A volte è necessario rispondere ad una domanda con un’altra domanda.
È quello che è capitato al quesito “Cosa rimane?”, opera iniziale del progetto di “Storie di Manifattura” a cura di Impatto Teatro in collaborazione con Sardegna ricerche, giunto alla sua terza edizione e che trova il suo epilogo nell’opera “Cosa ne sarà? Da Manifattura a Fabbrica della creatività”.
Nella serata finale lo scorso 13 novembre il progetto triennale, iniziato e conclusosi con la regia di Karim Galici, mantiene le premesse dell’esordio con obiettivo di restituire un luogo storico alla città e ai cittadini, l’Ex Manifattura tabacchi di Cagliari.
Per chi avesse avuto la fortuna di seguire il progetto fin dall’inizio (qui il nostro racconto) si possono notare alcune varianti che portano a pensare a maggiori riflessioni, con il costante intento di evidenziare una parte significativa della storia della città. Non solo importante centro economico nel cuore di una Cagliari di fine Ottocento, la Manifattura Tabacchi, in attività fino alla sua chiusura definitiva nel 2001, è stata oltre che luogo di trasformazione del tabacco in prodotto da monopolio di Stato, anche sede di lotte sociali e anticamera del femminismo, nel più semplice concetto di emancipazione femminile.
E così che le storie delle reali Bonarina, Ausilia & c., sigaraie durante il periodo di attività della fabbrica, in quanto mogli, madri, capi famiglia, donne con ambizione di rivalsa e autonomia o semplicemente con dedizione per la famiglia e vocazione al sacrificio, accompagnano gli spettatori nelle ambientazioni ricreate con alcune contaminazioni.
Diversi, infatti, gli elementi a corredo della performance itinerante site specific: foto d’epoca vengono inserite in installazioni e rappresentazioni contemporanee, e l’obiettivo di “coniugare realtà e finzione, passato e presente per raccontare ciò che è stato e disegnare il futuro della Manifattura. …restituire la vocazione di un luogo altamente identitario, ma ancora troppo poco conosciuto, la cui storia ci offre un raro spaccato di emancipazione femminile ante litteram” secondo quanto spiegato dallo stesso Galici, è subito raggiunto.
Il pubblico itinerante tra le mura dell’edificio non nasconde entusiasmo, curiosità, commozione, sorpresa, partecipazione senza remore. Viene confermato il successo riscontrato fin dalla prima edizione, partita a celebrare il ventennio dalla chiusura dell’attività e inframmezzato da laboratori e workshop che hanno coinvolto attivamente sia gli studenti del liceo artistico ‘Foiso Fois’ di Cagliari, sia i vincitori under 35 del contest MarteLive Europe.
Le guide d’eccezione, come l’ex dipendente Beppe Martini che interpreta l’infermiere, o la sigaraia Ausilia interpretata da Adriana Monteverde, rendono il coinvolgimento totale e lo spettatore sicuramente ricorderà la voce accogliente prima dell’apertura dei cancelli, l’aura di mistero evocata dalle mura prima di andarsi ad imbattere tra culle e lanterne, la scoperta di un mondo con le sue regole e consuetudini, le piccole e allo stesso tempo grandi storie che si sono succedute in un arco temporale di centocinquant’anni. Non una semplice rappresentazione, ma un’esperienza sensoriale dove suoni, rumori, odori e profumi diventano interpreti tanto quanto le persone.
Il quesito rimane aperto: cosa ne sarà di questo luogo ricco di storia, sorto in parte sui resti di un vecchio convento di frati minori, distrutto dagli spagnoli ai primi del Settecento, le cui mura profumano ancora di tabacco e che ha scelto l’arte come strumento di contemporaneità?
foto di Agostina Urpi.