Diciamo la verità? Chi se lo aspettava a Cagliari un regalo di Natale così bello? Nessuno! Soprattutto guardando a ciò che è accaduto nelle ultime settimane, con la caparbietà — mantenere l’allenatore Fabio Liverani a prescindere, così come accaduto nel recente passato con Walter Mazzarri — che ha messo a dura prova la convinzione che vuole che solo gli stolti non cambiano mai opinione. Ci è voluto tempo, troppo tempo oggi, alla fine, il sogno si è concretizzato: Claudio Ranieri torna in Sardegna. Torna a sedere nella panchina rossoblù l’allenatore più amato dopo Manlio Scopigno, inarrivabile per evidenti ragioni.
Ranieri è la poesia che diventa prosa, il sogno che esce dal mondo onirico per catapultarsi ai margini di in un prato di erba verde da 105×68 metri, è un sei al Superenalotto. È ritrovarsi ad avere una Ferrari quando invece si auspicava una Cinquecento.
Ranieri era il nome a cui tutti pensavano da mesi, da quando cioè ci si trovava costretti a inveire nella curva, sugli spalti, nei bar davanti al tv, a casa con gli amici, soli in auto con la radio accesa. È il nome a cui tutti pensavano mentre decidevano di non seguire più i rossoblù (perché lo sport e l’amore sono importanti, ma sono più importanti sono le coronarie, il fegato, la salute).
Ranieri è il nome che infuoca gli animi di tutti, non solo i tifosi del Cagliari Calcio, ma gli amanti dello sport in generale. I romantici appassionati di grandi storie, a prescindere dal finale (come è il caso di chi scrive, che certo non può definirsi tifoso): Ranieri è un po’ come Gigi Riva, amato, conosciuto e rispettato da tutti, anche da chi non conosce la formazione, da chi non segue la classifica. Perché a prescindere dai colori, dalla maglia, dal tifo, dietro il grande sportivo, dietro le doti tecniche dell’allenatore, c’è la grandezza dell’uomo, che è ciò che più conta, che rimane.
Ranieri era inarrivabile e proprio per questo necessario, perché oltre le opzioni plausibili. Perché ciò che serve al Cagliari non è solo un allenatore con alte doti tecniche — che ci sono, innegabilmente — non è solo la necessità di un trascinatore e motivatore — che è ciò che in realtà è, innegabilmente — non è solo un abile stratega: ciò che serve al Cagliari è tornare a essere la bandiera dietro cui si unisce un popolo di tifosi. Ciò che serve al Cagliari è un condottiero, una persona che trascina il gruppo verso a un obiettivo comune, verso il sogno. Ecco perché Claudio Ranieri è la persona giusta.
E per chi avesse dubbi a riguardo, basta andare a leggere le prime parole del nuovo allenatore, nemmeno sbarcato sull’isola: “Ritrovarsi assieme a spingere la squadra”.
Ranieri sa bene che la forza delle piccole squadre, quelle legate a una città a un territorio, non è il singolo, per quanto bravo sia, non è il campione solitario, che pure è fondamentale (chi se lo può dimenticare Gigi?) ma è un popolo che spinge, che dà la carica, che sorregge una squadra come fa il pubblico di un concerto rock quando il musicista si abbandona con un salto verso il pubblico.
È un rapporto di fiducia. È la consapevolezza che quando si scende in campo non lo si fa per i soldi, non lo si fa per i titoli sui giornali, né per la fama.
Lo si fa per qualcosa di più importante. Per vergare assieme a una generazione di donne e di uomini, di giovani e anziani, di tifosi o di semplici sportivi un pezzo di storia di un territorio. Per ridare, almeno nel calcio, almeno nello sport, un minimo di dignità donne e uomini che ogni giorno vedono la propria calpestata da grandi interessi, da piccoli uomini.
Lo si fa per provare a costruire un’epica, così come è stato a Cagliari dal 1988 al ’91 e a Leicester nella stagione 2015-2016. Così come speriamo sia a Cagliari, di nuovo, dalla fine del 2022. Bentornato mister. E grazie!