È un pezzo teatrale realizzato con il linguaggio cinematografico “Maria di Isili“, il film di Enrico Pau, tratto dall’omonimo romanzo di Cristian Mannu, presentato in prima assoluta a Cagliari al Babel Film Festival lo scorso 3 ottobre.
Prodotto dalla Fabbrica Illuminata, parlato in sardo, il lungometraggio della durata di 47 minuti è nato da un’idea di Marco Parodi nella fase di studio, nel 2017, di una residenza artistica a Isili sul romanzo di Cristian Mannu. Al regista genovese, scomparso nel 2019, è dedicato il film sceneggiato da Enrico Pau con l’attrice Elena Pau, che ha raccolto l’eredità di uno dei maestri della cultura teatrale in Sardegna degli ultimi quarant’anni, quale è stato Marco Parodi.
Nel film, pur fedele al racconto letterario, emerge un lavoro molto personale compiuto dal regista: un omaggio al teatro, da cui partì la sua formazione e carriera artistica tra la fine degli anni ‘70 e la metà degli anni ‘80.
L’azione si svolge in una specie di palcoscenico, dove emergono dal buio i personaggi del romanzo: qui Maria è interpretata da Daniela Vitellaro, che con lo sguardo richiama quegli occhi della protagonista, ardenti, sognatori, pieni di desiderio. Con pochi movimenti e soprattutto con la voce e la parlata del sardo campidanese (la traduzione è di Rossana Copez e Rita Alzeri), l’attrice incarna il fascino della giovane tessitrice, che s’innamora del ramaio gitano Antonio Lorrai, promesso sposo della sorella Evelina.
Il richiamo estetico delle trame, dei colori e dei disegni nei tappeti e arazzi di Isili compare negli eleganti costumi di Marco Nateri. L’aiuto regista del film è Lucrezia Degortes.
Evelina (interpretata da Tiziana Furcas), Antonio (Emilio Puggioni), il padre di Maria Miche Piga, forse il personaggio più drammatico tra tutti (Aldino Pinna), la madre della protagonista Rosaria Granata (Daniela Musiu), la levatrice, zia Borica (Rita Pau) e Sergio Desogus (Giorgio Pinna), si animano a turno per raccontare la loro storia e quella di Maria, facendo uscire ciascuno il proprio demone, che sembra essere rappresentato dalle maschere tragiche dietro ciascuno di loro.
“È un film che ha scelto di usare il sardo per la sua potenza espressiva, poetica, eversiva, una produzione piccola realizzata in soli tre giorni di riprese che sono il segno, mostrato con orgoglio, di una povertà che, nel viaggio creativo, è diventata ricchezza”, ha scritto Pau all’indomani della prima proiezione.
È proprio un tragedia Maria di Isili nel senso teatrale del termine. E la ricostruzione di Enrico Pau accentua questo carattere della storia, con al centro Maria, l’unica della famiglia che conquista la libertà di essere come vuole, che segue la legge del desiderio, pagando il prezzo dell’esilio. E sullo sfondo la natura, i campi sconfinati attraversati da una processione di donne vestite di nero e l’albero al quale s’impicca Antonio Lorrai. Una natura in bianco e nero: non si sa se è nel futuro o nel passato. È una natura che sta, non cambia, è lì da secoli, sempre eterna.
Immagine in evidenza tratta dal film di Enrico Pau Maria di Isili