Adesso che Roberto Bertuzzi non c’è più, ultimo testimone della scorta di Enrico Berlinguer, il viaggio di Luca Telese nella vita dello storico leader del Pci prosegue da solo. Era il più giovane dei sette uomini che per tanto tempo formarono il cordone di sicurezza del politico sardo, riformatore borghese che per decenni incarnò un popolo, le sue battaglie, i suoi sogni. Negli ultimi anni saliva sui palchi dei teatri di tutta Italia affiancando l’autore di La scorta di Enrico – Quando i supereroi lavoravano per il Pci e Opposizione – L’ultima battaglia di Enrico Berlinguer, editi entrambi da Solferino.
“La morte di Roberto, avvenuta a fine anno, mi ha portato a riflettere su quanto avevo teorizzato, ovvero che quello portato avanti era un lavoro di memoria e questa memoria sono contento di averla messa nero su bianco” dichiara il giornalista, scrittore e conduttore televisivo, atteso in veste di narratore martedì 14 gennaio alle 20.30 sul palco del Teatro Massimo di Cagliari per Legger_ezza, progetto per la promozione della lettura ideato e curato da Cedac. “Durante uno spettacolo Bertuzzi raccontò che dopo la guerra in Ucraina, a seguito dell’aumento delle bollette, non aveva più fatto una doccia calda perché prendeva 1050 euro di pensione. Ogni volta che andavamo negli alberghi pagati dalla produzione, per lui era come fare una vacanza” prosegue Telese: “Se fosse stato a Cagliari, come in altre occasioni avrebbe descritto Berlinguer uomo granitico col guanto di velluto. Quando ho pensato di scrivere La scorta avevo già in mente di strutturare il libro con una forma di memoria-racconto in prima persona. Ogni capitolo è il racconto di un protagonista”.
Dalla libreria al palcoscenico il passo è stato breve.
È venuto quasi naturale. Hanno iniziato a chiamarmi nelle scuole e in altri luoghi. Avevo bisogno di mostrare di più per raccontare meglio in meno tempo. Quindi mi servivano le immagini, la musica, le foto dei protagonisti. Così il monologo è diventato un racconto fatto anche di note e immagini. Ora lo spettacolo si è arricchito attingendo da entrambi i libri”.
La questione morale, la cura per l’ambiente, i movimenti pacifisti, la condizione della donna, sono temi a cui Berlinguer guardava con grande attenzione.
“Per questo c’è stato bisogno di un secondo libro. Quando ho iniziato a scrivere mi sono reso conto che c’era un’ultima parte, il secondo Berlinguer, che poi è la stessa persona che in momenti diversi cerca gli spazi per realizzare i valori della Costituzione. Ad un certo punto si mise a cercare una nuova sinistra, moderna, immaginando un futuro che poi è il presente che stiamo vivendo. Il futuro del 1984 è il 2024. C’era l’inflazione, la crisi energetica, la guerra in Palestina. In America c’era un presidente populista e oggi vediamo accadere la stessa cosa. Nello spettacolo dedico una parte all’intervista che rilasciò nel 1984 all’Unità su Orwell e che il giornale titolò ‘Orwell non ha vinto’. Profetizzò che la classe operaia sarebbe stata cancellata e sarebbe nato un proletariato intellettuale e sottopagato che avrebbe svolto professioni creative per alimentare le macchine. E disse: ‘Orwell non ha vinto perché nel Novecento ci siamo stati noi, perché c’è stata la democrazia, la Costituzione. Noi siamo convinti che il mondo, anche questo terribile e intricato mondo di oggi possa essere conosciuto, interpretato, trasformato, messo al servizio dell’uomo, del suo benessere, della sua felicità. La lotta per questo obiettivo è una prova che può riempire degnamente una vita’”. Anche l’ambiente era terreno di interesse. Un giorno con Gavino Angius e un gruppo di dirigenti andò a Stintino, doveva notato pescando che i pesci avevano qualcosa di strano. Si rivolse a tutti chiedendo cosa ci fosse in quelle acque. Angius rispose: azoto. Da li approfondì il problema dell’inquinamento”.

Plurimiliardari e grandi multinazionali tecnologiche stanno assumendo funzioni che in passato erano prerogative esercitate dagli Stati sovrani.
“Alcune di queste cose le diceva quarant’anni fa, come nel caso del trust dei monopoli”.
Non sempre il segretario del Pci venne capito dai suoi compagni, come quando scrisse due saggi sulle donne…
“In uno di questi scriveva che non si poteva indicare alle donne un modello maschile dato che le donne erano gravate da tanti ruoli e tanti compiti. Anche per la sinistra questo era un terreno scivoloso. Era avanti pure in questo. Inoltre aveva l’ossessione del “mi devo portare dietro tutti quanti altrimenti non ha senso”, compresi quelli che in quel momento non vedevano cose a lui invece ben chiare. La sua idea di partito era quella di una comunità pensante e sociale”.
Criticato nei primi anni Duemila, Berlinguer piace a tanti giovani di oggi.
“La sua figura continua a comunicare due cose importantissime: la questione morale e la questione sociale. Se oggi siamo il Paese d’Europa con il potere di acquisto più basso, con gli stipendi bloccati da anni, forse è anche perché gli eredi di Berlinguer non sono riusciti a continuare quella battaglia per cui lui portò più di un milione di persone in piazza. L’unica cosa che si è avvicinata un po’ dal punto di vista organizzativo è stata quella fatta da Cofferati sull’articolo 18. Nessuno ha più avuto la grandezza dell’utopia manifestata da Berlinguer, il saper accendere l’animo, la capacità di muovere grandi macchine umane, senza le quali la sinistra non vince”.