Se guardiamo alla moda semplicemente come un’industria di prodotti da indossare perdiamo di vista la componente più bella, quella artistica, che guida il designer alla realizzazione di un abito e quel fitto intreccio di culture e melting pot che sono poi in grado di definire e dare un’identità a un brand. Thierry Mugler, scomparso lo scorso 23 gennaio a 73 anni, è senza dubbio un fulgido esempio dell’indissolubile connubio tra arte e moda.
Tra i nomi altissimi dell’haut couture Thierry Mugler è tra quelli che si sono distinti per aver lasciato una traccia indelebile, portando avanti una visione del fashion, e soprattutto della donna, che lo hanno reso unico. Quando dalla sua città natale, Strasburgo, approdò negli anni ’70 a Parigi, dopo una formazione stilistica avvenuta a Londra, la sua idea di moda prese subito forma e dopo soli cinque anni creò il proprio marchio, che apparve subito fresco e inedito.
Gli ingredienti sono tanti e ben mescolati tra loro, come in un cocktail ben riuscito stanno in perfetto equilibrio: le ombre del cinema noir, il mondo bdsm, gli insetti, lo spazio e i robot. Come poter conciliare elementi così diversi tra loro è il talento di Mugler a raccontarlo, attraverso creazioni sorprendenti, provocatorie e ironiche, alla perenne ricerca di un’eleganza anticonvenzionale in grado di celebrare la donna nella sua natura più ricca e multiforme.
Guerriere urbane, amazzoni, astronaute, cyborg, dominatrici sadomaso, divinità senza tempo, dive inarrivabili, insetti meccanici: queste le donne che Mugler, con una straordinaria fantasia evocativa, ha saputo mostrare con fierezza e raffinatezza, senza mai scadere in cliché e volgarità.
L’amore per la commistione e la ricerca lo portano a lavorare con il teatro. Nel 1985 aveva infatti realizzato gli abiti per il Macbeth su incarico della Comédie-Française. Strinse collaborazioni anche con musicisti e performer: fu il primo stilista a far sfilare una cantante. Nel 1991 calcava la passerella Diana Ross, un’icona del mondo dello spettacolo intergenerazionale. Lavorò al video di George Michael “Too Funky” e cominciò anche collaborare con Clarins per creare con loro cosmetici e profumi, suo è “Angel”, uno dei più venduti al mondo. Tante star del fashion system e del cinema iniziarono a riconoscere nei suoi abiti un messaggio energico e quella visione sofisticata di eleganza che era da sempre stato l’obbiettivo di Mugler: Tyra banks, Rossy de Palma, Sharon Stone, Kim Kardashan. Senza trascurare le supermodelle che negli anni ’90 dominavano le passerelle di tutto il mondo: Naomi Campbell, Cindy Crawford, Linda Evangelista, Claudia Schiffer.
Tra i suoi talenti anche la fotografia, che ammiriamo nei suoi due libri “Thierry Mugler” del 1988 e “Fashion Fetish Fantasy” di dieci anni successivo. Alcune di queste immagini sono considerate capolavori iconici della moda. Nonostante il ritiro ufficiale dalle scene nel 2002, Mugler aveva continuato a disegnare e a vestire le celebrità senza essere mai dimenticato, tanto che il Musée des Arts Décoratifs di Parigi gli ha dedicato una grande retrospettiva nell’ottobre scorso. Conduceva una vita ritirata e si dice che faticosamente sia stato convinto ad approvare questa mostra a lui dedicata.
A parlare per lui la sua eredità, quella più preziosa: le suggestioni immortali di una visione straordinaria della bellezza.