Lo stile dark (gothic se si vuole essere precisi) è tra i più longevi nel panorama dell’underground mondiale contemporaneo. Nati dalla frangia più cupa del movimento punk di fine anni ’70 i Goth si differenziano immediatamente dalle altre controculture ponendo le loro fondamenta nel mondo dell’arte, dell’architettura, del cinema colti nelle loro tonalità più oscure.
Il look estremo adottato si caratterizza per la scelta del nero assoluto, con pochi azzardi di colore limitati a dettagli o al make up. Un look che si nutre dei simboli della decadenza: croci, teschi, bare, ossa e qualsiasi elemento ricordi la morte. Pose teatrali accentuate da un uso massiccio del trucco: pallore disumano, sopracciglia disegnate, labbra rigorosamente nere. Scarpe a punta o pesanti anfibi, abiti lacerati come usciti da una tomba e capelli cotonati a sfidare il cielo, rasati ai lati e verticalizzati. Dal punk viene ereditato il gusto per la provocazione ma una provocazione silenziosa che si esprime con il look e che trasmette valori di rifiuto delle gerarchie sociali, del fascismo e del machismo. Dal punk viene ereditato anche lo spirito del do it yourself per cui vestiti e accessori vengono elaborati a mano, ognuno li personalizza aggiungendo decori e operando tagli e modifiche in cerca di originalità.
Perché una scelta così estrema? Era semplicemente la risposta non violenta ed evidentissima allo yuppismo imperante degli anni ’80, quell’energia tutta mirata verso il consumismo, ipocritamente ottimista e colorata all’eccesso. Con questa immagine così forte il gothic è arrivato fino a metà degli anni ’90 quando la scena originaria ha iniziato ad ibridarsi con altre realtà e distinguersi in sottogeneri che esigevano nuovi simboli e nuovi limiti da superare. Dalla fine degli anni ’90 viene piano piano avvicinato dal mainstream, se così si può dire, e inizia il suo percorso verso un destino da maschera ad uso e consumo della mtv generation.
Senza scadere in facili generalizzazioni questo movimento viene progressivamente svuotato di quelli che erano i suoi valori iniziali e i riferimenti culturali che lo hanno corroborato per slegarsi da questi stilemi e addirittura giungere ad una dicotomia totale tra look e genere musicale. L’amore maniacale per la musica era invece un tratto distintivo della prima onda che prestava grande attenzione anche ai testi delle canzoni. Era un tratto peculiare che si abbinava perfettamente all’outfit, che permetteva di riconoscersi per strada tramite segnali estetici e la musica era un grande trait d’union tra le persone a differenza di oggi. Gli stessi emblemi di cui si fregiava agli albori vengono pian piano riveduti e corretti, ripuliti dall’aspetto sepolcrale e macabro per cui erano stati scelti e indossati con orgoglio. Basti pensare al teschio ricoperto di diamanti realizzato dal celebre artista Damien Hirst che ha fugato l’ombra della morte e ha aperto la porta al glamour contribuendo a sdoganare i teschi, oggi acquistabili in forma di ciondoli, orecchini e anelli praticamente dappertutto, boutique bon ton e centri commerciali per famiglie inclusi.
L’aspetto principale e più evidente di questo cambiamento è che anche i veri cultori del genere hanno subito modifiche sostanziali orientando il look verso aspetti decisamente piu sexy, permeati di erotismo vampirico, fetish o comunque generalmente più fashion. La differenza è che prima non si voleva piacere, anzi, si cercava l’effetto shock nello spettatore, si manifestava un rifiuto e lo si faceva in modo plateale senza cedere a compromessi. Gli abiti neri erano un’armatura che spaventava l’osservatore esprimendo un mondo interiore romantico che incuteva timore ed evocava temi sinistri mentre ai nostri giorni è solo uno dei tanti look che si possono mettere insieme in qualsiasi negozio.
Oggi si vuole piacere perché la società lo esige in modo ancora più fermo, perché viviamo tempi in cui l’immagine è tutto, in cui i valori dell’estetica hanno di gran lunga superato quelli dell’etica sia in ambito privato che professionale, un’epoca in cui la gogna pubblica è sempre pronta ad attivarsi coram populi grazie ai social media.
Cosa rimane dunque di questo movimento culturale così particolare e longevo? Rimane l’amore autentico di pochi individui, l’impegno a mantenere vivo un certo spirito di ribellione e rivendicazione del proprio diritto “a inquietare” il prossimo, ad essere diversi. Rimangono l’amore per la cultura, gli animali, l’arte che hanno dato linfa agli albori e ancora continuano a contribuire alla formazione emotiva di chi nonostante tutto rimane fedele ad un ideale che trova nell’oscurità equilibrio, bellezza ed eleganza. E oggi come allora c’è bisogno di queste voci di dissenso che ricordino che esistono valori altri.