È totalmente fuori moda corteggiare. Oh sì, una rarità nel mondo che va così di fretta, nella conseguente superficialità, e dal motto tutto e subito.
È totalmente fuori moda anche prendersi del tempo per conoscere le persone. Oh sì, siamo scaltri, oramai ci basta uno sguardo. La prima impressione, proprio perché non mediata da fattori di ragionamento e razionalità, può regalarci sensazioni di cui dovremmo tenere conto. Prendersi la briga di conoscere qualcuno ci può aiutare a confermare la prima impressione o, a volte capita, ricrederci del tutto.
Di fatto, nell’ovvietà di queste dinamiche, concedersi del tempo per conoscere una persona che ci piace, è ancor più raro. Cosa succede quando ci concediamo del tempo? Possiamo valutare.
Valutare significa tenere in considerazione, attribuire un valore. A nessuno piace essere oggetto di valutazione, ma trovo elegante saper tenere a bada quella tensione del buttarsi a capofitto in una storia.
Mi fa venire in mente delle qualità legate al sapere: dominare i propri istinti, aspettare, osservare, mettere assieme elementi, porre in relazione con sé, rinunciare ad approfittare, salvaguardare la propria energia sessuale e psichica, trascorrere del tempo senza etichette incollate sopra quanto sta succedendo o chi lo sta facendo accadere.
Perché le vedo come delle qualità? Perché mi parlano di una persona che si sa tenere a se stessa, che sa dove vuole arrivare e in che modo, che ha consapevolezza dei suoi bisogni e dei costi che questi bisogni hanno. Ed anche di una persona che non invade, che rispetta i confini naturali dell’altro a cui si appressa con passo gentile e misurato.
Potrebbe anche trattarsi di una persona dannatamente confusa e allora ancor meglio se prende del tempo, così non ci inghiotte in un sol boccone nel suo gorgo di pensieri e paure.
Per questo è necessario fare una distinzione tra tempo per conoscere e tempo per titubare.
È strano, a volte i due tempi sembrano sovrapporsi. In entrambi in casi si attraversano fasi di confusione, ma ciò che caratterizza il prendere del tempo per conoscere è la progressiva chiarificazione e definizione delle reciproche posizioni.
Siamo, invece, davanti a un estenuante titubare quando dopo un ragionevole lasso di tempo ci si crogiola nei dubbi, nelle paure, nelle infinite valutazioni di convenienza per le quali i conti non tornano praticamente mai. Il tempo del titubare diventa cincischiare, rapportarsi alla rinfusa e, con tutta probabilità, iniziare a essere motivo di sofferenza per se stessi e il consultante.
Facciamo ancora un altro distinguo ed è tra valutare per comprendere e valutare per controllare.
La valutazione che tiene conto del complesso delle qualità e lacune della persona, porta alla definizione di un valore che poi possiamo decidere se ammettere alla nostra corte, sempre che noi stessi si venga ammessi alla corte dell’altro.
La valutazione per controllare è, invece, piuttosto pericolosa perché passa nei sentieri del sospetto, tortuosi percorsi di calcolo per sfruttare al meglio ogni oncia della vita dell’altro o misure di acquisizione di informazioni per essere certi che tutto andrà bene. La valutazione per controllare ha il senso di rassicurarci che non soffriremo più, che saremo garantiti nel nostro benessere che è già minacciato proprio dagli atteggiamenti di controllo.
Il controllo è un’illusione tremenda. Di fatto noi non possiamo controllare nulla, ma possiamo vivere facendo progetti, concedendoci lo slancio vitale di cui i nostri progetti hanno bisogno per partire e arrivare all’obiettivo desiderato. Controllare significa veicolare le energie sull’atto del controllare e trascurare il momento creativo e generativo che si esprime nell’incontro. L’esito è il fallimento, spesso sostanzioso e ci costerà carissimo.
Allora ben venga la valutazione perché voglio conoscere e rapportarmi in maniera consapevole, perché voglio esserci davvero con tutto me stesso. E mandiamo via ciò che in noi vuole valutare per controllare e condurci a dolore e insoddisfazione.
(Foto di Fleur)