Ha il DNA di una commedia nera e le vesti del road movie ‘Tres Animeddas’, mediometraggio del regista Matteo Incollu prodotto da Mommotty e realizzato col contributo della Regione Sardegna – Imprentas 2022-2023. L’opera, proiettata venerdì 21 giugno presso il teatro Alkestis di Cagliari, vede la partecipazione straordinaria di Michela Sale Musio, Renata Manca, Stefano Cau, Diego Pani, Maurizio Marzo, Tonio Pani e regala al pubblico un viaggio di cinquantadue minuti, interamente in lingua sarda, capace di unire sarcasmo e temi profondi. In primis quello della morte, mondo intorno al quale gravitano l’occulto e il mistero: due argomenti tanto cari a un certo Pietro Puddu, docente di estimo al Cocco-Ortu molto conosciuto e apprezzato per le sue teorie di archeologia esoterica sarda.
Ma dov’è finito questo professore scomparso “nella nebbia delle sue stesse ricerche”? E il suo prezioso quaderno – una sorta di sacro graal di approfondimenti sulle questioni più ancestrali dell’isola – esiste davvero o è come la Fenice?
Così, i protagonisti Dante e Tore – due precari accademici interpretati rispettivamente da Emanuele Pittoni e Francesco Bachis – iniziano un lungo viaggio alla ricerca dello studioso in modo da poter realizzare un podcast dalle tinte oscure. Un cammino che percorre anche le sfaccettature della narrazione della morte nella cultura dell’isola lungo sentieri fatti di cimiteri, ossa e denti di morti, simboli, donne sagge e perfino un cantadore che, in pieno stile Robert Johnson, vende l’anima al diavolo e si esibisce accompagnato da un sonadore parco di parole – inviato dallo stesso demonio – in un’irreprensibile ‘Morti candu bolis‘.
La pellicola si sviluppa su misteri irrisolti senza perdere di vista l’ironia onnipresente nello sguardo dei due personaggi durante la peregrinazione alla scoperta dell’occulto. Tra una battuta tagliente e l’altra, Incollu offre un significativo spunto sull’importanza di studiare il passato senza perdersi nei meandri della fantarcheologia: una ricerca della conoscenza scevra da certe teorie che sì, fanno molta presa sul senso comune, ma che in realtà si discostano dalla storia reale. “’Identità’ lo dici per prendere i fondi della Regione?” chiede Tore a Dante quando quest’ultimo sfodera quella parola “che piace a tutti” unitamente a una pletora di “megalitismo, esoterismo, archeologia”.
Seppellendo certe mistificazioni con il cinismo, Tore sottolinea anche che il professor Puddu “è uno di quelli che crede ai giganti” e ricorda al suo amico come alcuni misteriosi denti rinvenuti in realtà non fossero quelli di un gigante, bensì “dentis de cuaddu”.
Che fine ha fatto questo insegnante che nel suo ricco curriculum annovera anche la scrittura di ‘Ballu tundu e megalitismu’ e ha persino condotto ricerche sulle energie dei nuraghi che permettono di entrare in contatto con gli alieni?
Tra camposanti in bianco e nero dove dove si stagliano rigogliosi cipressi e paesaggi silenti scanditi dai suoni della natura, tra qualche auto sparuta e singolari incontri con personaggi-chiave, non sfugge all’occhio dello spettatore un Tore che si lustra frequentemente le calzature con un fazzoletto, quasi a richiamare inconsciamente la valenza simbolica che riconduce a cammini e passaggi spirituali. E nemmeno sfuggono i richiami alla società del consumo che, forse, è quasi più annichilente della morte stessa.