Sono stata in Indonesia per cinque settimane, di cui le ultime due nel paradiso di Raja Ampat. Raja Ampat è totalmente diverso dal resto dell’Indonesia. Non solo da un punto di vista geografico – si trova in Papua, quella terra che non si capisce bene se sia Asia o Oceania – ma anche da un punto di vista economico. I prezzi, qui, rispetto al resto della Nazione lievitano. A sottolineare come preservare la natura sia un vantaggio anche per l’economia e paghi molto più che distruggerla.
Raja Ampat è infatti un santuario della biodiversità marina, che qui raggiunge il suo apice mondiale: 1500 isole nei cui fondali si ospita il 75% dei coralli conosciuti (circa 600 specie), e un’infinità di pesci, squali e tartarughe. Un ovvio paradiso per i subacquei che sono infatti la nettissima prevalenza dei turisti.
Eppure anche qui l’inquinamento da plastiche, gli sversamenti industriali, l’acidificazione, il riscaldamento degli Oceani stanno mettendo in ginocchio l’ecosistema marino, per cui si sta cercando di salvare il salvabile con una serie di progetti di conservazione e tutela. Ed è proprio per partecipare a uno di questi che mi spingo fino all’isoletta di Arborek.
A Raja Ampat non vi sono aeroporti. Bisogna quindi volare a Sorong, in Papua, e da lì prendere un traghetto sino a Waisai. Sono circa due ore di traversata abbastanza claustrofobica e con stormi di blatte che ti camminano tra i piedi. La vera sfida inizia però a Waisai. Bisogna infatti prendere un barchino per altre due ore. Due ore da incubo, con l’acqua dell’Oceano che ti fa la doccia a ogni onda, il vento che ti prende a schiaffoni e il motore che di tanto in tanto smette di funzionare.
Poi, però, ad un certo punto, un piccolo puntino in mezzo al nulla dell’Oceano Indo-Pacifico ti dà il suo benvenuto.
L’isola è mozzafiato. 300 metri di sabbia, 200 abitanti tra casette in legno e palafitte, un mondo che non esiste altrove. Sull’isola è vietata la plastica e le poche bottiglie che vengono vendute ai turisti di passaggio (ci sono due botteghine con snack e qualche drink) devono essere riportate dagli stessi turisti sulla terraferma.
A essere prediletto è invece il consumo di lattine: quelle vuote non solo vengono riciclate, ma addirittura pagate. Per questo sono gli stessi bambini che le raccolgono in giro per l’isola e le vendono poi per qualche spiccio al barchino che si occupa di portare a terra i rifiuti e smaltirli.
Poiché gli scarichi di tutte le case finiscono in mare, sull’isola ci sono alcune regole ferree, come non buttare la carta igienica nel wc. Sono poi vietati gli indumenti in poliestere, che durante i lavaggi rilascerebbero le dannosissime microplastiche. Bandite anche le creme solari non ocean friendly e qualunque prodotto per l’igiene non sia al 100% biodegradabile. L’acqua per lavarsi è infatti quella piovana ma, quando arrivo nell’isola, non piove da più di un mese. L’acqua dolce per le docce è dunque centellinata: due mestoli a testa al giorno. Che si traduce nel lavarsi nell’Oceano e limitare l’acqua dolce all’ultimo risciacquo, anche se io prendo la saggia decisione di lavarmi a giorni alterni in modo da poter usufruire della bellezza di quattro mestoli di acqua dolce.
Il progetto di conservazione prevede tre macro-ambiti: controllo e identificazione di flora e fauna tropicale, secondo degli indicatori target che bisogna monitorare costantemente per comprendere lo stato di salute dell’acqua (protocollo Reef Check); identificazione delle mante; riforestazione dei coralli.
Quando si decide di procedere alla riforestazione del coralligeno le azioni da compiere sono innumerevoli. Si parte cercando le talee, pezzetti di coralli che si sono staccati dall’animale principale (sì, sembra strano, ma i coralli sono animali) e si inseriscono in particolari reti. I coralli hanno tempi di crescita molto variabili, alcuni un centimetro al mese, altri un centimetro all’anno. Altri ancora sono molto, molto più lenti. Ma il loro ruolo nell’ecosistema è fondamentale, in quanto fungono da protezione e cibo per pesci e altre creature marine. Una volta che le talee sono cresciute bisogna armarsi di martelli, chiodi, o altri metodi fantasiosi per riuscire a fissare i nuovi coralli alla roccia senza che si muovano: sta lì il segreto della loro crescita.
La routine del volontario inizia alle 7, con una colazione a base di banane fritte e toast con burro d’arachidi. Poi ci si divide nelle varie attività: tutti i volontari devono seguire dei corsi di identificazione delle varie specie tropicali, dai pesci alle alghe agli invertebrati. Devono poi sostenere degli esami e solo una volta passati quelli possono effettivamente iniziare il lavoro di campo di monitoraggio attivo.
Dunque la mattina e il pomeriggio ci si divide tra lezioni teoriche, lezioni pratiche di identificazione sott’acqua, esami, o immersioni scientifiche. In generale ogni volontario, ogni giorno, avrà da fare due immersioni, tranne il mercoledì che si aggiunge quella notturna, e la domenica che è il giorno di riposo e il nostro corpo ringrazia e si riequilibra con l’azoto.
Oltre a queste attività vi sono quelle nella scuola: settimanalmente i volontari sono infatti impegnati nell’insegnamento dell’inglese e di qualche rudimento di ecologia. Anche nella pulizia della spiaggia, che avviene una volta a settimana, vengono coinvolti i bambini dell’isola, che collezionano così dei timbrini che li porteranno a vincere una maglietta ogni tot di clean-up svolti.
Lavorare in simbiosi con le comunità locali è ovviamente conditio sine qua non per ogni progetto che voglia dirsi sostenibile. E così passiamo moltissimo tempo a giocare coi bambini dell’isola o a chiacchierare – tramite il traduttore di Google – con gli abitanti.
Ma qualsiasi attività viene interrotta alle 18.30: è l’ora del tramonto. I ritmi lenti dell’isola, scanditi dalla natura, raggiungono il loro apice quando il sole cala. Non c’è spettacolo più bello. Per cui è il momento di prendere una noce di cocco e sedersi sul molo, in riva al mare, a sorseggiarla, guardando il sole che viene giù e sperando che la notte, stellata come in pochi luoghi al mondo, possa essere foriera di domani migliori.