Non una via a lui dedicata, una piazza, una scuola, una targa. L’Italia ha perso la memoria di uno dei protagonisti dell’economia italiana del Novecento, imprenditore e innovatore ambizioso e brillante, cancellato dalla Storia a causa delle sue origini ebree: Guido Segre, nato a Torino nel 1881, morì solo e lontano dalla sua città, la stessa dove Benito Mussolini il 18 settembre 1938 annunciò uno dei provvedimenti più drammatici del fascismo con il lugubre proclama “Nei riguardi della politica interna il problema di scottante attualità è quello razziale”. Segre perse tutto, incarichi professionali, relazioni, rapporti: si rifugiò in Vaticano dove morì e le sue spoglie oggi riposano a Roma, nel cimitero del Verano.
La triste vicenda dell’imprenditore torinese è raccontata in “Guido Segre, una storia dimenticata“, un documentario di 54 minuti prodotto dal Centro Studi Africani in Sardegna con la regia, la sceneggiatura, le ricerche documentarie e le interviste di Filippo Petrucci, storico e giornalista cagliaritano. Il film è stato presentato in anteprima a Cagliari martedì 3 dicembre alla Fondazione di Sardegna con una serata che è stata anche occasione per ricordare il grande ruolo che Segre ha avuto nei primi del Novecento per l’economia italiana. Non solo: l’imprenditore, che nel 1935 venne nominato presidente dell’Acai – Azienda Carboni Italiani in rappresentanza di tutti i produttori di carbone del paese, diede impulso anche alla creazione di nuovi centri urbani dedicati proprio ai lavoratori ed è così che in quegli anni nacquero le città di Arsia, oggi in territorio croato, e Carbonia, cuore del territorio del Sulcis dove nei primi del Novecento si era sviluppata l’attività estrattiva del carbone.
Guido Segre, “figlio del Risorgimento”, afferma Petrucci, pluridecorato come volontario dell’esercito italiano nella prima guerra mondiale, come presidente dell’AcaI affida all’amico architetto Gustavo Pulitzer Finali la progettazione delle città dei minatori: la nascita di Carbonia, sancita con Regio Decreto del 1937, fu completata in appena un anno ma alla cerimonia di inaugurazione nel dicembre 1938 Segre, emarginato e solo dopo l’emanazione delle leggi razziali, non era presente.
“Con questo documentario ho voluto raccontare la storia di un uomo – sottolinea Filippo Petrucci – vittima delle persecuzioni contro gli ebrei ma anche dimenticato perché non apparteneva a nessun gruppo sociale: nato a Torino ma vissuto a Trieste e mai a suo agio con l’élite cittadina, ebreo per origini ma con una famiglia cattolica, la sua è una vicenda simile a quella di tanti uomini e donne che, pur emancipandosi e raggiungendo traguardi e posizioni di alto livello, restano condannati alle proprie origini”. Una storia individuale e universale allo stesso tempo: “Con questo documentario, che non è una agiografia ma il racconto di una storia che diventa ‘la’ storia, ho cercato di ricostruire la figura di un italiano che voleva solo essere un uomo libero”.
Nel racconto di Petrucci, oltre a Trieste e Adria neppure Carbonia ha conservato la memoria di Segre “semplicemente perché il giorno dell’inaugurazione della città lui non c’era: nella memoria cittadina Carbonia nacque per volontà di Benito Mussolini, in pochi sanno l’origine vera della sua costruzione”. Quel 18 dicembre il duce del fascismo tenne un discorso dal balcone della torre littoria davanti a 35 mila persone. Segre era già lontano, il suo nome cadde nell’oblio. Il documentario di Filippo Petrucci oggi, novant’anni dopo il dramma delle persecuzioni razziali, ci trasmette la memoria e il vissuto di un uomo che contribuì a scrivere la storia del nostro Paese.