L’arte di Costantino Nivola nasce sotto il segno della Preistoria della Sardegna. Un artista che nonostante una vita lontana dall’isola e il successo internazionale ha da sempre voluto sottolineare la sua provenienza e il legame profondo con la terra di origine, in particolare con Orani, paese natio, tanto da influenzare indissolubilmente la sua evoluzione creativa e numerose opere tra le più importanti al mondo, considerate estremamente moderne e innovative ma dall’anima primordiale.
‘Sulle spalle dei Giganti’, la mostra che dal 30 novembre al 23 marzo è visitabile al Museo Nivola di Orani e al Museo Civico G. Marongiu di Cabras, ci parla di questo legame. Nata dalla collaborazione tra la Fondazione Nivola e la Fondazione Mont’e Prama ‘Sulle spalle dei Giganti’ esplora per la prima volta la relazione esistente tra l’arte di Costantino Nivola e la preistoria della Sardegna.
All’interno dell’esposizione, lungo un percorso affascinante, si possono osservare fondamentali lavori dell’artista, reperti originali, fotografie e installazioni multimediali, tutti raccontati attraverso le fonti che lo hanno ispirato: progetti e opere contemporanee vengono esposte accanto a reperti storici dell’architettura eneolitica e nuragica come bronzetti, ceramiche, menhir, e gli stessi Giganti di Mont’e Prama, grazie a una serie di prestiti provenienti da collezioni pubbliche e private italiane e internazionali e al lavoro di un team di esperti e collaboratori dell’artista come lo statunitense Carl Stein, la storica dell’arte e curatrice Giuliana Altea insieme ad Antonella Camarda, Luca Cheri e l’archeologa Anna Depalmas.
Dalla prima sezione, in cui Nivola racconta il suo personale mito dell’origine attraverso una serie di opere – tra cui spicca il trittico in bronzo degli anni Sessanta – che rimandano a Gea e Urano, la coppia divina primigenia, si passa all’età dei primi graffiti, che ancora oggi possiamo ammirare nelle domus de janas e che costituiscono per Nivola una continua fonte d’ispirazione, sino a giungere ai graffiti su intonaco fresco che a partire dalla metà degli anni Cinquanta diventeranno una delle sue tecniche favorite per le decorazioni pubbliche, come la chiesa di Sa Itria a Orani o il playground delle Wise Towers a Manhattan.
Il confronto fra alcune ceramiche del V- IV millennio a.C. e i piatti che Nivola ha realizzato con il ceramista Luigi Nioi nel 1980 ci porta nella seconda sezione della mostra dedicata ai menhir, i quali dovettero colpire particolarmente Nivola, tanto da citarli anche nei primi sandcast degli anni Cinquanta e presenti nel progetto di Piazza Satta a Nuoro.
Ma è la Grande Madre a dominare il cuore della mostra, protagonista della statuaria Neolitica ed Eneolitica e tema centrale nell’immaginario di Nivola: le figure femminili dell’artista conservano il fascino ambivalente delle loro antenate preistoriche.
L’esposizione prosegue quindi con parallelismi tra pozzi sacri e l’arte di Nivola, che ne riprende alcuni dettagli ed elementi strutturali: le fontane svolgevano per Nivola un ruolo importante, e in alcune delle sue opere amava contrapporre l’abbondanza e gli sprechi d’acqua negli Stati Uniti con la carenza d’acqua in Sardegna, che la rendeva preziosa e desiderata. Ne sono un esempio le decorazioni dei college Morse e Stiles all’Università di Yale, e quella della Wise Towers a New York.
La sezione dedicata al Costruttore, figura quasi mitica con cui Nivola si identificava, sia come figlio di muratore che come erede dei lontani costruttori di Nuraghi, chiude la mostra ad Orani con la serie di Building Blocks, sculture e monumenti pensati come spazi da vivere che si rifanno ai muri nuragici. La mostra quindi prosegue in parallelo al Museo Giovanni Marongiu di Cabras, dove i Giganti di Mont’e Prama vengono messi a confronto con le figure del tempo dei Nuraghi considerate mitiche per Nivola: pastori, guerrieri, artigiani che per egli continuavano a ad aggirarsi sulla terra, suscitando continuamente notevole ispirazione.
Formatosi come grafico e designer di allestimenti a Monza e Milano, Nivola approdò alla scultura negli anni Cinquanta.
