Stanchi del logorio della vita moderna? Potete sempre prendere una laurea in ingegneria e poi ideare, progettare e costruire il vostro stato indipendente. Con la vostra lingua, la vostra moneta, le vostre abitudini. Le vostre regole. Fantascienza? No, cronaca vera, e anche abbastanza recente: la Repubblica esperantista dell’Isola delle Rose nacque davvero cinquant’anni fa dalla mente di Giorgio Rosa, ingegnere bolognese, come stato indipendente.
Pochi di noi conoscono la storia, ma un bel film di recente approdato su Netflix firmato da Sydney Sibilia (autore anche del fortunato “Smetto quando voglio” con i suoi due seguiti) ce la racconta in tutta la sua assurdità.
Siamo nel 1968. E’ l’anno delle contestazioni giovanili, della guerra in Vietnam, della Primavera di Praga. In Italia i violenti scontri tra studenti e polizia a Roma, di fronte alla facoltà di architettura a Valle Giulia, danno vita all’occupazione di scuole e università, mentre a Parigi ottocentomila persone scendono in piazza contro capitalismo e imperialismo. E’ l’anno dell’assassinio di Martin Luther King e Bob Kennedy, della morte di Yuri Gagarin, dell’attentato a Andy Warhol, delle Olimpiadi con i due atleti neri che sul podio sollevano il pugno chiuso per protesta contro le discriminazioni razziali.
E’ in questo anno incredibile, denso di avvenimenti che cambieranno la storia, che Giorgio Rosa, bolognese di 43 anni con una laurea in ingegneria meccanica, decide di dare una svolta alla sua vita. Nel film il protagonista è interpretato da Elio Germano, e la sua decisione è legata a una bruciante delusione d’amore, con la sua amata Gabriella che lo lascia definitivamente per via delle sue troppe stranezze. La storia vera invece è meno romantica: l’ingegnere, un passato di breve militanza nella Repubblica sociale di Salò e di seguito denunciato dalla stessa Rsi per diserzione, è insofferente alle regole della burocrazia, al rigore delle norme italiane. E così alla fine degli anni Cinquanta, durante una vacanza a Rimini, ha un’idea: mettere a frutto il suo ingegno per costruire una piattaforma nell’Adriatico e tirarci su una casa in mattoni. Indipendente.
La struttura, immersa nell’acqua, sarà di tubi e cemento e ampia 400 metri quadrati, a 11 chilometri al largo della costa tra Rimini e Cesenatico e 500 metri al di là delle acque territoriali italiane. Per costruirla l’ingegnere e sua moglie Gabriella Chierici fondano anche una società, la Società sperimentale per iniezioni di cemento, e conducono diversi sopralluoghi usando una barca autocostruita con il motore di una Fiat 500.
Follia, sì, ma Rosa alla fine porta a termine l’impresa e il 1 maggio 1968 l’Isola delle Rose viene proclamata stato indipendente. La prima notte è da brividi con una tremenda tempesta che mette paura ma per le settimane successive il tempo di un’isola felice, illuminata da un sole quasi estivo fa dimenticare tutti i pensieri. Lo stato si da un governo, una bandiera, uno stemma (tre rose rosse su campo bianco), stampa perfino francobolli (oggi rarissimi e costosi), una moneta, il mill, e si dota pure di un ufficio postale e di un bar ristorante. La lingua scelta è l’esperanto.
L’utopia di una casa sul mare con pochissimi abitanti diventa realtà. In concreto ci vive stabilmente solo una persona, Pietro Bernardini, che affitta l’Isola per dodici mesi dopo avervi naufragato, ma nelle settimane tra il 1 maggio e il 24 giugno sono tante le persone che da Rimini raggiungono la piattaforma in barca per la curiosità di visitarla.
Un sogno breve: il 25 giugno, 55 giorni dopo la dichiarazione di indipendenza, le forze dell’ordine italiane con polizia, carabinieri e guardia di finanza raggiungono l’isola delle Rose e la occupano. La vicenda approda sul tavolo di Giuseppe Saragat, Presidente della Repubblica, con un telegramma firmato dallo stesso Giorgio Rosa che lamentava “la violazione della relativa sovranità e la ferita inflitta sul turismo locale dall’occupazione militare”, mentre l’allora ministro dell’Interno Francesco Restivo riceve due interrogazioni parlamentari, una da Stefano Menicacci del Msi, l’altra da Nicola Pagliarani del Partito comunista italiano, in cui si chiede cosa il Governo intendesse fare.
Tanti i motivi di preoccupazione da parte del Governo italiano, economici (l’Isola è una strategia per eludere le tasse in Italia?) e politici (forse potrebbe fare da approdo per il blocco sovietico?). Quali che siano i veri motivi di tanto accanimento la questione interessa la Procura della Repubblica di Bologna, il Ministero della Marina Mercantile, il Consiglio di Stato e arriva addirittura alla Corte di Giustizia europea di Strasburgo.
Niente da fare, per il sogno di Giorgio: l’11 febbraio 1969 i sommozzatori della Marina militare italiana, dando seguito al decreto di demolizione del Ministero della Marina Mercantile e senza aspettare il pronunciamento del Consiglio di Stato a cui l’ingegnere si era rivolto, piazzano una tonnellata di esplosivo e fanno saltare in aria l’Isola delle Rose. Cinque mesi dopo i giudici del Consiglio di Stato rigettano le pretese di sovranità, indipendenza e diritti internazionali rivendicati dai proprietari dell’Isola.
Per decenni su questa incredibile vicenda è calato il silenzio. Nel 2008 uno spettacolo teatrale e un documentario fanno luce sulla storia, nell’estate 2009 alcuni sub trovano i resti dell’Isola a largo di Rimini, nel 2013 Walter Veltroni pubblica un romanzo ispirato a quei fatti. I giornalisti tornano sulle tracce di Giorgio Rosa e lo trovano ultraottantenne in una bella casa di Bologna che si affaccia sui giardini Margherita. Al giornalista Marco Imarisio, che il 28 agosto 2009 racconta la vicenda sul Corriere della Sera dice “Davvero strano. Per 40 anni non mi ha cercato nessuno. All’improvviso, a partire dal 2008, tutto uno squillar di telefono. Forse perché sul piano delle libertà individuali, non è cambiato poi molto. Ad essere sinceri, il mio progetto iniziale era questo: costruire qualcosa che fosse libero da lacci e lacciuoli e non costasse molto. Sulla terra ferma la burocrazia era soffocante. Così mi venne un’idea, durante la villeggiatura a Rimini”.
Si parla ancora di Giorgio Rosa nel 2017, quando muore a 92 anni nella sua Bologna. Oggi l’Isola delle Rose torna attuale con il film di Sibilia. E attuale ancora il pensiero del suo fondatore, un po’ genio e un po’ visionario: “Diciamolo – ha detto ancora a Marco Imarisio Giorgio Rosa – ogni essere umano libero sogna di fondare uno Stato indipendente”.