Quando la storia musicale di un artista si intreccia a filo stretto con il genere che ama e suona da una vita, e quando i percorsi personali si sovrappongono a quelli musicali, allora val bene raccontare gli elementi di questa alchimia. Questo intreccio è la memoria personale del chitarrista e cantante blues Vittorio Pitzalis, uno dei massimi esponenti del genere in Sardegna a in Italia. L’associazione culturale Pirri: Antiche Storie del mio Paese ospiterà, nella sua sede di via Risorgimento 25, tre appuntamenti nei quali il bluesman ci racconterà il suo percorso nel blues e nel farlo ci farà ascoltare la sua musica, i classici a cui si è ispirato, quali bluesman storici sono stati i suoi maestri. E poi, ancora quali riviste, libri, articoli e vinili sono passati nelle sue mani in quasi cinquant’anni di attività. Ci racconterà i suoi aneddoti personali e quelli del genere musicale al quale ha dedicato tutta la sua vita. Un amore nato quando a cinque anni viene folgorato dai suoni della chitarra.
Le serate attraverso le quali potremo fare questo viaggio dal blues dalle origini ad oggi attraverso la storia musicale di Pitzalis saranno il 20 ottobre, il 10 novembre e l’1 dicembre. Nell’ultimo dei tre appuntamenti Vittorio sarà affiancato dall’armonicista, cantante e chitarrista blues WilliBoyTaxi col quale fa duo da qualche anno sia dal vivo che in un recente disco uscito a nome di quest’ultimo.
Per saperne un po’ di più, ma senza scoprire troppo le carte in tavole, abbiamo raggiunto Vittorio Pitzalis per una intervista nella quale ci dà un assaggio di ciò che ci racconterà.
Vittorio, la tua storia musicale è lunga e ricca di eventi. Quali ricordi con maggiore orgoglio?
Sicuramente la prima vittoria al concorso di Narcao Blues. Probabilmente è quella che ricordo con maggiore affetto. Avevo 34 anni, non ero più un ragazzino, anzi avevo già raggiunto una buona maturità musicale, ma pur avendo iniziato a suonare dal vivo a 18 anni, questo è il primo traguardo che ricordo con orgoglio e anche tenerezza. Ho avuto molte soddisfazioni, tutte sono accompagnate da una certa emozione e hanno un determinato valore, questa però si pone in primo piano.
È del 2017 il tuo disco solista dal titolo Jimi James di cui sei molto fiero e che ti ha fatto uscire da un lungo silenzio. Dove ti ha portato questo lavoro?
Sì, c’è “Jimi James” ma ci tengo a dire che nel dicembre del 2020 è uscito “The Time Has Come”, il mio secondo disco solista fatto e uscito in piena pandemia.
Quale dei due lavori da solista ti rappresenta di più?
“Jimi James” in assoluto e che ha anche avuto delle buone vendite. È un lavoro a cui sono molto affezionato. Qui mi metto a nudo ed anche se sono una persona socievole sono anche, in realtà, un tipo riservato. Con questo disco apro le porte della mia vita sia con i testi che con la musica. I testi narrano di un periodo di alcuni anni che è stato per me davvero difficile e doloroso, con vissuti luttuosi, la chiusura di una importante storia d’amore, la perdita anche del mio amato gatto che si chiamava proprio Jimi James. Ma nel disco c’è un brano che testimonia una sorta di ripresa, una nuova alba con l’incontro con la donna che ho l’onore di avere ancora oggi al mio fianco e che per me è come un angelo.
Jimi James è quindi denso di significati per te. Dove ti ha portato da un punto di vista professionale?
Ci tengo a sottolineare che la produzione di questo disco e del secondo sono della MGJR Records-Jane Studio di Cagliari con cui ho lavorato molto bene. E poi che mi ha fatto esultare tra me e me e che mi ha dato la vittoria del Plettro d’autore alla carriera che ho ricevuto al termine di un concerto al Teatro Massimo e direttamente dalle mani dello storico batterista dei Salis & Salis Antonio Sardu. Poi, nel giugno del 2018 “Jimi James” vince, insieme ad altri tre dischi di altrettanti artisti, il Premio Mario Cervo per il disco sardo più bello del 2017 e viene premiato il 10 giugno 2018 ad Olbia alla Fondazione Mario Cervo. Infine, agli inizi di luglio 2018 vinco la finale italiana del festival Deltablues di Rovigo che mi ha dato il diritto di rappresentare l’Italia alla 35esima edizione dell’International Blues Challenge di Memphis (Tennessee) in USA nel gennaio del 2019. Quest’ultima cosa me la sognavo da sempre. Ho anche una canzone del 1994 dedicata a un mio possibile sbarco in America.
