L’intelligenza artificiale sta cambiando le nostre vite in tanti campi. Una rivoluzione non priva di rischi: il più temuto è quello che un giorno superi quella umana diventando così incontrollabile. Attraverso l’IA si può distorcere o “piegare” la realtà, dato che le persone sono portate ormai ad assorbire tutto ciò che viene somministrato da reti sociali, algoritmi e bot. L’intelligenza artificiale è al centro di dibattiti, programmi televisivi, articoli, libri, elaborazioni scolastiche, tesi di laurea, inquietudini di vario genere (un gruppo di ricercatori dell’università del Missouri ha da poco lanciato l’allarme sui primi casi di relazioni sentimentali tra uomini e macchine), progetti d’arte (lo scorso novembre Sotheby’s ha venduto per un milione di sterline il ritratto di Alan Turing realizzato da un robot umanoide), ma anche di spettacoli teatrali o coreutici come nel caso di K.I.nd of human. Ideato e coreografato da Roberta Pisu, cagliaritana di stanza a Monaco da tanto tempo dove per oltre dieci anni è stata danzatrice solista dello Staatstheater am Gartnerplatz, va in scena per l’ultimo appuntamento della stagione Cedac il 14 aprile alle 21 al Teatro Civico Gavi Ballero di Alghero, il 15 alle 20.30 al Teatro Costantino di Macomer, il 16 al Comunale di San Gavino, ore 21, e il 17 al Massimo Cagliari alle 20.30 per la rassegna Pezzi Unici.
Sul palco la compagnia Arcis Collective composta da quattro danzatori e quattro musicisti che formano l’Arcis Saxophon Quartet. “Il titolo è un gioco di parole. K.I, in tedesco sta per intelligenza artificiale, mentre Kind of human in inglese vuol dire tipo di persona” ci ha raccontato Pisu dalla Germania, al suo debutto nell’Isola come coreografa. “Lo spettacolo indaga il rapporto tra l’intelligenza artificiale e l’uomo, e in particolare l’artista. Quando nel 2022 abbiamo iniziato a lavorare su questa idea, in alcuni settori dell’arte iniziava ad emergere un po’ di preoccupazione circa l’impatto dell’IA. Andando avanti, ho capito che niente potrà mai sostituirsi all’artista. Senza le informazioni necessarie, i dati che tu gli dai, una macchina non crea nulla. Contrariamente invece all’essere umano, che attinge dal proprio vissuto, dalle emozioni, dagli stati d’animo e da tutto ciò che vede intorno. La pièce parte dalla nascita dell’umanoide e termina con la morte dell’essere umano, il cui tempo non è predefinito come invece quello di un robot”.
Da dove inizia per creare uno spettacolo?
“Normalmente parto da fotografie. Poi, come in un film, creo delle scene e ogni scena ha una decina di immagini da cui prendere ispirazione. Le fotografie di K.I.nd of Human sono state create con l’intelligenza artificiale e successivamente ho realizzato il materiale coreografico. Anche un dettaglio della fotografia può trasformarsi in danza. Mi piace raccontare storie e immergermi in tematiche sociali”.
Recentemente il filosofo Eric Sadin, esperto del mondo digitale, ha parlato di intelligenza artificiale anche come “macchina implacabile che si prepara a stritolare la cultura”, e di “usurpazione del genio umano nel produrre testi, immagini, suoni”: che ne pensa?
“Penso che l’IA sia uno strumento d’aiuto utilissimo, stimolante, ma rimane uno strumento, di cui la danza non deve aver paura. L’IA ha creato le mie fotografie ma ha avuto bisogno di me, della mia sensibilità per metterle insieme. L’arte è una forma di comunicazione che rappresenta la società, società che solo noi possiamo indagare e descrivere. Poi la macchina può fare tante altre cose, compreso il fatto che ChatGPT può ad esempio rendere un testo in maniera più umano qualora lo si chieda”.
Lei nasce come danzatrice classica.
“Ho iniziato a tre anni con Anna Kukurba, poi a nove Anna mi ha portato a Montecarlo e sono entrata all’Academie de Danse Classique Princesse Grace dove ho iniziato i miei studi professionali. Successivamente mi sono traferita a Roma e ho frequentato l’Accademia Nazionale di Danza laureandomi nel Dipartimento di Danza Contemporanea. Sono andata a Roma a seguito della scomparsa di mia mamma. Una perdita pesante da sopportare soprattutto per una di 17 anni, che mi ha portato ad abbandonare gli studi superiori: frequentavo il Martini, ragioneria, studi che poi ho concluso a Roma. Il mio primo contratto da professionista l’ho avuto però a Cagliari nell’aprile del 2002 con il Teatro Lirico in occasione del Festival di Sant’Efisio, dove ho partecipato all’opera Romeo e Giulietta del villaggio con Gianluca Loddo, talentuoso danzatore scomparso purtroppo prematuramente. In seguito ho collaborato con Adriana Boriello e nel 2008 ho fatto parte del gruppo La Compagnia con la super visione di Pina Bausch, Ismael Ivo, Cristiana Morganti, Margherita Parrilla e Boriello. Dopo sono stata in Canada per due anni e poi il rientro in Europa a Monaco. Ancora oggi non dimentico la mia formazione classica: la prima cosa che faccio quando entro in sala prove sono gli esercizi alla sbarra”.
In passato ha lavorato con Wayne McGregor ed è stata tra gli interpreti della messa in scena di un celebre pezzo di William Forsythe: “One Flat Thing, reproduced“.
“Con McGregor ho preso parte alle coreografie create per l’apertura delle Olimpiadi di nuoto del 2009. Riguardo Forsythe, nel 2013 la compagnia di Monaco dove ero danzatrice solista propose quella bellissima coreografia che tante compagnie hanno inserito nei loro repertori. L’intero cast originale ricreò il pezzo con noi per una serata dedicata al grande coreografo”.