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Biennale Teatro a Venezia, in “Call me Paris” Yana Eva Thönnes mette in scena l’innocenza perduta tra solitudine e inganni

Di Anna Brotzu
05/06/2025
in Musica e spettacolo
Tempo di lettura: 3 minuti
Biennale Teatro a Venezia, in “Call me Paris” Yana Eva Thönnes mette in scena l’innocenza perduta tra solitudine e inganni

Viaggio nell’intimità femminile nel conturbante “Call Me Paris” di Yana Eva Thönnes, in prima assoluta domenica 1 giugno alle 18 e lunedì 2 giugno alle 20 al Teatro Piccolo Arsenale di Venezia in occasione della Biennale Teatro 2025.

Una pièce originale in cui l’autrice e regista tedesca, insieme al dramaturg Nils Haarmann, intreccia le storie di due giovani donne, l’ereditiera Paris Hilton e Julia , un’adolescente di Bergisch Gladbach, per raccontare il dilemma tra l’essere e l’apparire e la fine l’innocenza.

Una stanza muliebre, in cui domina il colore rosa, con al centro un talamo su cui siedono una di spalle all’altra due figure, una delle quali regge una testa (come) di bambola che riproduce il suo volto (come una santa decollata), e in secondo piano una donna in abito da sera e un’incarnazione della Barbie, mentre dal letto spuntano due piedi presumibilmente maschili. Il primo quadro racchiude simbolicamente l’idea dell’infanzia violata e della seduzione, con un vago presagio di morte reale o metaforica e tutto il fascino ambiguo e pericoloso della bellezza.
“Call Me Paris” inizia con il duplice (auto)ritratto delle due protagoniste, in forma di diario e prosegue in una sorta di montaggio alternato tra i ricordi dell’adolescente Julia, proveniente dalla città e approdata in una zona rurale, dove scopre che la sua somiglianza con Paris Hilton, famosa it-girl, ricchissima e ribelle, rappresenta una carta vincente per entrare nell’élite delle Barbies, le Pink Ladies locali e il memoir della spregiudicata newyorkese, icona di lusso e trasgressione. Yana Eva Thönnes mette l’accento sulle analogie tra due destini apparentemente diversissimi, in cui abusi e violenze, inganni e tradimenti segnano irrimediabilmente, come moderni “riti d’iniziazione”, il passaggio all’età adulta.

La reginetta del jet set, ammirata e invidiata, erede di un favoloso patrimonio, modella e indossatrice, attrice, cantante e conduttrice, inventrice (a suo dire) del selfie, diventa vittima di un caso di “revenge porn” ante litteram quando l’ex fidanzato Rick Salomon, nel 2004, pubblica su internet “1 Night in Paris” , un film erotico girato durante un loro incontro (poi distribuito anche in DVD) suscitando un vero e proprio scandalo sui mass media. Nello stesso periodo, per un’infelice coincidenza, la quindicenne Julia subisce uno stupro che viene ripreso dalle telecamere, diventando suo malgrado eroina e vittima di una pellicola pornografica: un doppio trauma per cui la regista inventa un’ipotetica catarsi, con un inquietante finale pensato e registrato come un radiodramma.
Nella sua solitudine, Julia, novella Paris, sradicata e proiettata in un paesino, ignorata dalla madre e resa consapevole della propria acerba sensualità dagli sguardi di un padre etilista e dalle reazioni dei coetanei, ancora alla ricerca della propria identità tra fame d’amore e desiderio di attenzione, si scopre custode di un segreto: la relazione proibita con un adulto.

E nella vita movimentata della vera Paris non mancano episodi sgradevoli e traumatici, in particolare durante gli anni trascorsi in un collegio per ragazzi “difficili”, ma anche per l’invadenza della stampa e dei “paparazzi”, da cui si difende ribaltando la prospettiva e scattandosi lei stessa le foto (tra cui quella con Britney Spears), fino a dichiarare che gli altri possono divertirsi con la sua storia dato che è lei la prima a farlo.
“Call Me Paris” è il mio teatro anatomico’ – afferma Yana Eva Thönnes –. È il tentativo di farsi un selfie quando c’è stato un furto d’immagine, è l’analisi di una proiezione violenta. È il body horror che incontra il risveglio dell’empowerment sessuale’. Sotto i riflettori Ruth Rosenfeld (Paris Hilton) e Alina Stiegler (Julia), accanto a Jule Böwe (la madre) e Holger Bülow (il “seduttore”), scenografia di Katharina Pia Schütz e costumi di Elke von Sivers , sound design di Ville Haimala e disegno luci di Marcel Kirsten (coproduzione de La Biennale di Venezia, Schaubühne Berlin, Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale, con il supporto di Heinz und Heide Dürr Stiftung).
“Call Me Paris” affronta attraverso due vicende emblematiche temi scottanti e attuali nell’era dei social media, come l’esigenza di mostrarsi e costruire la propria immagine e la tutela della privacy e, a fronte di una mercificazione del corpo, una maggiore coscienza di sé, dei propri diritti e desideri da parte delle donne.

(la foto di scena è di Philip Frowein)

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