Dopo le provanti sfide del passaggio dalla carta stampata al web e successivamente dai media digitali ai social come fonte di informazione, il giornalismo ha conosciuto battute d’arresto, impennate, cambiamenti epocali e infine una quantità di stimoli e problemi da affrontare e con in quali confrontarsi per poter garantire equità e professionalità. Oggi una nuova realtà sta suscitando un dibattito destinato ad infuocarsi sempre di più e ad accogliere sempre più opinioni, coinvolgendo competenze diverse che spaziano dal giornalismo alla fotografia, passando per arte e grafica: l’intelligenza artificiale.
Chat GPT, “generatore pre addestrato trasformatore”, è ampiamente utilizzato nelle redazioni dei giornali esteri, ad esempio per le brevi di argomento business e finanza, in Italia meno. Si tratta di un software, alimentato da persone fisiche, con contenuti vari che spaziano dai libri ai siti web e caricati sul sistema. Il software, in base a questa disponibilità di elementi, è in grado di rispondere alle domande dell’utente in modo coerente.
Se ne è parlato nel corso di aggiornamento professionale organizzato da Giuseppe Murru, consigliere cagliaritano dell’Ordine nazionale dei Giornalisti mercoledì scorso nella sede del quotidiano L’Unione Sarda a Cagliari. Il presidente dell’Ordine regionale Francesco Birocchi ha introdotto il tema non nascondendo una certa preoccupazione per il futuro e per le tante implicazioni che l’utilizzo dell’intelligenza artificiale comporta. Con lui a discutere Dario D’Elia, giornalista di Wired Italia, Francesca Ervas, docente di Filosofia del linguaggio all’Università degli Studi di Cagliari, Francesco Paolo Micozzi, avvocato esperto in diritto dell’informazione e degli aspetti giuridici relativi alle nuove tecnologie e alle libertà digitali.
La sala è stracolma, segno che l’argomento suscita un interesse forte e sentito da tutta la categoria.
Le applicazioni di questa straordinaria invenzione hanno sicuramente dei risvolti positivi, come la rapidità di produrre testi e di tradurli in modo corretto in tante lingue, ma esiste il rovescio della medaglia. In questo caso la problematica più urgente pare la mancata possibilità di verificare le fonti e quindi la proposta di informazioni non controllabili dal giornalista. Esistono poi altri aspetti che possono rivelarsi pericolosi come la fase stessa di caricamento dei contenuti nel software, che risente, ovviamente, della cultura, sensibilità, intenzioni e contesto di appartenenza della persona che ha eseguito l’operazione di data entry.
Entrano poi in gioco questioni legate al copyright che ancora presentano variabili significative da un paese all’altro oltre che, naturalmente, la loro applicazione secondo il diritto internazionale. A complicare ulteriormente il tutto il dubbio silenzioso che il mestiere del giornalista, del comunicatore, di chiunque produca un testo originale, possa divenire obsoleto fino alla completa estinzione.
Allo stato attuale l’intelligenza artificiale presenta ancora caratteristiche non raffinate al punto di sostituire completamente l’essere umano nella realizzazione di un contenuto originale, ma nel futuro la tecnologia sarà implementata e migliorata, al punto che probabilmente editori, media digitali, piattaforme di informazione dovranno seriamente confrontarsi con i giuristi per trovare un accordo che tuteli il lavoro e l’ingegno.
Certamente non si può arginare la corsa verso il progresso ed è nostra opinione che anche questa nuova sfida vada affrontata con rispetto, consapevolezza e con tutti gli strumenti garantiti da deontologia ed etica. Cultura, creatività e dialogo tra le parti coinvolte, certamente ci aiuteranno a svolgere il nostro lavoro con dignità e curiosità, promuovendo pluralità di voci e affidabilità delle notizie, indipendentemente dall’evoluzione delle nuove tecnologie.
Contributo fotografico di Giuseppe Murru e Emanuela Manca