La casa editrice Sellerio rende omaggio al geniale scrittore sardo Sergio Atzeni, scomparso il 6 settembre 1995 a 43 anni, con una nuova pubblicazione di ‘Passavamo sulla terra leggeri‘ (2023, 270 pagg.) introdotta da Marcello Fois.
Il capolavoro di Atzeni è “un’invenzione in chiave mitica – sottolinea Fois – un cimento letterario che ha l’aspetto del vero e che può esistere solo in virtù della sua straordinaria forza mimetica”. Mito e mimesi sono, perciò, per Fois le “coordinate” attraverso cui l’autore naviga alla scoperta delle origini di un popolo che vuole dare senso alla propria storia per trovare quell’identità che oggi sembra svanita o nel migliore dei casi fraintesa e circoscritta ad un folklore forzato.
Quella storia viene narrata oralmente dal “custode del tempo”, Antonio Setzu, che vuole trasmetterla al giovane successore per conservarla e tramandarla ancora quando sarà tempo. Ma come tutti i racconti orali le vicende storiche si confondono con i miti, appunto, e con le leggende per “ottenere quella mitopoiesi tanto sbandierata, ma che, in effetti, manca”, come si legge nell’introduzione. Una storia inventata, dunque, ma che affonda le radici nella Storia dell’isola, dalle origini in cui governavano “i sacerdoti danzatori lettori del cielo” fino alla conquista aragonese e alla morte di Eleonora.
L’aedo, il cantastorie Atzeni attribuisce ai fatti reali il valore fantastico che diventerà riferimento culturale e sociale (e quindi identitario) di un popolo che ha sempre percepito l’oppressione dei “continentali” vari, ribellandosi ripetutamente ma mai affrancandosi realmente e definitivamente.
Solo origini grandiose di quel popolo potevano compensare questo sentimento di inferiorità e Atzeni riesce meravigliosamente nell’impresa anche attraverso l’invenzione di una “lingua degli antichi” (riportata alla fine del testo) che contribuisce a fare di questo romanzo, uscito postumo, l’eredità dell’autore e che non sarebbe troppo fantasioso considerare il testo sacro della sardità.
Sardità non rivolta ad una rivincita indipendentista (con tutto ciò che possa voler intendere tale espressione) ma per dare quel senso alla nostra Storia che sostituisca la folklorica affermazione di “veri sardi” diversi dal resto del mondo con la felicità data dalla consapevolezza di una coscienza identitaria propria ma facente parte dell’umanità.
Le storie e la Storia dell’isola narrate da Sergio Atzeni siano di ispirazione per ritrovare la felicità perduta: “A parte la follia di ucciderci l’un l’altro per motivi irrilevanti – dice Antonio Setzu al nuovo custode del tempo – eravamo felici”.
Tornano in mente, quasi come un richiamo naturale di suggestioni comuni, le parole dedicate all’isola e scritte ormai vent’anni fa per il Festival Tuttestorie di Cagliari da un altro cantore sardo, Bruno Tognolini:
L’ISOLA DELLE STORIE
C’è un’isola che dorme
Sandalo in mezzo al mare
Che confonde le forme
Contro genti corsare
C’è un’isola che sogna
Cantata dalle onde
Puoi chiamarla Sardegna
Ma quasi mai risponde
Stontonata dai venti
Intronata d’azzurro
Se stai zitto lo senti
Che respira un sussurro
Come un fruscìo di canti
Di storie senza fine
Di rime e di racconti
Senza muri a confine
Come un coro profondo
Che tesse le memorie
Le storie son del mondo
L’Isola è delle storie
Passavamo sulla terra leggeri e leggeri potremo narrare nuovamente la nostra Storia tessendo le memorie dell’Isola.