Mercoledì 5 giugno, al cinema Odissea di Cagliari, alla presenza del regista e di parte del cast, è stato presentato ‘Anna’, il nuovo film di Marco Amenta. Prodotto da Eurofilm, coprodotto da Rai Cinema, Videa Next Station, Inthelfilm, Mact Production e sostenuto da Eurimages; realizzato con il supporto di Regione Autonoma della Sardegna, Fondazione Sardegna Film Commission, Eurimages, MIC Direzione Generale Cinema e Audiovisivo, Regione Ile de France Cofinanziato dal Programma Europa Creativa dell’Unione Europea Sviluppato con This is it (Trieste Film Festival), Cinemed (Festival del Cinema di Montpellier), Crossroads Co-production Forum (Thessaloniki Film Festival), De Rome a Paris (Anica, MIC, CNC); patrocinato dalla fondazione Una Nessuna Centomila e distribuito da Fandango, il lungometraggio è disponibile nelle sale dei cinema sardi dal 6 giugno e dal 13 si potrà vedere anche in quelle della penisola. Il film, ispirato a una storia vera accaduta in Sardegna alcuni anni fa, racconta la vicenda di Anna, una giovane allevatrice interpretata, al suo esordio come attrice protagonista, da Rose Aste, che non vuole arrendersi alle imposizioni sociali e alla violenza del mondo che la circonda.
Alla fine della proiezione non sorprende che questo film abbia già raccolto diversi premi, fra i quali spiccano quelli alla Mostra del Cinema di Venezia 2023 – Giornate degli Autori – Premio FEDIC e al Festival del Cinema Mediterraneo di Montpellier – Premio del Pubblico, e sia in concorso in altri festival cinematografici. Una storia potente, quella raccontata dal regista siciliano Marco Amenta – autore del soggetto e della sceneggiatura assieme a Nicolo Stazza, alla quale ha partecipato anche Anna Mittone e ha collaborato Tania Pedroni – una storia di resistenza e ribellione al femminile che ruota attorno alla vicenda di Anna, un’allevatrice anomala per indole e carattere, che sembra uscita dal docufilm ‘In Questo Mondo‘ di Anna Kauber, nei panni della quale si è calata totalmente Rose Aste.

Il personaggio prende forza proprio dalla convincente interpretazione della giovane attrice sarda che prima ha dovuto imparare il mestiere dell’allevatrice, prendendo confidenza con l’ambiente e gli animali dell’azienda della famiglia Cannas dove è stato girato il film per poi immedesimarsi appieno nel ruolo di questa donna avvelenata dalla vita, sessualmente libera, ribelle alle convenzioni sociali di una piccola comunità ma anche ai soprusi del potere e del machismo. “Ho dovuto indagare il personaggio – racconta Rose Aste – per cercare di capire chi era questa donna, quale era il suo background, quale era la sua storia, per cercare poi quanto del quadro che mi ero fatta di questa ragazza potevo ritrovare in me”.
Eccola allora Anna, con tutta la sua carica erotica e la garra che emerge da uno spirito combattivo alternato alle fragilità di una donna disillusa, che porta nel corpo e nell’anima le cicatrici di un sogno spezzato e di una vita non proprio serena. Ma forse è proprio in questo burrascoso passato che trova la forza di andare contro una multinazionale del cemento che, con le buone o con le cattive, vuole mandarla via dalla proprietà che era stata di suo padre e contro la sua stessa comunità che già giudica il suo stile di vita e, illusa dall’eco di sirene dei costruttori rappresentati in loco dall’avvocato Rossini (Daniele Monachella) è convinta di trarre beneficio dall’edificazione di un nuovo villaggio turistico. Dalla sua parte ha solo Ruggero, un avvocato un poco impacciato ma combattivo del quale tuttavia non riesce a fidarsi completamente. In preda allo sconforto, quasi portata alla resa dal susseguirsi degli eventi, alla fine troverà un inaspettato aiuto dalla persona per la quale era meno lecito aspettarselo.
Anna non è un’eroina, una Chico Mendes o una Rigoberta Menchú in salsa sarda, è piuttosto un’indomita antieroina che attraverso la sua personale lotta vorrebbe far capire a chi abita la sua zona, quanto sia sbagliato vendere la propria terra per il classico piatto di lenticchie, all’ennesimo ciarlatano venuto dall’oltremare. Il messaggio che Marco Amenta lancia allo spettatore è molto simile ai versi di Pratobello, canzone simbolo della lotta della popolazione orgolese nel giugno del 1969:”povèrinu e miseru s’anzone ch’iseta late da-e su mariane” – povero e misero l’agnello che aspetta il latte dalla volpe. Un tema di scottante attualità, in una terra saccheggiata da secoli nelle sue risorse, devastata dallo sfruttamento e oggi sotto attacco da parte dei signori del fotovoltaico e dell’eolico. Una storia che ricorda molto da vicino quella di Ovidio Marras, il pastore che si era ribellato a quelli del mattone, alla quale questo bel film si è ispirato rendendone perfettamente lo spirito e che dovrebbe far riflettere coloro che in queste operazioni vedono valide occasioni di sviluppo e quanti nella classe dirigente ancora aprono le porte, per dirla con Peppino Mereu, a ‘sa manu infame ‘e sa rapina’.