Da qualche anno sei più solitario e conduci una vita un po’ ritirata, ma sei sempre attivo con i concerti, spesso in duo con William “WilliBoy Taxi” Rossi. Come vi siete conosciuti e come è nato il vostro sodalizio artistico?
Sì, suoniamo in duo da parecchi anni. Ci siamo conosciuti quando io già da tempo conducevo la mia vita quasi monastica, ma un giorno mi è arrivata una telefonata da questo ragazzo che mi diceva che mi voleva conoscere, che aveva sentito parlare di me. L’ho invitato a casa mia e dopo avergli fumato tutte le sigarette che aveva (oggi non fumo più), è nata una qualche alchimia. Mi ha fatto sentire come suonava, mi ci sono unito e ho visto che c’era un collante che ci teneva assieme. Sebbene lui abbia una concezione del blues diversa dalla mia, ha un approccio più moderno e contaminato, ho visto che funzionavamo. Diciamo che nelle nostre esibizioni eseguiamo per lo più brani composti da lui, io mi occupo di mettere quella parte tradizionale di suono blues. Lui è un armonicista che canta e suona anche la chitarra, diciamo che l’aspetto delle 6 corde è maggiormente nelle mie mani.
Cosa ti ha spinto ad accettare di fare questi tre incontri?
Se devo essere proprio sincero è stato l’entusiasmo del batterista Vittorio Sicbaldi che si sta occupando dell’organizzazione e della musica per l’associazione culturale. Lui mi ha spronato a donare un po’ della mia storia e delle mie esperienze a un pubblico che ritiene possa essere interessato. Oggi posso sostenere un discorso sul blues in generale e sul blues come lo vedo io e come succede nella mia testa.
Cosa ti proponi con questi tre appuntamenti?
È una domanda difficile nonostante sia facile. Spero che quello che dirò possa essere interpretato nel giusto senso che segue una mia verità fondata sull’esperienza personale, sugli studi fatti, le letture, i molti ascolti e i concerti.
Tre serate musicali, suonate e raccontate e altri appuntamenti in programma
Oltre ad ospitere questa serie di appuntamenti, l’associazione culturale Pirri: Antiche Storie del mio Paese, che il 13 ottobre festeggerà i suoi dieci anni di attività, ha già organizzato una grande festa nella sua sede in via Risorgimento, 25 a Pirri. Negli anni l’associazione ha lavorato per ritrovare e diffondere la storia di Pirri e dei suoi personaggi più o meno illustri, riscoprendo il lavoro di tanti concittadini che hanno contribuito al miglioramento del tessuto sociale e culturale e al benessere collettivo, non ultime le sorelle Degli Agostini che hanno fatto nascere circa ventimila bambini e di cui abbiamo parlato in questo articolo. Dallo scorso anno le attività dell’associazione hanno aperto le porte a più musica e a tanto jazz con una serie di concerti che hanno fatto sempre il tutto esaurito. Anche quest’anno le proposte musicali non mancano e, solo per dare qualche anticipazione, sono attese tre dame del jazz italiano come Eloisa Atti che renderà un delicato e intenso omaggio a Billy Holiday, Patrizia Conte con la sua travolgente voce e simpatia che trasforma un concerto in un vero e proprio spettacolo di suoni in equilibrio tra jazz e blues e Veronica Sbergia che porta la sua voce sui ritmi del blues rurale. Ci saranno anche nomi di grandi jazzisti tra Italia, Olanda e Svizzera come i sassofonisti Michele Bozza, Barent Middelhof e Luca Stoll, non mancheranno i ritmi e l’energia delle orchestre si swing e alcuni interessanti proposte in trio e quartetto di alcuni jazzisti locali.
(Immagine in evidenza: Mary Leone)