Verde brillante, giallo, marrone, perfino blu; si mimetizzano tra rocce e alberi, i licheni. Organismi spesso trascurati e poco conosciuti, sono fondamentali indicatori dello stato di salute del nostro ambiente; lo sanno bene Paolo Giordani, professore associato di Botanica del Dipartimento di Farmacia dell’Università di Genova, Juri Nascimbene dell’Università di Bologna e Renato Benesperi dell’Università di Firenze che negli ultimi anni hanno portato avanti collaborazioni internazionali e progetti nazionali di ricerca per studiare gli effetti dei cambiamenti climatici sui licheni e sugli ecosistemi che li ospitano, con particolare attenzione agli ambienti più impattati, come le aree alpine e gli habitat mediterranei.
Alla ricerca di specie rare
Il Parco Naturale Regionale di Gutturu Mannu, nel sud Sardegna, con i suoi quasi ventimila ettari, è la foresta di piante sempreverdi più estesa dell’intera area mediterranea; nel maggio 2024, Giordani lo ha esplorato alla ricerca di quattro specie di licheni, scelte per la loro rarità e vulnerabilità, Lobaria pulmonaria, Ricasolia virens, Ricasolia amplissima e Usnea, ne ha scoperto diverse popolazioni, con osservazioni particolarmente numerose nella foresta demaniale di Is Cannoneris e nell’area del Monte Lattias.
Abbiamo raggiunto al telefono lo studioso che ci ha introdotti a un mondo affascinante e ci ha spiegato che imparare a conoscere e proteggere i licheni può offrire chiavi preziose per comprendere e affrontare le sfide ambientali del nostro tempo.
Licheni e cambiamento climatico
I licheni sono organismi simbiotici composti da un fungo e un’alga; questa unione permette loro di colonizzare ambienti diversi, spesso estremi, e di svolgere un ruolo cruciale negli ecosistemi come bioindicatori.
Ma perché i licheni sono così importanti per monitorare il cambiamento climatico? La risposta risiede nella loro estrema sensibilità alle condizioni atmosferiche; questi infatti non hanno strutture interne per regolare la temperatura e l’umidità e sono per questo molto vulnerabili alle variazioni climatiche. Un aumento delle temperature o una diminuzione dell’umidità può ridurre drasticamente la capacità dei licheni di fotosintetizzare e crescere, compromettendo l’equilibrio degli ecosistemi, dove forniscono habitat e cibo per molti organismi.
“I modelli statistici elaborati nei nostri progetti – ci ha spiegato Giordani – evidenziano come nei prossimi decenni sia attesa in Italia una riduzione quasi totale degli habitat favorevoli alle specie licheniche più sensibili. Questi effetti saranno parzialmente mitigati localmente dalla presenza di ‘rifugi microclimatici’ dove si potranno mantenere condizioni più favorevoli. Per contro, l’interazione con altri fattori di disturbo locale, come la ceduazione del bosco, gli incendi o la presenza di specie aliene invasive, potrebbe peggiorare lo scenario previsto”.
Le osservazioni nel Parco di Gutturu Mannu indicano che alcune specie di licheni, come la Ricasolia virens, anche in uno scrigno di biodiversità come questo, sono già molto rare e limitate a piccole aree di rifugio; la loro sopravvivenza, considerata anche la ridotta capacità di dispersione e riproduzione che le caratterizza, è messa a rischio dal riscaldamento globale, che potrebbe alterare in modo irreversibile gli habitat in cui prosperano, compromettendo la tenuta delle nostre foreste.
Proteggere i licheni per salvare l’ambiente
Conservare e proteggere questi licheni non è solo una questione di biodiversità; la loro scomparsa influenzerebbe negativamente la nostra salute e il benessere globale. Monitorare le condizioni di queste sentinelle ecologiche ci può fornire informazioni preziose: “con attività come quella realizzata nel Parco del Gutturu Mannu – ci ha specificato Giordani – stiamo facendo indagini preliminari su progetti futuri per individuare territori in cui si possano mettere in atto azioni pratiche di conservazione delle specie licheniche e adattamento al cambiamento climatico dell’ecosistema nel suo complesso. In queste azioni vorremmo cercare un equilibrio tra un approccio di conservazione della biodiversità e l’utilizzo delle risorse naturali da parte di comunità locali sempre più consapevoli e coinvolte nelle scelte in materia ambientale”.
Il lavoro svolto nel parco sardo rappresenta un importante passo avanti nella comprensione e nella tutela dei licheni epifiti (che vivono su altre piante), ma è solo l’inizio: è fondamentale continuare a monitorare questi organismi e implementare strategie di conservazione mirate; solo così potremo sperare di mitigare gli effetti del cambiamento climatico e preservare la ricchezza naturale del nostro pianeta per le future generazioni.
In copertina S’enna Manna, località nel Parco di Gutturu Mannu. Tutte le foto sono di Paolo Giordani