Il passato non si cancella mai. Ci sono attimi in cui sembra sparire, in cui appare come un lontano ricordo ma così, alla fine , non è. Il passato ha un peso, così come la notte ha un fascino che la rende magica e al contempo inquietante. E proprio attorno a questi due aspetti, il passato e la notte, ruota il cortometraggio in lingua sarda di Roberto Pili ‘’Goppà’’, regista cagliaritano quarantatreenne capace di coniugare alla perfezione la sua esperienza di fotoreporter con il piglio di chi sa cogliere dai contesti urbani più nascosti una poetica struggente e intensa. Poco meno di dieci minuti di durata per un lavoro, uscito il 13 gennaio e prodotto da Francesco Pili, dove spicca la sceneggiatura scritta da Giuseppe Ungari, fotografo de L’Unione Sarda, che oltre a essere sceneggiatore interpreta anche il personaggio di Giuse, affiancato da un ottimo Pierpaolo Massa nel ruolo di Paolo e da Valter Coculo nel ruolo di Valter. Il tutto impreziosito dalle musiche eleganti e ipnotiche di un nome tutelare dell’Hip Hop italiano ovvero Ice One. Un lavoro maturo, dinamico, che miscela sapientemente ironia disincantata a una profonda malinconia, capace di riscuotere consensi e attestati di stima notevoli tanto da essere selezionato per il Babel Festival, per il Samhain Baucogna International Film Festival, per la quarta edizione di Appuntamento in nero e per la quindicesima edizione del Mediterraneo Festival Corto.
La scelta della formula del cortometraggio dà un’intensità narrativa alla pellicola notevole. “Ho deciso di optare per la scelta del cortometraggio – spiega il regista – perché volevo trasmettere in poco tempo emozioni forti. Questo è un progetto genuino che nasce da un forte rapporto di amicizia tra me e Giuseppe Ungari che conobbi verso il 2008 tramite il fotografo de La Nuova Sardegna Mario Rosas. Abbiamo girato tutto in una sera, esattamente il 23 novembre del 2024, tra le vie di Cagliari, l’aeroporto di Elmas, Marina Piccola e il Villaggio Pescatori. Abbiamo voluto fortemente girare tutto in circa ventiquattr’ore perché eravamo alla ricerca di una intensità particolare che emergesse pienamente”.
La narrazione ruota attorno al rapporto tra Giuse e Paolo, amici fraterni con trascorsi da criminali di alto rango. Un passato il loro che, in realtà, così lontano non è ma anzi. La prima scena vede il personaggio di Giuse che, seduto in macchina in una strada di campagna, fuma al tramonto una sigaretta e nel mentre riflette sull’uscita dalla galera dopo vent’anni di Paolo, aspetto questo che lo preoccupa parecchio. Il tutto accompagnato dalla musica onirica di Ice One che fa da contraltare ai sentimenti di rabbia e dolore provati dai due protagonisti, legati da un rapporto fraterno, a tratti viscerale che li unisce nonostante le distanze. Un rapporto, in parte, difficile da comprendere appieno a una prima lettura ma che sa offrire ben più di uno spunto di riflessione analizzato con maggiore attenzione. “Giuse e Paolo – aggiunge Roberto – sono legati da un rapporto che va oltre tutto. Il cortometraggio è anche una riflessione sull’amicizia e, nello specifico, sull’importanza dell’empatia, elemento che nei miei lavori non manca mai. A volta basta anche un semplice ‘’come stai?’’ per fare sentire meno sole le persone”.
Tanti gli elementi di rilievo del nuovo lavoro di Roberto Pili, regista anche del docufilm ‘’Profondo Nero’’, tra cui risalta proprio la scelta di affidarsi nuovamente ad Ice One per ciò che concerne l’accompagnamento musicale della pellicola. “Ho chiesto ad Ice One di partecipare a questo lavoro proprio subito dopo ‘’Profondo Nero’’. La musica rende tutto più dinamico, la sua in particolare consente questo, e permette di non avere tempi morti. Ci siamo conosciuti nel 2021 quando ho proiettato a Roma il documentario ‘’B-boy fiero’’, collaborare è un piacere essendo amici e uniti da una profonda stima reciproca”. Se è vero che ‘’Goppà’’ può essere catalogato come ‘’noir’’ è anche doveroso fare presente che si tratta di un progetto capace di andare al di là di questa etichetta, trattando argomenti come l’amicizia, il senso di lealtà, il modo di vivere la sofferenza e le conseguenze del rancore in maniera così efficace e dettagliata da sconfinare in una sorta di stream of consciousness joyciano in ottica cinematografica dall’andamento sincopato e incalzante, dove la decisione di non inquadrare mai i volti dei personaggi si rivela arma vincente che valorizza componenti come la gestualità degli attori, i loro timbri vocali, l’aspetto musicale e persino quei silenzi, troppo spesso nella quotidianità non considerati a dovere, che solo la notte è in grado di valorizzare pienamente.
“La notte – conclude – ha un ruolo fondamentale in questo lavoro proprio perché di notte può succedere di tutto, anche ciò che nessuno mai si aspetterebbe. Di notte vengono fuori i demoni e le paure più profonde delle persone. La notte è una dimensione parallela, differente da tutto: proprio per questo è così speciale e unica”.