Apriamo questa rubrica con una domanda rivolta al cielo, più precisamente all’etere attraverso il quale il suono del nuovo album dei Drab Majesty si propaga ed arriva alle nostre orecchie; la domanda è aperta, mentre la risposta è un continuo divenire e non nego che potrà ancora cambiare nel tempo, oscillare, evolvere, trasformarsi totalmente, magari a seconda di come ci si sente, il che non sarebbe una grossa novità in teoria, ma in questo caso…
In questo caso continuo a rimanere sospeso tra il dire ed il fare e, nonostante abbia ascoltato questo album subito, immediatamente, appena uscito durante una caldissima mattina di agosto, non nascondo di averci riprovato ancora e ancora e ancora ogni volta trovando nuovi risvolti e provando nuove sensazioni.
Andiamo con ordine, questo è l’album che nessuna persona al mondo, almeno, intendo, tra tutte quelle che hanno adorato i Drab Majesty negli anni 201X, avrebbe mai pensato di ascoltare, anche perché è un EP e quindi forse ascrivibile in una parentesi – addirittura io avevo pensato una colonna sonora, similmente a quanto fatto dai Boy Harsher con ‘The Runner’ – e invece ‘An Object In Motion’ è da prendere con la leggerezza dell’ espressione sincera di una band che si può solo che rispettare.
Insomma, quasi niente Synth, quasi niente voci cavernose, anzi eccoci subito al feat di Rachel Goswell in ‘Vanity’ – fresca di nuovo album qui – e poi altre due tracce di puro songwriting espanso ai massimi livelli, senza reminiscenze new wave bensì, a volte, quasi da western di Sergio Leone, colate laviche di arpeggi, frasi, espansioni oniriche da fase rem fino al climax dei quindici minuti di ‘Yield To Force’.
Bello? Interessante? Si e si ed anche contemporaneamente non lo so, ed il perché lo scopriremo forse, anzi lo scopriranno, fra almeno trent’anni.
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