Non c’è forma d’arte che nel tempo non abbia rivolto lo sguardo alla figura di Don Giovanni, mito antico e moderno, ben radicata nel nostro immaginario, nel nostro inconscio collettivo. Opere liriche, drammi, romanzi, racconti, poemi, film, teatro e danza hanno esplorato il personaggio del celebre seduttore libertino, cavaliere notturno e impavido dal “prendere e subito lasciare”. All’ingannatore di Siviglia, insaziabile infedele che non sosta un attimo in un luogo o in un altro, preferendo invece accelerare fino in fondo il ritmo e la velocità della vita (per il filosofo ottocentesco Kierkegaard, la sua vera conquista rimane però la cattura del Femminile, dell’universale altro), la Fondazione Nazionale della Danza/Aterballetto, ha dedicato l’ultima produzione “Don Juan”, che dopo lo spettacolo di giovedì a Sassari sarà a Cagliari, al Teatro Massimo, per un doppio appuntamento sabato alle 20.30 e domenica alle 19 per la chiusura della stagione “La grande danza” allestita da CeDAC.
Un viaggio di 90 minuti affidato a 16 ottimi interpreti, pensato dal coreografo svedese Johan Inger (allievo di Mats Ek e Jiri Kylian) che, insieme al drammaturgo Gregor Acuna-Pohl, si è immerso in una moltitudine di testi dedicati al mito di Don Giovanni, irresistibile corteggiatore. “I testi presi in considerazione sono stati 25, partendo da quello di Tirso de Molina del 1616 – racconta Sveva Berti, una vita nell’Aterballetto, prima come danzatrice sotto la guida di Amedeo Amodio, poi maitre de ballet, e ora nel ruolo apicale di direttrice di compagnia: “E’ un lavoro che per varie vicissitudini legate al Covid ha avuto stop e ripartenze. Abbiamo iniziato a crearlo nel 2019, dopo ci siamo dovuti fermare, per riprenderlo nel giugno del 2020 e debuttare nell’ottobre dello stesso anno”.
La novità più importante, prosegue Berti, “è l’inserimento della figura della madre al posto di quella del Commendatore. Inger ha voluto dare una lettura psicoanalitica. Ha voluto indagare sul perché il protagonista ha un’anima travagliata. Probabilmente in ogni donna ricerca inconsciamente l’abbraccio, il calore della madre, una madre che lo ha abbandonato. Lo spettacolo inizia proprio con il momento dell’allontanamento”.
La pièce restituisce la scena di uno stupro, fatto drammaticamente d’attualità: “Per Don Giovanni le donne rappresentano lo strumento del piacere, che sia concesso o preso con la forza, non fa differenza. Nella nostra pièce ci sono cinque incontri, e hanno tutti una impostazione diversa. C’è quello con una giovinetta, che per un attimo gli fa desiderare l’idea di mettere su famiglia. Poi quello in cui si traveste da Don Ottavio, e altri ancora”.
Tra i testi presi in considerazione da Inger, figura anche la rilettura femminista di Suzanne Lilar: “Dove Don Giovanni viene dipinto come una sorta di giocattolo nelle mani delle donne, quasi fosse una vittima, e a ben vedere, lo è, dato che non è un personaggio vincente”. Contrariamente al passato, nella storia recente dell’Aterballetto i titoli narrativi sono pochissimi: “Sotto la direzione di Amodio erano certamente molti di più, anche perché la compagnia aveva una forte impronta classica dove si lavorava sulle punte. Con gli ultimi cambi di direzione, si è privilegiato l’aspetto contemporaneo”.
Riguardo il sodalizio con il coreografo svedese, si tratta ormai di una collaborazione consolidata: “Ha iniziato a lavorare con l’Ater nel 2012, con una creazione pensata però per un’altra compagnia. Nel 2016 ha invece ideato per noi un pezzo astratto intitolato ‘Bliss’, su musiche di Keith Jarrett. In Don Giovanni ha lavorato molto sull’aspetto teatrale. Per i danzatori non è stato semplice, perché i nostri ragazzi non sono granché abituati ai titoli narrativi, a interpretare ruoli ben precisi. Per l’interprete di Don Juan è stata una novità assoluta. Con l’aiuto del drammaturgo, le figure sono state costruite su misura, in base alle peculiarità dei singoli. Nella pièce ci sono molti duetti, ma che a ogni modo non fanno mai perdere di vista il carattere di ogni personaggio”.
Dallo scorso ottobre, l’Aterballetto è diventato Centro coreografico nazionale: “Un riconoscimento molto importante non solo per la nostra compagnia ma penso per tutto il Paese. E’ il primo in tutta Italia. All’interno del Centro svilupperemo tanti progetti. Qualcuno è già stato fatto, come quello creato ad hoc per gli anziani, che si affianca ad altri incentrati sulla disabilità o sui bambini”. Tra i progetti futuri c’è “Uno spettacolo coreografato dallo spagnolo Marcos Morau che debutterà nel 2024”.
Le foto sono di Viola Berlanda per Aterballetto