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“La piccola lanterna” di Ghassan Kanafani, un messaggio di speranza per un futuro di pace e dialogo

Di Mattia Lasio
31/05/2025
in Cultura, Libri
Tempo di lettura: 4 minuti
“La piccola lanterna” di Ghassan Kanafani, un messaggio di speranza per un futuro di pace e dialogo

Dare speranza, infondere fiducia, ricordare che le tenebre – persino quelle più fitte – possono essere rischiarate dalla luce. La letteratura si fa portavoce, da sempre di questo messaggio, diventando un atto di resistenza scandito da parole preziose di cui fare tesoro. Un atto di resistenza come la scrittura di Ghassan Kanafani, classe 1936, ucciso da un attentato israeliano a Beirut nel 1972, tra le voci più significative della letteratura palestinese, autore di una breve ma intensa opera per bambini dal titolo ‘’La piccola lanterna’’ – che oltre ad aver scritto ha anche illustrato nel 1963 – pubblicata per la prima volta in Italia nel 2005 grazie all’associazione culturale Amicizia Sardegna Palestina, con la prefazione della moglie di Kanafani Anni  Hoover e un intervento di Giuseppe Pusceddu intitolato ‘’Ghassan Kanafani e le curiosità dei bambini’’.

Un’opera che Kanafani ha dedicato alla sua prima nipote Lamis, uccisa ad appena sedici anni anche lei nell’attentato dell’8 luglio in cui lo zio Ghassan perse la vita, realizzata nel gennaio del 1963 per celebrare l’ottavo compleanno di Lamis. Sono poco più di cinquanta le pagine che costituiscono questo racconto ma l’intensità e la delicatezza nel parlare in maniera immediata e al contempo profonda di argomenti delicati come il potere, la sua gestione e il rapporto tra chi sta ai piani alti e la popolazione lasciano il segno in maniera rilevante.

Nella breve introduzione all’opera, l’autore rivolge una dedica alla nipote Lamis facendo presente che la piccola lanterna di cui parlerà nel tempo crescerà con lei.  A quel punto comincia la narrazione, con la notizia della morte del vecchio re. Un re dal cuore nobile e buono, con una sola figlia come erede al trono non ancora in grado di regnare. All’inizio del racconto viene messo in risalto uno dei messaggi centrali della favola di Kanafani: il vecchio re, prima di morire, lascia un esiguo testamento alla figlia in cui le dice che per diventare regina dovrà prima portare il sole all’interno del palazzo reale, altrimenti finirà in punizione in una cassa di legno qualora non riuscisse in questo difficile intento. A quel punto, allora, comincia il cammino della giovane figlia che, nonostante i timori e la tristezza per la situazione da affrontare, si rimbocca le maniche e cerca di adempiere al proprio compito.

Il cammino della principessa non è certo semplice, il sole tanto desiderato sembra un’utopia e riuscire a farlo proprio sembra davvero un’impresa impossibile e irrealizzabile. Si trova costretta a fare i conti con il timore di fallire e con la consapevolezza che per ottenere qualcosa, spesso, bisogna soffrire più di quanto si possa immaginare. Ma se è vero che nulla accade per caso e che, spesso, le difficoltà che si presentano nel tragitto servono per affinare l’ingegno e cogliere segnali salvifici allora la storia della principessa ne è un’autentica dimostrazione: infatti, a bussare alle porte del palazzo reale sarà un anziano signore etichettato come un folle che le guardie non vogliono fare mai entrare. Un uomo definito come povero e vecchio ma dotato di una piccola lanterna. Una piccola lanterna in grado di fare la differenza così come la presa di coscienza che lacrime e tristezza non risolvono i problemi, come recita un biglietto lasciato sotto la porta della stanza della principessa. Un biglietto che rimarca la necessità di non perdersi d’animo anche quando sembra che non ci sia via d’uscita.

La principessa, dopo essere venuta a conoscenza di questo uomo misterioso, ordinerà al capo delle guardie reali di convocare al palazzo tutti coloro dotati a loro volta di una lanterna. Sarà questo il momento della svolta, perché alla richiesta della principessa rispondono in tantissimi capaci, inconsapevolmente, di dare vita a uno spettacolo unico, fatto da migliaia di uomini che avanzano verso il palazzo con in mano le proprie lanterne. Uomini, a migliaia per l’appunto, che aumentano sempre di più e che la principessa decide di fare entrare nel cortile del palazzo, facendo abbattere le alte mura che impedivano loro sino a quel momento di varcare l’ingresso. Sarà questo il momento in cui la figlia del defunto sovrano diventerà a sua volta regina ma, soprattutto, sarà questo il momento in cui si accorgerà che quando si ricopre un ruolo autorevole e di prestigio è fondamentale non dimenticarsi delle persone che si hanno accanto e delle istanze dei più deboli.

Proprio questo messaggio voleva trasmettere con la sua opera  Kanafani, che all’epoca  della sua morte era portavoce del Fronte Popolare di Liberazione della Palestina, di cui nel 2026 ricorreranno i novant’anni dalla nascita. Uno scrittore coraggioso e di caratura, autore di un’opera simbolo come ‘’Uomini sotto il sole’’, testimone con la sua narrativa di quel sentimento di dolore profondo e di sradicamento causato dalla nakba, ovvero l’esodo forzato di 700000 arabi palestinesi dai territori occupati da Israele nel corso della prima guerra arabo-israeliana del 1948. Un sentimento che avvertiva in maniera viscerale essendo stato profugo dall’età di 12 anni, momento in cui fuggì da Acri alla volta del Libano per poi fermarsi a Damasco e successivamente nel Kuwait e a Beirut, così come avvertiva in maniera profonda la sofferenza di chi come lui viveva una situazione analoga: importante, a riguardo, fu durante i suoi esordi l’esperienza come insegnante nelle scuole dell’Unrwa, l’organo dell’Onu per l’assistenza dei profughi, in cui ebbe l’opportunità di toccare con mano la sofferenza dei suoi alunni, bambini che per sostenere le proprie famiglie erano costretti a lavorare tutta la notte senza riposarsi un attimo. Ricordi indelebili da cui trasse il suo racconto del 1959 ‘’Ciambelle sul marciapiede’’, uno dei primi legati alla questione palestinese. Una questione, quella palestinese, quanto mai attuale per cui Kanafani si è impegnato con massima abnegazione senza mai demordere. Un impegno prezioso che ricorda quanto anche una piccola lanterna, se tenuta in mano con determinazione e risolutezza, possa fare luce in un mondo di soprusi e violenze che, troppo spesso, sembra essersi dimenticato dell’importanza del dialogo.

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