Dopo la seconda guerra mondiale, in un clima culturale internazionale che dopo le distruzioni della guerra guardava alla Preistoria come una fonte di possibile rinnovamento della civiltà, Nivola riscoprirà la Sardegna e il suo straordinario patrimonio archeologico, ponendolo alla base della propria arte.
Fu così sul finire degli anni Quaranta Costantino Nivola tornò in Sardegna dopo essersi oramai affermato a livello internazionale. Di nuovo a New York scoprì la scultura. Risalgono a quegli anni le prime sculture di gesso e cemento realizzate con matrici di sabbia, i cosiddetti sandcast, che fondono elementi di surrealismo col folklore della Sardegna, rifacendosi spesso alle statuine femminili di epoca neolitica ed eneolitica come la Venere di Senorbì e la Dea Madre di Porto Ferro.
Tornò quindi in Sardegna e nel 1952 il suo interesse per la Preistoria, che in lui evocava un’idea positiva di spiritualità e legami comunitari in contrasto col materialismo e l’individualismo moderni, raggiunse l’apice: egli eseguì centinaia di scatti in tutta l’isola sino a tracciare un itinerario personale e giungere quindi a Barumini, durante una delle campagne di scavo previste per Su Nuraxi.
Dall’incontro con l’archeologia sarda e dalla conoscenza con Giovanni Lilliu l’artista oranese ne trae indubbiamente notevole carica ispirazionale sino a tratteggiare una linea artistica coerente, ricostruita per l’appunto all’interno della mostra, che riprende i suoi itinerari personali strettamente connessi alla storia degli scavi.
Da questo momento in poi Nivola si sentirà l’erede spirituale dell’antica ‘zenia’ dei costruttori di Nuraghi e di artigiani di bronzetti, consegnando alla stampa e alla critica un’immagine di sé fortemente legata al richiamo del passato primordiale della Sardegna: un esempio tra tutti è stata la conversione di un lussuoso negozio sulla Fifth Avenue di New York in un grande rilievo per lo Showroom Olivetti, una sorta di caverna popolata da figure mitiche, ricca di riferimenti alle civiltà prenuragiche e nuragica della Sardegna.
Un artista, Nivola, che non dimenticò mai le sue origini e anche quando i suoi lavori vennero riconosciuti come opere d’arte contemporanee in tutto il globo egli continuava a parlare di sè come il “Costantino Nivola, scultore, muratore, manovale” e a manifestare notevole interesse per la cultura sarda e per la sua storia millenaria, come dimostra un suo scritto inedito pubblicato dalla Casa Editrice Ilisso e che riportiamo di seguito.
‘Al museo nazionale di Cagliari si possono contare 48 sculture in bronzo che sono a mio parere opera di un solo scultore. Per la loro coerenza stilistica, la chiarezza del vocabolario plastico insieme all’unicità e intensità dell’esperienza, queste statuine di animali, di pastori, di guerrieri e di artigiani, si distinguono nettamente dalle altre opere esposte al museo, di provenienza straniera, e rendono ovvia l’ipotesi che questo artista eccezionale fosse di origine locale. In tutta l’isola sarda pare che sono stati contati settemila nuraghi. Anche in questo caso il passaggio dalle costruzioni della capanna a pianta circolare coperta di frasche, comune ad altre tribù Neolitiche in tutto il Mediterraneo, è sorprendente e denota un atto creativo e geniale di un grande architetto. Una volta tanto, permettiamo alla fantasia di ricostruire le vicende che possono aver contribuito alla realizzazione delle opere di questi due geni, un fenomeno unico che non si è più ripetuto in Sardegna da tremila anni e che costituisce la cosiddetta Civiltà Nuragica. Nuraghe e Brunzittu erano nati nella stessa tribù. Nuraghe, un ragazzo fragile e timido, era figlio unico del capo tribù. Brunzittu, al contrario, era vivace e coraggioso, uno dei tanti figli di un artigiano muratore. La maggior parte dei componenti della tribù, compreso il capo, erano abili costruttori di capanne a secco. La reputazione di questi costruttori era conosciuta e il loro servizio era richiesto anche alle tribù circostanti. Più che i pascoli verdi, in questa comunità chiamata Predera abbondavano le pietre. E’ naturale che i giochi di Brunzittu e Nuraghe consistessero nel fare costruzioni in miniatura a imitazione dei loro padri’.
(Gli dei del coraggio e i monumenti della paura, Manoscritto Inedito, anni ’80. Costantino Nivola. Ilisso, Archivio delle arti applicate)
Foto credits Natascia Talloru