Dopo il pubblico di Alghero, l’ex front-man degli Spandau Ballet Tony Hadley il 5 agosto ha riportato anche la platea della Fiera di Cagliari ai lontani, ma perennemente vicini, anni Ottanta, quando la band di Islington contendeva ai Duran Duran le posizioni in classifica e lo scettro di regina del movimento New Romantic. Un concerto dal sapore nostalgico, impostato sulla retromania tanto cara a Simon Reynolds, senza ombra di dubbio, considerando che in circa un’ora e mezza di show la maggior parte dei brani suonati appartiene al repertorio dell’età dell’oro del quintetto londinese, che tuttavia, grazie all’estro e alle sempreverdi doti canore di Tony Hadley, è stato qualitativamente impeccabile.
Un palco semplice, un impianto luci ridotto all’essenziale e un’uscita senza fronzoli e superflue pose da star, assieme ai fidati musicisti della The Fabolous TH Band, sono il biglietto da visita che Tony Hadley lancia subito al parterre cagliaritano prima di attaccare con ‘Feeling Good’, un classico della musica statunitense, portato al successo da Nina Simone nel 1965 e ripreso in seguito da decine di artisti, per scaldare i motori.
Il concerto entra subito nel vivo con ‘To Cut a Long Story Short’, il singolo che nell’autunno del 1980 lanciò verso il successo gli Spandau Ballet, abili a capire che passata la tempesta del punk, il futuro della musica stava nelle avanguardie musicali europee della new wave, con le chitarre distorte che lasciavano progressivamente spazio ai sintetizzatori. ‘Only When You Leave’, ‘I’ll Fly for You‘ e ‘Round and Round’, ‘With the Pride’ formano la quaterna estratta da ‘Parade’ del 1984, l’album della consacrazione seguito al successo planetario di ‘True’ dell’anno precedente, che riporta tutti ai tempi in cui ci si azzuffava nella epocale disputa fra Spandau e Duran Duran, quando le ragazze dovevano scegliere se invaghirsi di Mr Hadley o desiderare di sposare Simon Le Bon.
Il viaggio negli 80’s è appena interrotto da una piccola incursione nel repertorio solista con ‘Alibi’ e ‘Because of You’ e da ‘Soul Boy’, brano del 2014 inciso durante la reunion e pubblicato nella raccolta ‘The Story: The Very Best of Spandau Ballet’, uscita in contemporanea ‘Soul Boys of the Western World’, il bellissimo docufilm della regista George Hencken.
La prima scossa arriva con ‘Through the Barricades’, il capolavoro estratto dall’omonimo album del 1986, che segnò in qualche modo il nuovo corso della band, una memorabile ballata che, nonostante l’assenza del sax, Hadley interpreta intensamente strappando applausi e commozione per questa Romeo & Giuliette in salsa “Troubles” rimasta negli annali della musica che mette d’accordo pubblico e critica e spesso apprezzata anche fra i detrattori della band (ne abbiamo parlato qui).
Il funk di ‘Chant No. 1 (I Don’t Need This Pressure On)’ e il synth pop di ‘Liftime‘ sono l’allungo alle origini che cominciano a far danzare la platea formata in prevalenza da ultracinquantenni che, rivivendo parte della loro adolescenza resistono sulle sedie ancora per poco, prima che ‘Walk of Shame’ e ‘Mad About You’, brano di Hadley che da nome al tour, portino quanti riescono sotto il palco.
Il gran finale è tutto per ‘True’ e ‘Gold’, probabilmente i due pezzi più popolari degli Spandau Ballet, con uomini e donne, soprattutto donne, in visibilio e che sgomitano per dare la mano a Tony Hadley che, fra un whiskey, una birra e un invidiabile entusiasmo, dispensando carezze e belle parole ai suoi fans di vecchia data, si concede amichevolmente sul proscenio.
La cover della celeberrima ‘We Are The Champions dei Queen’ e l’atto finale che tira giù il sipario sul palco della fiera di Cagliari. L’emozione é palpabile, dai visi raggianti di quel pubblico che fu gioventù si sprigiona l’entusiasmo di chi sembra voglia sottolineare che si, il tempo è passato, inesorabilmente, ma noi siamo ancora qua e un pezzo dell’entusiasmo di allora ce lo portiamo ancora dentro.
La bobina della memoria si riavvolge e nei fotogrammi dai colori forti di un nostalgico rewind appare Tony Hadley assieme a Gary Kemp e al resto degli Spandau, band simbolo di una decade irripetibile. Partendo dal rock e dal glam, incassando la lezione del punk, riuscrono a coniugare il soul e il funk col nascente synth pop, sposando con raffinatezza la causa di un romanticismo sovversivo che sfociò in quella che spesso viene etichettata banalmente come musichetta pop, senza accorgersi che quella band, che prese in prestito il nome di un quartiere berlinese, scrisse una delle pagine più intense del manifesto creativo della new wave, nella sua accezione più stravagante ma anche più elegante. Visti gli esiti delle due date sarde del ‘Mad About You Tour’ di Mr Hadley, questo non è stato dimenticato neppure in queste latitudini, con buona pace di chi ha sempre voglia di etichettare, catalogare, sminuire ma non ha ancora imparato a saper ascoltare, con le orecchie e soprattutto con il cuore. I know this much is true.