Uva, quella della volpe, della volpe e l’uva.
Immaginiamo di essere quel bel grappolo di uva che pende succoso da un tralcio della vigna, abbiamo preso sole, la giusta quantità di acqua, siamo giunti a piena maturazione e abbastanza pronti per essere colti. Da lassù vediamo arrivare la volpe che ci individua, ci sceglie tra altri grappoli, tenta di afferrarci con un morso saltando ripetutamente per raggiungerci.
Ma niente.
Noi siamo lassù, con tutti i nostri acini ciccioni e dolci, e lei è laggiù, sempre più frustrata.
Ad essere onesti avremmo forse potuto protenderci un poco per favorire la volpe, magari sfruttando un colpo di vento che piegasse leggermente il tralcio e smuovesse i viticci dal loro essere così aggrappanti. La volpe è carina e caparbia e ha fame, ci vuole per davvero e il fatto che ci abbia scelto ci lusinga assai. Ed ecco che arriva l’atteso colpo di vento, così riusciamo a fletterci verso di lei quando a un tratto la sentiamo borbottare qualcosa un attimo prima di vederla andare via.
“Non è che tu sia poi così attraente, saporita, matura, anzi a ben guardare sembri proprio acida e se ti mangiassi la mia bocca sarebbe rivestita solo di uno sgradevole sapore e invasa da una spiacevole sensazione”.
A questo punto ci sentiamo feriti.
Un grappolo trionfante di acini che stanno per esplodere nella loro dolcezza e succosità, inizia ad avvizzire.
È così che ci si sente quando non siamo che un grappolo tra molti, quando la nostra posizione di equilibrio viene scambiata per irraggiungibilità, quando le nostre qualità che sembravano perfette vengono svilite pur di non ammettere le inadeguatezze e incapacità che la volpe incontra nel volerci raggiungere.
È pur vero che non siamo per tutti, che quel grappolo magari deve incontrare un’altra bocca di un altro essere vivente, che forse non è quella di una volpe, ma potrebbe essere il becco di un uccello, o dalla mano di un essere umano venir colti e gustati appieno alla fine di un pranzo imbandito in una tavola in festa.
Ciò che resta è che nessuno può sminuire ciò che siamo perché non riesce a comprendere chi siamo, men che meno chi cercava alla rinfusa, un grappolo vale l’altro o, peggio, un cibo vale l’altro. Per la volpe è una posizione di tutto rispetto e noi non l vogliamo cambiare, ma se la volpe fosse quella persona che incrociamo nella nostra vita, che non sceglie con cura ma solo in base a un bisogno transitorio di mera soddisfazione materiale, noi dobbiamo stare dove siamo e guardarci allo specchio, anche quello interiore e, nel riconoscerci, ricordare che ciò che funziona davvero nella vita sono gli incontri vivi e vibranti, in cui si inneschi una intesa che avrà anche le sue convenienze ma le cui convenienze non sono la causa prima dell’incedere l’uno verso l’altro.
È chiaro che gli esseri umani si associano, si avvicinano e stanno assieme anche per ragioni di sopravvivenza, non solo materiale ma anche psichica, ciò nonostante questo dovrebbe essere un effetto che fiorisce da una causa assai più profonda: scegliere ed essere scelti in conseguenza di un incontro sottile, trasparente e sebbene invisibile e impossibile da spiegare a parole, sentito e reale e che generi un’interpolazione tra persone che si trovano incluse in una simile dinamica esistenziale, così virtuosa e carica di energia.
Sembra proprio di descrivere un’utopia, un ideale irraggiungibile, ma non smetto di credere nella bellezza di quelle persone che, anche quando sono sofferenti e in difficoltà, per strani percorsi della vita, sono riuscite a mantenere il cuore morbido e ancora capace, dopotutto, di amare davvero.
(Foto di Jose Alfonso Sierra)