Su questo ho avuto molti ripensamenti, più e più volte.
Da giovanissima il mio animo iper-romantico mi imponeva di pensare che fosse una sciocchezza, anzi, la distanza non poteva far altro che alimentare sentimenti che non potevano essere sopiti.
Poi c’è stata la fase di mezzo, dove la disillusione, le esperienze non sempre piacevoli e una certa forma di realismo, ti portano a pensare che ovviamente non può che essere così. Non avere sottomano le cose ti porta quasi a pensare che non ci siano più, e quindi non puoi averne più bisogno.
Ma poi, come una sorta di analfabetismo di ritorno dei sentimenti, ti riscopri a pensare che in fondo l’hai sempre saputo, che lo si dice ma non ci si crede, che è esattamente l’opposto: puoi anche non avere più occasione di coltivare un sentimento, non frequentare più quell’affetto speciale, non avere (o non voler avere) più modo di vedere o sentire l’oggetto dei propri desideri, ma questo non renderà meno semplice quel percorso di estirpazione del pensiero dalla nostra mente e del sentimento dal nostro cuore.
Complice l’interconnessione quasi totale che ormai esiste tra tutto e tutti, difficilmente si riesce a scomparire definitivamente dai radar di qualcuno, ma quando mai il non vedere più il destinatario del proprio trasporto dovrebbe far mutare l’intensità di un sentimento?
Certo, bisogna approfondire di che sentimenti si parli.
Però, se ci riferiamo a quelli veri, quelli radicati in noi, quelli sorti spontaneamente a dispetto di tutto, quelli che ci rappresentano quanto noi stessi, allora di sicuro non c’è distanza che tenga.
E rincaro la dose: distanza spaziale o temporale che sia.
Ci sono tanti esempi che rendono l’idea; noto a tutti il caso del cane “Capitàn”, in Argentina, che per oltre 10 anni ha visitato la tomba del suo padrone dopo la sua morte. Era persino stato adottato da una nuova amorevole famiglia, ma l’istinto non gli ha permesso di rinunciare a quel senso di appartenenza.
E cosa obiettare all’intensità di quanto evocato dalla storia della vedova della voce ”Mind the gap”? Questa tristissima, ma altrettanto bellissima vicenda, parla della moglie dell’uomo (Oswald Laurence) che registrò il famoso annuncio per le stazioni della metropolitana di Londra. Per i successivi dodici anni dalla morte del marito, l’inconsolabile vedova ha cercato sollievo ogni giorno in una precisa fermata della metro per riascoltarne la voce.
Dodici anni di assenza totale non sono bastati.
Se volessimo sfociare nell’esoterico pensiamo poi a Sam e Molly, l’innamoratissima coppia del movie ‘Ghost’ dove lui ritorna dall’aldilà, sotto forma di fantasma, per poter stare vicino alla sua amata!
L’amore che proviamo, e il modo in cui lo proviamo, è ciò che ci rende unici. Spazio e tempo fanno solo da contorno.