E’ uscito venerdì, dopo un lungo periodo di rielaborazione durato tre anni, il secondo e atteso disco di Matteo Leone, tabarchino doc di Calasetta, vincitore assoluto del Premio Parodi nel 2021 e protagonista applauditissimo lo scorso anno del 42esimo Festival Internazionale Jazz in Sardegna-European Jazz Expo al Teatro Massimo di Cagliari. ‘Raixe’, questo il titolo del disco prodotto – registrato e mixato da Michele Palmas per S’ardmusic e distribuito da Egea Music – è un lavoro in cui Matteo Leone si allontana dall’inglese del blues, scegliendo la sua lingua natale, il tabarchino, emblema della contaminazione tra popoli e culture.
‘Raixe’ è un meticciato di stili, timbri, esperienze e alchimie ritmiche che creano uno spazio sonoro unico dove il tabarchino, lingua antica e riconosciuta del Mediterraneo, interseca memoria e presente. I temi e le storie sono quelle ricorrenti nella sua poetica: quelle del cammino e del viaggio, che lo hanno condotto in giro per il mondo; quelle del ricordo e della conservazione delle cose che lo circondano; quelle del desiderio di dialogo tra culture diverse e della volontà indomabile di trovare luoghi in cui vivere. “Non c’è brano che non conduca, chi ascolta, lungo rotte di pura emozione” scrive Massimo Carlotto cui è affidata la vibrante presentazione del disco. La mandòla, la chitarra e altri strumenti occidentali si uniscono a strumenti percussivi sahariani e subsahariani, creando una miscellanea di stili e ritmi di grande fascinazione.
“È stato un disco travagliato, sia dal punto di vista della stesura che dal punto di vista della pubblicazione – commenta Matteo Leone sulle note di copertina -. Un disco che ha avuto diversi cambiamenti, anche se mi piace di più la parola evoluzione. Un progetto che vede le sue prime origini embrionali nel 2018, al ritorno dagli States dove andai a suonare. Avendo realizzato un mio grande sogno, mi sono trovato totalmente privo di interesse creativo: la classica crisi dei 30 anni”.
Una crisi che è però servita a trovare il tempo giusto, le radici musicali giuste. Radici solcate dalle note ruvide della sua chitarra, e accompagnate nel disco dall’eclettismo di artisti come il compositore e performer Arrogalla (Raixe); di Forelock, al secolo Alfredo Puglia, una tra le voci più promettenti della comunità reggae nazionale ed europea (A Zabètta) o di Pierpaolo Vacca, potente specialista dell’organetto (Tra Tera e mò). Dodici tracce che disegnano quindi un ponte ideale tra l’Africa, la Sardegna e il blues e una band consolidata nel tempo con Matteo Dessì alle chitarre elettriche, Stefano Vacca alla batteria, Fabrizio Lai al bouzouki e alle percussioni e Matteo Muntoni al basso e al contrabbasso. Rotte musicali certo, ma soprattutto rotte del cuore, solcate da storie di viaggi e di mari, di donne e di uomini che da sempre cercano un luogo chiamato Casa.
Tra gli ospiti che completano e impreziosiscono il disco: Anna Cardia alla voce; Francesco Bachis, Marco Argiolas, Matteo Floris ai fiati; Vincenzo Mazza alle percussioni; Claudio Corona all’organo Hammond; Davide Campisi e Mimì Sterrantino alle voci e percussioni; Brahim Kahmlichi alla voce; Ivana Busu alla fisarmonica; la banda musicale di Calasetta e il Coro Serenate Calasettane.