Ah che bello mantenere i fil rouge, iniziare con un singolo, poi arrivare con l’album, tenere intatta quella linea temporale di coerenza invece di gettare in aria nomi senza alcuni fili logici. Quindi, dopo avere scritto – qui – del nuovo singolo dei Justice, ormai qualche settimana fa, eccoci ora a spezzettare in tanti piccoli elementi il nuovo album e discuterne qua su queste pagine web.
Sono passati addirittura otto anni dalla loro ultima pubblicazione ‘Woman’, non una delle loro migliori performance, ed ora, alla lunga distanza, arriva questa nuova croce che, diciamolo subito, non brilla per rivoluzione intorno all’asse sonoro, insomma non esalta, ma nemmeno delude, anzi, stupisce.
Le danze si aprono positivamente con ‘Neverender’ che forse, nomen omen, ci ricorda l’immortalità di questa sincope “made in Justice since 2006”, questa volta feat. Tame Impala che arreda ma non esalta.
‘Generator’ ci riporta parte di quei suoni grassi e roboanti a là ‘Stress’ ma anche qua, senza esplodere come nella meravigliosa hit pre 2010 e, allora, qualche dubbio inizia a sorgere. L’epifania arriva già con ‘Afterimage’ dove mi sembra di aver sbagliato a cliccare e ricontrollo che non sia il nuovo album di ‘Digitalism’, controllo e rimango con questa sensazione che non va né su né giù.
L’album prosegue e – se comunque di spessore – non riesce ad esaltare, a darmi quella scossa da headbanging che solo loro, non solo della scuderia Ed Banger ma di tutta la scena, riuscivano ad imprimermi dentro, fino ad un certo ed incredibile “ma”, dove arriva la svolta totalmente insapettata: da metà album le cose inziano a cambiare, quella voglia di ripetersi si trasforma fino ad arrivare a pensare di aver cliccato da qualche parte per errore sui nostri ipersensibili schermi molto probabilmente a 120Hz perché da ‘Moonlight Rendez-vous’ in poi tutto cambia passando per composizioni quasi da camera, sperimentazioni, progressioni – ‘Harpy Dream’ – fino ad arrivare al culmine finale della stupenda ‘The End’ che, complice “Thundercat” e complice un leggero déjà vu di ‘Alpha Beta Gaga’ chiude epicamente quest’album.
Cosa ascoltare: la prima parte solo come riscaldamento senza prestare molta attenzione per poi alzare il focus da ‘Moonlight Rendez-vous’ in poi
Cosa ascoltare a rotazione: ‘The End’
Cosa non ascoltare: paradossalmente ‘One Night / All Night’ – sorry not so sorry dear Tame Impala
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