Ci lasciano a distanza di quattro giorni l’uno dall’altra, Eric Carle il 23 maggio in Massachusetts a 91 anni e Carla Fracci il 27 maggio in Italia all’età di 84.
Lui scrittore e illustratore di libri per bambini, lei danzatrice classica.
Siamo di fronte alla grandezza. Ma non è la grandezza ad accomunare Carle e Fracci, troppo semplice.
Ciò che mette in comune due artisti così evoluti e personali è il lavoro che ognuno ha fatto con le proprie doti, che costituiscono un punto di partenza nella vita ma che entrambi hanno decuplicato nutrendo la dote con la giusta dose di talento, ovvero la tensione originaria alla cura delle proprie spiccate capacità.
Tuttavia, non basta avere delle spiccate capacità, esse ci segnalano una possibile via di realizzazione. Poi deve arrivare lo studio costante, la pratica anch’essa costante. Ogni giorno per ogni giorno. È così che un talento si esprime.
Ed a questo si aggiunge la riflessione, il pensiero critico, i criteri per fare in maniera coerente, affinché la propria opera, sia essa la perfetta esecuzione dei passi di Giselle nella contemporanea interpretazione drammatica o romantica del personaggio o siano le centinaia di pezzi di carta per illustrare storie stupende, dal profondo valore pedagogico, non solo per bambini.
Carle usava comporre le sue illustrazioni con la tecnica del collage, spesso colorando lui stesso la carta che poi ritagliava o strappava sapientemente per ottenere effetti smerlati, forse per questo ancora più carichi di vibrante espressività. E sempre lui, come appena detto, colorava la carta perché in tal modo avrebbe avuto esattamente un certo colore, con quelle precise striature, sfumature, scintillanze.
La Fracci usava comporre i suoi personaggi con la cura e lo studio preciso di un fine e raffinato cesellatore. Il passo era quello, andava fatto in quel modo, stop. Non è rigidità, è consapevolezza, del proprio corpo, della propria arte, della personale capacità espressiva. Non si prende dal mucchio alla rinfusa quando si sa da dove si parte e dove si vuole arrivare.
Carle frequenta la prestigiosa Akademie der bildenden Kùnste a Stoccarda. I genitori avevano trasferito la famiglia in Germania quando Eric aveva sei anni. Il suo sogno era quello di tornare ai luoghi dell’infanzia, per questo dopo la laurea, con pochi dollari in tasca, parte per tornare negli Stati Uniti.
L’amore per il proprio luogo d’origine lo accomuna alla Fracci che pur esibendosi nei più importanti teatri del mondo, torna sempre a Milano e in Italia, per andare a danzare anche in piccoli centri. Piccolo è ciò che li accomuna, come se la grandezza dei due si componesse proprio di tanti piccoli, piccole delicatezze, considerare i posti piccoli dove non arriva quasi nulla, come nel caso della Fracci, e considerare i piccoli, ai quali Carle dedica la sua intera produzione.
Il talento, l’attenzione al dettaglio li ha portati a guardare anche le cose piccole, ad averne cura. Rudolf Nureyev non capiva come potesse la Fracci passare da New York a Budrio quasi senza soluzione di continuità, dopo una favolosa esibizione e un lungo viaggio, quando avrebbe meritato riposarsi. La grandezza lei l’ha messa anche nel piccolo spazio tra le recluse di San Vittore. E Carle l’ha messa nel suo lavoro fatto di doni delicati al mondo dei piccoli e alle loro famiglie oltre che alla scuola.
Il ‘Piccolo Bruco Maisazio’ sembra essere proprio Carle, che lavora indefesso, che si ciba di bellezza e che trasforma tutto questo in una maestosa farfalla. Questo libro occupa uno spazio nella casa di 38 milioni di persone e altri 127 milioni hanno una copia di uno tra gli oltre 60 libri da lui illustrati.
E leggiadra come una farfalla, a tratti diafana, caratterizzata dalla scelta del bianco, come se fosse la sintesi dei colori di Carle, la Fracci si è librata sui palchi di tutto il mondo, portando col suo volo elegante la bellezza di cui tanto il mondo ha bisogno.