un Teatro Massimo gremito, dal quale è stato accolto con un lunghissimo e commovente applauso.