Le sue opere affascinano, stimolano la riflessione, vanno oltre i confini del tempo. Sono dirette, dotate di una carica emotiva che lascia il segno. Questo perché Liliana Cano, pittrice di cui a ottobre del 2024 è stato celebrato il centenario della nascita, è stata molto più che un’artista di assoluto spessore in grado di dare un contributo di grande rilievo alla pittura italiana, bensì una donna forte e tenace, consapevole dell’importanza della concezione dell’arte al di là dei tecnicismi e dei virtuosismi ma incentrata sulla socialità e sul coinvolgimento della gente. Una figura la sua al centro di una appassionante conferenza andata in scena il 5 dicembre sera a Palazzo Siotto in via dei Genovesi a Cagliari intitolata ‘’Liliana Cano. Arte e spazio pubblico’’.
Un incontro ricco di stimoli organizzato dal FAI Sardegna della presidente Monica Scanu, a cui hanno preso parte il figlio di Liliana Cano Igino Panzino, presidente dell’archivio dedicato alla madre creato a luglio, Davide Mariani storico dell’arte e direttore artistico dell’Archivio Liliana Cano, l’architetto e ricercatore presso il DICAAR dell’Università di Cagliari Fabrizio Pusceddu e Daniele Gregorini direttore dell’Urban Center e ideatore di progetti di valore come quello della Galleria del Sale. Il tutto con la moderazione del giornalista Vito Biolchini.
La prima a prendere la parola è Monica Scanu, che tramite la proiezione di un video con protagonista il presidente del FAI Marco Magnifico parla del programma ‘’Luoghi del cuore’’, significativa iniziativa il cui obiettivo è sollecitare le persone, che possono votare ed esprimere la propria preferenza andando nell’omonimo sito, a fare presente quali sono i luoghi che secondo loro devono essere riscoperti, riqualificati e finalmente valorizzati. Ecco, a questo punto, che si arriva a Liliana Cano: l’obiettivo, infatti, è quello di creare a Oliena, comunità a cui l’artista era profondamente legata dalla fine degli anni Sessanta, un Museo diffuso permettendo così alle persone di godere appieno delle oltre 50 opere che Liliana Cano lì ha realizzato. Opere le quali sono da sempre motivo di orgoglio per Oliena, che ha insignito la pittrice della cittadinanza onoraria nel 2004.
Un obiettivo importante, che mira per l’appunto alla piena valorizzazione di una figura carismatica come quella di Liliana Cano su cui ci si è soffermati anche in occasione delle Giornate FAI d’Autunno tra il 12 e il 13 ottobre, giornate in cui a Oliena, tramite l’organizzazione della delegazione FAI di Nuoro con la collaborazione dell’Amministrazione comunale e dell’Archivio Liliana Cano, si è dato vita a ‘’Le radici del colore’’, un itinerario suggestivo all’insegna delle opere di Cano cominciato in piazza Santa Croce, proseguito in via Giovanni Antonio Goddi, nella chiesa di San Lussorio, nel palazzo del Comune, nella chiesa di Sant’Ignazio, in piazza San Francesco per concludersi nella chiesa di Santa Maria.
Subito dopo Monica Scanu, a intervenire è Davide Mariani che sottolinea il valore delle opere di Liliana Cano per la sfera pubblica, passando in rassegna alcune tra le sue più rilevanti creazioni in tale ambito. “Liliana Cano – sottolinea Mariani – è stata una artista di straordinaria prolificità. Lei stessa, nel 2016, ha dichiarato di aver realizzato oltre quarantamila opere e di aver creato anche 5-6 quadri in un solo giorno a seconda dei momenti”. Una personalità unica, venuta a mancare nel 2021, nata a Gorizia e trasferitasi in Sardegna nel 1945 dando grande slancio allo sviluppo della scena culturale del secondo dopoguerra.
Nel corso della conferenza si entra sempre più nel dettaglio del suo operato artistico, come emerge dalle parole del figlio Igino Panzino, a sua volta artista. “L’attività artistica di mia madre – spiega – si è sviluppata su due versanti: il primo è quello etnografico, come dimostra il suo amore per i costumi sardi, e il secondo è quello dei temi storici”. Non solo però: Panzino, infatti, rimarca l’importanza anche di un terzo elemento. “Un ulteriore tema molto caro a mia madre è stato quello religioso, sviluppatosi in particolare negli interni delle chiese, raramente negli esterni, come a voler sancire una sorta di stacco tra questi due aspetti”.
La riflessione di Panzino si estende al valore dell’arte pubblica. “L’arte pubblica – puntualizza – è un elemento centrale per fare sì che alcuni luoghi consentano alle persone di formare un proprio gusto ben definito. L’arte pubblica è fondamentale anche per fare comprendere ai cittadini il valore degli artisti per la crescita di una comunità”. Sul valore dell’arte pubblica si è concentrato anche Daniele Gregorini, ideatore della Galleria del Sale nata nel 2014, ovvero la prima galleria a cielo aperto del capoluogo, uno spazio significativo e di grande valore che si estende tra i quartieri di Genneruxi e di Sant’Elia. Uno spazio che coinvolge anche le scuole, diventando un laboratorio stimolante e partecipativo per i più giovani.
Durante la conferenza non è mancato anche un doveroso richiamo a un’altra artista di grande spessore dell’Isola ovvero Maria Lai, tramite le parole dell’architetto Fabrizio Pusceddu progettista del restauro del Muro del Groviglio opera contenuta nel Museo a cielo aperto di Maria Lai a Ulassai, iniziativa di recupero e manutenzione di cui Pusceddu ha sottolineato il prezioso valore. Valore come quello dell’arte pubblica sulla cui funzione si è concentrato ulteriormente Igino Panzino, sottolineando anche la rilevanza della legge 717 del 1949. “Il contributo dell’arte pubblica è quello di diventare uno strumento di reale riqualificazione delle periferie, troppo spesso lasciate a se stesse, vittime di semplificazioni e promesse fatte da persone che poi non muovono un dito. Gli artisti, gli architetti ma anche gli artigiani: ecco, tutti loro possono e devono fare fronte comune, dando così un contributo incisivo a tutti quei quartieri periferici che meritano una considerazione maggiore”.
Le conclusioni finali spettano a Davide Mariani. “Il dibattito sull’arte pubblica è estremamente importante e stimolante, proprio perché riesce a coinvolgere tante persone con punti di vista diversi ma comunque affini. Ora più che mai è necessario rimarcare il legame tra gli artisti e la propria comunità di riferimento, perché solamente focalizzandosi su questo legame è possibile comprendere realmente il valore dell’arte pubblica”.