Cuore fisico e cuore magnetico.
Oggi iniziamo così.
Entrambi svolgono la funzione di attrarre e respingere.
Il cuore fisico è l’organo del nostro corpo senza il quale siamo letteralmente spacciati. Mentre con la morte cerebrale possiamo ancora dire di essere in vita, se il cuore smette di battere è davvero finita.
Eppure nella società moderna si dà molta più importanza alla ragione, collegata alle funzioni della cognizione, della memoria e localizzate in precise aree del cervello, mentre non gode della stessa considerazione il cuore, men che meno quello che esso rappresenta anche da un punto di vista magnetico e con questo mi riferisco alla funzione invisibile dell’organo visibile, ovvero il centro del loto dai dodici petali.
Scrivo cose astruse?
Forse no; si tratta di un centro spirituale nel nostro corpo, o accanto ad esso, o meglio compenetrato.
Il cuore fisico è il corrispettivo tangibile del cuore spirituale.
Come la luce della lampadina che è ciò che vediamo dell’energia elettrica che la attraversa, anche se non sappiamo come sia né dove quest’ultima si trovi esattamente.
Oppure pensate ai pensieri: dove sono?
Non li vediamo ma esistono, e la produzione di certi neurotrasmettitori nel nostro cervello sono la parte osservabile al livello biochimico del pensiero.
Il cuore fisico ha un suo centro invisibile che le tradizioni sapienziali orientali ci descrivono nel termine del chakra Anahata.
Chakra è il termine sanscrito per vortice e Anahata è il nome del vortice del cuore, del loto del cuore. Loto è non solo il bellissimo fiore ma anche il modo in cui vengono spesso rappresentati i chakra, variando l’uno dall’altro anche in base al numero dei petali.
Però sapete, per un occidentale queste parole, questi concetti sono distanti, a volte ci fanno sembrare dei cretini che vogliono appropriarsi di un’antica conoscenza esoterica e sapienziale che ci fa apparire come dei fricchettoni il cui motto è “l’amore vince, l’odio perde”.
Pertanto io per prima preferisco parlarne con parole mie.
Esiste una controparte invisibile a quella fisica?
Supponiamo di sì.
Mi sono fatta questa immagine: giacché il cuore invisibile è definito come magnetico, immaginiamo un magnete con dodici punte, (i dodici petali del loto del cuore) dove ognuna presiede a una funzione diversa. Su ogni petalo è incisa una consonante in sanscrito, (così è rappresentato nella tradizione vedica e tibetana), per l’esattezza si tratta delle prime dodici consonanti sanscrite che traslitterate nella nostra lingua corrispondono a K, B, C, G, al numero 4, F, al verbo essere, J, Jh, J. e T.
E siccome questa rubrica riguarda l’alfabeto interno, provo a immaginare che quelle lettere siano le inziali di Kabbalah, bacio, coraggio, giustizia, il quattro potrebbe essere il numero della materia, f come fioritura, il verbo essere di esistere, J come Jeshua, Jh come Jhavè e la t come temperanza. La J col punto alla fine, la vediamo alla fine, per l’appunto.
Per ognuna di queste immaginazioni ci sarebbe da scrivere un articolo a parte, invece ve le racconto in una sorta di flusso, ma così come può esistere questa mia fantasia, ne potreste ideare altrettante. Ciò che la rende credibile al mio pensiero è che è giocata su bipolarità e apparenti dicotomie che funzionano. Dunque: la parola kabbalah ci riporta a cablaggio, alla connessione che nella vita si stabilisce tra le nostre esperienze in cui doniamo e quando riceviamo, come il bacio che mentre lo ricevi lo stai anche dando, come il coraggio che quando lo metti in moto trascina anche gli insicuri, come la giustizia che soppesa sulla bilancia di ciò che è concesso e quanto è proibito, nella materia come nello spirito, come la fioritura che riempie di profumo e annuncia il frutto e dando il frutto si assicura la continuità nella morte stessa del frutto, come è nella vita, lo scambio osmotico di elementi che entrano ed escono e si aspettano per sfiorarsi anche solo per un attimo ed è nel contatto che si sente di esistere. E poi Jeshua che ci ha insegnato il dovere del cuore che è quello di amare, di amare Jhavè, se questo è davvero il nome del creatore, creatore di sé nella giusta mescolanza, la temperanza, fatta di creare e crearsi. E poi c’è la J col punto alla fine perché prima del creatore e dopo di esso non c’è nulla e quindi il punto dopo la J mi suggerisce origine e fine. Ma se non siete creazionisti, possiamo anche parlare del caos che si riorganizza in forme più o meno intelligenti di vita. Dall’indistinto alla forma.
Una serie di coppie, di uguale e contrario e come succede nel cuore fisico, qualcosa entra e qualcosa esce.
All’inizio ho accennato alla funzione attrattiva e respingente proprio perché il cuore fisico risucchia e respinge il sangue, per tutto il giorno, in tutti i giorni della nostra vita, lo prende e lo manda, lo riceve e lo invia.
Così è per il magnete del cuore. A seconda di come è polarizzato un magnete, esso attrae o respinge e non è male o bene, è solo semplicemente così.
Un cuore che lavora giustamente attrae per risonanza e respinge per ripulsa.
Resta da capire cosa il nostro cuore attragga e respinga.
Dipende da come lo abbiamo polarizzato.
Non esiste fortuna o dannazione che non sia dapprima stata generata nel nostro cuore.
E il cuore fisico sta bene o male in base a come è polarizzato il suo magnete trasparente.
Le persone magnetiche sono quelle che hanno un cuore polarizzato, nel male o nel bene.
E noi ne siamo attratte nel senso della risonanza o respinte dal verso della ripulsa.
La doppia funzione attrattiva e repulsiva è una salvaguardia o una dannazione, ma comunque noi saremo sempre sospinti verso una esperienza per il tramite di una risonanza con essa e respinti da altre per il tramite della ripulsa.
Ciò che conta è la polarizzazione del nostro cuore, se esso è polarizzato nella luce verrà attratto dalla luce e respingerà le tenebre. Se è polarizzato nelle tenebre, da esse sarà attratto e respingerà la luce. Aspira una cosa, ne respinge un’altra.
È importante iniziare a capirlo, così forse smetteremmo di vivere pensando di essere troppo fortunati o sfortunati, quando tutto questo dipende da come abbiamo caricato il nostro cuore.
(Foto di Tim Mossholder)