Si intitola “Il bagaglio”, la mostra fotografica di Giorgio Secci che racconta la vita degli anziani all’interno delle RSA, le residenze sanitarie assistenziali. Ospitata al MuA – Museo Civico di Sinnai e visitabile fino all’11 maggio, l’esposizione molto intima e toccante curata da Valerio Deidda e Isabella Atzeni e prodotta da Sardinia to do, sarà inaugurata sabato 15 marzo alle 18 in via Colletta 20, a Sinnai.
Nonostante i dati ci restituiscano un quadro evidente di come i paesi europei promuovano la domiciliarità quale luogo privilegiato per l’assistenza sanitaria, l’Italia, specialmente a partire dalla pandemia da Covid-19 scoppiata nel 2020, mostra invece una particolare propensione per l’accoglienza delle persone in età avanzata, e più fragili, nelle RSA.
È proprio da queste che comincia il viaggio di Giorgio Secci. Classe ‘86, cagliaritano, arriva alla fotografia quasi per caso, dopo un corso di teatro in cui si convince di avere ancora ‘fame’ di mezzi espressivi, non trovando, nel palcoscenico, quello più adatto a lui. Dopo un corso base di fotografia rispolvera una passione nata tempo addietro, quando nel 2000 aveva acquistato la prima fotocamera ma senza cimentarsi davvero, approfondendo finalmente lo studio dell’obiettivo con approcci diversificati: dapprima paesaggista e solo più tardi, durante un viaggio in Romania, scoprendosi ritrattista.
“Durante quel viaggio, che è stato un vero esercizio di stile, ho capito che avvicinarmi alle persone, conoscere la loro storia e fare loro un ritratto era ciò che più mi appassionava”, ha dichiarato il fotografo.
Una volta tornato a Cagliari, dovendosi rimboccare le maniche per la consueta mostra di fine corso, ha quindi pensato a un progetto fotografico che fosse anche un po’ la sintesi delle esperienze appena vissute. “Inizialmente credevo di volere raccontare con le immagini la storia di mio nonno, una figura molto importante per me che è mancata quando ero ancora molto giovane. Poi questo progetto è sfumato, e allora mi sono interrogato sulle ragioni che mi avevano condotto a lui. Così ho capito che in verità sentivo di volere dare spazio e voce a qualcuno che non c’era più o a chi, semplicemente, era stato messo da parte per le ragioni più disparate”, ha spiegato Secci.

La scelta è ricaduta in modo naturale sugli anziani, e cioè su coloro che risentono maggiormente della frenesia del mondo che corre, e che troppo spesso trasforma quel loro rallentamento fisiologico in un pretesto per l’emarginazione. Solo in un momento successivo il progetto si è definito e strutturato meglio, portando il suo autore a intraprendere un percorso nelle RSA alla ricerca di frammenti di vita da immortalare.
“Tante voci si affollano in queste strutture e molte hanno ancora il desiderio di raccontarsi, conservano inalterata la voglia di ridere e scherzare, di commuoversi. C’è chi rivolge il pensiero alla vita bellissima condivisa con la moglie, chi ha difficoltà a vivere la nuova condizione con regole imposte da altri, chi si sente benvoluto e non se ne andrebbe mai, e chi invece spera di tornare presto a casa. Sono in queste residenze per motivi diversi ma hanno tutti una cosa in comune: un bagaglio pieno. Di ricordi, di sofferenza, di speranza. Soprattutto di vita”, si legge nel testo di accompagnamento della mostra.
Già esposto – in parte – al Lazzaretto di Cagliari e permanentemente al BìFotoFest, il Festival internazionale della fotografia di Mogoro (OR), dove ha vinto il primo premio nelle letture portfolio, il progetto fotografico di Giorgio Secci è durato più di un anno. Sono stati mesi intensi. Mesi in cui ha ricevuto più di quanto sospetta di avere dato: “Può sembrare un progetto fatto per gli altri, ma mentre ci lavoravo ho capito che è servito soprattutto a me. Ciascuno di loro mi ha dato qualcosa e sono affezionato alle loro storie in eguale misura”, ha precisato Secci.
Tra i progetti futuri ci sono “Un lavoro a lungo termine. Amore, famiglia, arte”, che racconta il dietro le quinte di un’attrice sarda trasferitasi a Roma, soprattutto i momenti di difficoltà, con i riflettori spenti, e un altro “Wonderland”, che posa lo sguardo sui giostrai e sul loro mondo fatto di cavalli a dondolo, luci e musiche accattivanti ma spesso troppo chiassose.
Per questi ultimi, non ci resta che attendere. La speranza è di ritrovare anche qui la stessa delicatezza e attenzione – per i dettagli e per le persone – che contraddistinguono “Il bagaglio”.