“Bisogna preparare una contromarcia — sostiene con fredda calma l’on. Beneduce, democratico irriducibile, ex ministro del Lavoro col ministero Nitti. — Ogni veleno reclama il suo antidoto. A insurrezione, insurrezione; a colpo di Stato, colpo di Stato (…) Adesso è fascista , e di grande autorità”
“La legge, la legge! — insinuava l’on. Petrillo, deputato democratico, oratore forbito, grande avvocato del Foro di Napoli. — Si applichi la legge! Bisogna arrestare Mussolini, e tutto è finito. La legge lo consente. (…) Poi l’on. Petrillo si lasciò vincere dai nervi. Adesso è anch’egli fascista autorevole”
“Egli si accinse a fare di D’Annunzio il caposaldo di tutto il suo sistema difensivo. E agì d’accordo con i capi dell’Associazione dei mutilati di guerra, tutti avversari al fascismo. Fungeva da intermediario l’on. Rossini, sottosegretario alle pensioni di guerra, democratico nato, accanito antifascista. Presentemente, il lettore lo ha già capito, egli è fascista e, per giunta, senatore”.
“Il lettore ricorda il mio amico compagno di studi e di guerra, nella cui casa venni accerchiato a Senorbì? S’inscrisse al fascio. E il fratello aviatore? Anch’egli si inscrisse al fascio. Persino il più giovane, lo studente, finì nel fascismo. (…) Ricorda il lettore gli amici che in una stazione attendevano con ansia il mio passaggio, mentre io rientravo a Cagliari, alla vigilia di Natale? Fra loro, due spiccavano per grande coraggio. Erano due repubblicani intransigenti. Entrambi passarono al fascio e furono anzi i costruttori di quel fascismo che prese il nome di «fascismo della seconda ora»
“Nel mio studio, era un compagno di Università. Era stato anche mio compagno di guerra. Era conte, conte Cao di San Marco, ma repubblicano e democratico, non ostentava il blasone. Il generale [Gandolfo] lo conquistò facilmente. Passò al fascio. Anch’egli diventerà deputato e s’affretterà a mettere in mostra le armi ancestrali”.
“Io ruppi i rapporti con tutti i amici diventati fascisti”
Questi brani sono tratti da “Marcia su Roma e dintorni”, scritto da Emilio Lussu nel 1931. Rileggendoli a distanza di novant’anni mostrano come certe caratteristiche, per così dire trasformiste, degli italiani non siano cambiate. Sono, forse, peggiorate.
Ora, si deve solo ringraziare che Mario Draghi non è nemmeno lontanamente avvicinabile a un Benito Mussolini e soprattutto che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella svolge al meglio il suo ruolo di difensore della Costituzione e che la sua rettitudine è quanto di più remoto dal carattere (per modo di dire) di Vittorio Emanuele III.
Perché certi comportamenti, certe giravolte a cui si è assistito nei giorni scorsi creano sgomento.
E qui non si fa riferimento solo alla classe politica nel suo complesso, perché tutti oramai sanno quello che è, ma soprattutto all’atteggiamento del sistema mediatico e giornalistico.
Cioè quel “quarto potere”, il cane da guardia dei cittadini nei confronti del potere politico, che più che avere le sembianze di un rassicurante pastore tedesco, assomiglia più a quei cagnoloni che alla vista di un ladro scodinzolano per avere due carezze e il cancello aperto per uscire a fare una passeggiata.
Ah, a proposito di cani.
Nel mondo giornalistico esistono “polpette avvelenate”, notizie passate al cronista come veritiere, che creano scandalo o colpiscono qualcuno ma che poi si rivelano false. Oggi i cronisti non hanno certo questo problema. Ecco perché forse preferiscono parlare di pasticcini.
Chissà, tutto questo interesse morboso per ogni aspetto della vita del presidente del Consiglio forse deriva dalla sua grande passione per i giornali.
Leggendo questo post si desume che le virtù di Mario Draghi sfiorano quelle di un santo, visto che riesce a comprare in edicola un quotidiano — l’Herald Tribune — che non si stampa più dal 2013.
A parte gli scherzi e le facili battute, sgomberiamo il campo da facili fraintendimenti: questo non è un pezzo contro Mario Draghi, a cui vanno i più sinceri auguri di buon lavoro, visto la gravosità dei problemi che dovrà affrontare e, si spera, risolvere.
Questo vuole semmai essere una breve rassegna di come il giornalismo sia cambiato e assomigli sempre più al popolo e alla classe politica italiana. Altro che cane da guardia.
Un giornalismo prono non fa nemmeno il favore delle persone che incensa: perché le persone serie hanno bisogno di capire, vogliono analisi acute. Sono disposte anche a ricevere critiche, perché sanno che senza critiche non si può ampliare la visione sui problemi, non si possono cogliere aspetti e implicazioni su cui magari prima non si era posta la giusta attenzione.
Perché se la politica e i politici che abbiamo non sono all’altezza, è causa anche (soprattutto?) di un giornalismo troppo spesso inadeguato, sciatto, senza una cultura adeguata alla comprensione delle sfide della società attuale.
E però nei confronti di Conte i cosiddetti “cani da guardia” erano sempre pronti a ringhiare e mostrare i denti. Ristoranti chiusi? Colpa di Conte. Il Covid? Colpa di Conte. Le scuole chiuse? Colpa di Conte.Dimnuiscono i parlamentari tramite referndum? Conte attenta alla democrazia. I 209 miliardi del Rexovery Plan? Ottenuti nonostante Conte.
Conte, quel miserrimo misconosciuto sino all’altro ieri, financo incensurato, come ha potuto avere l’ardire di ergersi fino alla “cadrega” di Primo Ministro?
Per fortuna adesso arriva Draghi, e i cani possono tornare a scodinzolare mansueti.
C’est l’Italie, c’est dommage.