La manifestazione nazionale Apriti Moda è l’occasione migliore per tracciare una mappa dei talenti sartoriali e dei designer dell’Italia che ci piace di più, quella creativa, innovativa e capace di mantenere vive competenze e abilità che il mondo intero ci invidia.
A Cagliari, apre al pubblico l’atelier di Luciano Bonino, memoria storica di persone, cose e luoghi di una Cagliari che tende sempre più a sparire nei ricordi e divenire evanescente.
Nell’affascinante e decadente palazzo di via Azuni ci accoglie un trionfo di rose, leit motive di questo evento che parte dai versi di Gertrude Stein “Una rosa è una rosa”, cantati anche dalla grande Giuni Russo, per declinarsi in abiti sorprendenti.
La capsule collection a tema rose di Bonino abbina, come da sempre lo stilista (anche se preferisce essere chiamato sarto) ci ha abituato, elementi antichi e moderni, in perfetto equilibrio tra loro. Ci sono le cappe ricamate a mano, leggere, e quelle solide, compatte, di tessuto denso e avvolgente. Ci sono abiti peplo che richiamano gli anni ’50 e ’70 e suggestioni mutuate dal mondo fluttuante del Giappone.
Fin dalla sua prima sfilata, nel 1974, Luciano Bonino ha voluto dialogare con il pubblico rompendo i clichè rigidi e seriosi della moda: in passerella con le modelle c’erano ballerini e ballerine di tango a rendere quegli abiti non solo una collezione di vestiti ma un momento di spettacolo. E anche ieri, nel suo atelier, ad accompagnarci in una visita a metà tra la conversazione tra amici e la didattica, c’era il contralto Federica Moi che sulle note di “L’amour est un oiseau rebelle” ha reso le rose di Bonino vive e pulsanti.
Nella seconda sala, ad attenderci, ci sono due Christian Dior originali degli anni ’50 e una borsa d’epoca Gucci caratterizzati dal tema della rosa. Tessuti e modelli che hanno mantenuto la loro eterna eleganza, per nulla scalfiti dal passare del tempo. E qui ancora creazioni di Bonino in cui il fiore ricorre in ombre, in ton sur ton, oppure gridato con colori cremisi e viola di grande intensità su kimoni, vestiti lunghi, abiti da pomeriggio.
Una sezione è dedicata, come è giusto, a ciò che ha reso noto Luciano Bonino, ovvero l’utilizzo di tecniche tipiche degli abiti tradizionali sardi per realizzare pezzi che sono al tempo stesso rivisitazioni adatte alla vita di tutti i giorni e icone da museo. La plissettatura, firma d’autore che rende riconoscibile ogni creazione, è come una musica che incanta. Ci si perde in queste infinite pieghe perfette che paiono nere come la notte e invece rivelano sorprese di viola. Si ammira la struttura dei bustini, ieratici, abbinati a gonne dai ricami realizzati a mano che tanto raccontano di una Sardegna elegante, forse in parte perduta, senza mai scadere nella compiacenza del folklore o dell’effetto costume.
Chi vive la moda come atto creativo, chi ha impiegato come Luciano Bonino, e tuttora impiega, tempo ed energie nello studio, nella ricerca di modelli, di tessuti, di dettagli che puntano all’unicum, non può che perdersi tra le trame, nelle stampe tridimensionali, nel movimento leggero o al contrario nella solidità di perfette armature moderne.
Luciano Bonino ha segnato i passi della sua carriera con grazia e passione, ben consapevole di avere trovato una ricetta segreta e inimitabile.