E’ un viaggio nell’oscurità più ancestrale “Ohr”, l’ultima creatura del duo sardo Hermetic Brotherhood of Lux-or pubblicato lo scorso novembre, a quattro anni dal lavoro precedente “Sex and dead cities”. Un’oscurità avvolgente da cui non si scorge almeno in apparenza alcuna via d’uscita, cupa, ossessiva, quasi palpabile. Eppure all’ascolto delle sette tracce di “Ohr”, sette “emanazioni sonore come sette sephirot”, il viaggio sinistro arriva così in profondità da raggiungere una sorgente primigenia di luce che rischiara tutto: la discesa nell’abisso, infine, non può che portare ancora una volta alla vita.
Il nuovo lavoro di HBOF, creato da Laura Dem e Mirko Santoru aka MSMiroslaw di Macomer, cittadina del centro Sardegna, per l’etichetta Trasposonic, conferma ancora una volta la straordinaria potenza espressiva della band che si muove con grazia e sapienza tra noise, industrial e dark ambient arricchiti da una forte connotazione identitaria che attinge ai suoni e ai canti tradizionali dell’Isola (e all’immaginario: in copertina il segno del capovolto, misterioso graffito che vediamo in una parete della necropoli preistorica Sas Concas di Oniferi, in provincia di Nuoro) e contaminato da suggestioni orientali e nordiche.
La parola “Ohr” di origine semitica è “ciò che getta luce nell’oscurità e porta alla realizzazione del sé – scrivono HBOF nella presentazione del disco – e Il suono or/ir/er/ur, comune in tutta la Sardegna, si moltiplica nei toponomi del Marghine rimandando alla sacralità del luogo”. Una luce che è sinonimo di vitalità in tutti i suoi aspetti, capace di rigenerare quanto credevamo perduto. Così come la sorgente luminosa può rischiarare il buio, allo stesso modo da due crani equini, uno femminile e uno maschile, abilmente trasformati in strumenti musicali a corda, i due musicisti riescono a creare un’armonia sonora che si accompagna ai synths, ai bassi e ai campionamenti che il duo mescola dal principio del disco, aperto dalla monumentale “Cuius vulturis hoc erit cadaver?” (“di quale avvoltoio sarà preda questo cadavere?; nel brano iniziale si possono inoltre ascoltare i versi dell’avvoltoio sardo nella lotta tra giovani e adulti registrati in un carnaio di ripopolamento sull’altipiano di Campeda, nel centro nord della Sardegna. La morte e la rinascita, le due antitesi della nostra stessa esistenza, non sono mai state così vicine.