Il 12 ottobre del 1993 usciva ‘Viaggio Senza Vento’, il quarto album dei Timoria che allora navigavano ancora nelle torbide acque dell’underground. Fu questo disco, un concept album che non si sentiva dal periodo dorato del prog italiano, a fare spiccare il volo alla band capitanata da Omar Pedrini, diventando un manifesto generazionale che avrebbe cambiato il corso della musica italiana. Una pietra miliare degli anni Novanta che non è riuscito a scappare dalla sua giovinezza e a trent’anni di distanza suona ancora fresco e attuale.
I Timoria nacquero nel 1985, ispirati dalla nuova scena alternativa italiana tributaria del punk e della new wave, grazie ai dischi di Litfiba, CCCP e Diaframma, che aveva cominciato ad apprezzare quanti usavano la lingua italiana nelle loro canzoni, fatto fino ad allora reputato alla stregua di una bestemmia. La band bresciana, prodotta al disco d’esordio, ‘Colori che Esplodono’ del 1990, da Gianni Maroccolo, ebbe a penare parecchio per trovare un proprio spazio in un mondo che provava faticosamente a lasciarsi alle spalle il decennio precedente. Neppure la partecipazione all’edizione 1991 del Festival di Sanremo, dove vinse il premio della critica per la sezione giovani con la canzone ‘L’Uomo che Ride’, era riuscita a fare accendere i riflettori sulle loro produzioni.
La rivoluzione avvenne agli albori del 1992. L’uscita di ‘NeverMind’ dei Nirvana aveva appena sconvolto il rock mondiale e la band aveva cominciato a cambiare rota con l’album ‘Storie per vivere’ prodotto dal compianto Angelo Carrara che all’epoca lavorava con Luciano Ligabue ed era noto per aver prodotto i dischi di Franco Battiato, Alice, Giuni Russo, Eugenio Finardi e Pierangelo Bertoli. Per Omar Pedrini, Francesco Renga, Diego Galeri, Enrico Ghedi e Carlo Alberto “Ilorca” Pellegrini è la combinazione giusta per la svolta. Le chitarre cominciano a farsi più aggressive, il sound di Seattle si fa sentire ed il quintetto trova la sua strada in una commistione di sonorità grunge, rock anni Settanta, latine e orientali che emergeranno con prepotenza nel disco successivo.
‘Viaggio Senza Vento’ è il fulmine che squarcia l’apatia della scena italiana che orfana dei CCCP e divisa sul nuovo corso dei Litfiba, ristagna nell’incertezza. Il disco, cantato interamente in italiano, è un concept album che racconta il viaggio di Joe, il ragazzo alter ego di Pedrini nel quale si riconoscono migliaia di giovani. La generazione che ha ereditato dai propri padri un mondo peggiore di quello fino ad allora conosciuto ha finalmente il suo manifesto. ‘Senza Vento’, ‘Sangue Impazzito’, ‘Piove’, ‘Il Mercante dei Sogni’ diventano veri e propri inni. ‘Verso Oriente’, alla quale partecipano Eugenio Finardi e Candelo Cabezas, ‘Lombardia’ che vede come ospite il violino di Mauro Pagani, ‘Lasciami in down’, ‘La Cura Giusta’ e ‘Come serpenti in amore’ fanno il resto. 21 canzoni per una durata totale di 73 minuti, un’altra bestemmia per l’epoca, e ‘Viaggio Senza Vento’ sfonda un muro fatto di preconcetti e boria mettendo d’accordo, come si suol dire, critica e pubblico, e diventando il primo album indie, termine del quale in tempi recenti si è abusato fin troppo, della storia discografica italiana a guadagnarsi il disco d’oro. Da allora anche le major cominciarono a strizzare l’occhio ad artisti rock che cantassero in italiano. La svolta linguistica degli Afterhours, il successo dei Negrita e di decine di altre band, vanno inquadrati in ta senso.
Con la sognata partecipazione di Carmelo Bene e Moana Pozzi si sarebbe rasentata la perfezione, ma la loro assenza non ha impedito a questo disco di diventare lo spartiacque del rock italiano, come era successo circa un decennio prima con ‘Desaparecido’ dei Litfiba, collocando di diritto i Timoria sullo scranno più alto delle band del decennio più importante per la musica alternativa italiana, e non solo per il rock. Questo disco ha dato voce a quella generazione che pur viaggiando senza vento ha percorso il mare a bordo della nave chiamata Timoria, che trent’anni fa il mondo l’ha cambiato per davvero e anche la vita di un sacco di persone. Ma anche se l’avesse cambiata a una sola di esse, per dirla con Joe Strummer, avrebbe comunque raggiunto il suo scopo. Tanti auguri ‘Viaggio Senza Vento’!