A che serve la matematica quando abbiamo i computer? Perché perdere la testa studiando la scienza quando possiamo affidarci alla tecnologia? La domanda non è nuovissima, eppure oggi che abbiamo l’intelligenza artificiale a portata di smartphone torna prepotentemente nel dibattito pubblico. Angelo Vulpiani, professore ordinario di Fisica Teorica alla Sapienza di Roma e ospite a Cagliari dell’evento Passione Scienza Day, una risposta ce l’ha: “Se ci affidiamo totalmente all’intelligenza artificiale rischiamo un impoverimento generale: continuare a studiare fisica e matematica è fondamentale per continuare a capire il mondo”.
Vulpiani, un lungo curriculum di ricerca in Belgio, Francia, Danimarca, Svezia e Stati Uniti, si occupa principalmente di “caos, turbolenza e meccanica statistica di non equilibrio”: “Faccio fatica a spiegare il mio lavoro anche alla mia famiglia”, confessa sorridendo. Eppure il pubblico che giovedì lo ha ascoltato all’Orto Botanico in occasione dell’appuntamento alla sua seconda edizione organizzato dall’associazione Scienza Società Scienza ha seguito con grande interesse e curiosità la sua conferenza dal titolo “Modelli matematici per la complessità del mondo”, un viaggio tra matematica, fisica, metereologia, caos e probabilità.
“Una storia che inizia da lontano, dalla Bibbia – esordisce il professore, che tra i suoi lavori annovera tantissime pubblicazioni scientifiche ma anche libri divulgativi (l’ultimo, pubblicato nel 2021 insieme a Luca Gammaitoni si intitola ““Perché è difficile prevedere il futuro”) e diversi premi per la ricerca – dove leggiamo ‘Quello che è stato è e sarà’, una prima forma di matematizzazione del mondo”.
Sono poi arrivati gli studi di matematica della Grecia classica, e poi quelli di Galileo e Isaac Newton. Quest’ultimo ha teorizzato che le leggi sulla forza sono le stesse che muovono una mela e la luna. Dunque il mondo, l’universo sono animati da regole che possiamo studiare, capire, prevedere. “E allora perché un sacco di cose insieme a noi sembrano imprevedibili?” domanda Vulpiani. “Nel 1890 viene teorizzato per la prima volta il caos come un piccolo effetto che si può moltiplicare esponenzialmente, e negli anni Sessanta del secolo scorso il meterologo Edward Norton Lorenz teorizzò il famoso concetto dell’effetto farfalla, l’idea che una minima variazione all’interno di un modello può provocare variazioni enormi”. A questi si sono poi integrati studi sempre più evoluti e complessi e la certezza che certe previsioni hanno limiti che non possiamo oltrepassare.
“E le previsioni – aggiunge Angelo Vulpiani – si fanno con una combinazione di intuizione, matematica, fisica e tecnologia: qui vediamo i limiti dell’intelligenza artificiale che sfrutta una grande quantità di dati ma non possiede l’intuizione umana. Ecco perché non possiamo smettere di studiare la matematica e la fisica: se non inseriamo i dati in una costruzione teorica possiamo forse prevedere i fenomeni, non capirli. Stiamo già perdendo una parte della cultura scientifica, con l’enfasi dei big data rischiamo un impoverimento generale”