Immaginate un nastro.
Come volete voi. Io ho pensato al nastro della musicassetta.
Immaginate che questo nastro sia impressionabile e quindi reagisca a uno stimolo esterno.
Immaginate ancora che l’impressione sia fatta di informazioni.
Le informazioni impressionano il nastro, cioè il nastro le registra.
All’inizio è vergine, come si diceva un tempo, ora in maniera molto più smart diciamo che è blank, in ogni caso all’inizio è immacolato, poi lentamente si macchia, è letteralmente scritto.
E ora immaginate che quel nastro siate voi e la vostra vita.
Siete nati abbastanza blank e ogni minuto-secondo qualcosa viene scritto sul vostro nastro. Potendo svolgerlo, vi accorgerete dell’incredibile messe di informazioni che vi sono impresse ed anche di quante di esse non siete assolutamente a conoscenza. Non ci sono solo scritte ordinate e beneducate, ma anche macchie scure e minacce, frasi piene di odio e dolore, un po’ mischiate con momenti di amore, tenerezza e poi c’è stanchezza, quel giorno in cui avete avuto la febbre convulsiva, quando siete stai lasciati e anche la sofferenza di quando voi avete lasciato. C’è il giorno in cui avete preso il diploma, la felicità di aver ricevuto in dono un cane o un gatto, anzi no, un coniglietto, e c’è registrato anche quando avete tradito, quando avete tradito voi stessi. Se guardate bene ci sono delle vere e proprie sinfonie incise, parole, canti, bugie, e i gesti.
Nel nastro c’è proprio tutto.
E nel vederlo tutto aperto davanti a voi finalmente prendete coscienza di quanto la vita sia una continua esperienza dove tutto resta agli atti ma non tutto è di vostra conoscenza, perché sopra certe parti se ne sono sovrascritte altre, perché alcune sono fatte di simboli misteriosi o codici che non vi sembra proprio di riuscire a decifrare. Ma tutto è successo e continua a succedersi e molto spesso alcune cose che hanno in qualche modo corrotto il nastro, ritornano a corrompere il presente, perché il nastro si avvolge su se stesso e, come è immaginabile, lo strato successivo ripassa sul punto corrotto e per qualche motivo meccanico viene intaccato da quella asperità.
Il nastro presenta coerenza, come una grande opera musicale dove nulla è lasciato al caso. Ci sono parti che infondono serenità e altre che mettono inquietudine, come in una sinfonia appunto, che traduca una complessità di eventi che nel nostro caso si chiama vita.
La parte più bella di questa faccenda è che il nastro è nostro. Noi solo possiamo intervenire, e con personale volontà e amore riscrivere parti dolorose, trasformare i traumi e registrare nuove esperienze, consapevolmente. L’inchiostro che funziona meglio è quello della compassione, dell’assoluta mancanza di egoismo.
È poi anche necessario rendere flessibile il nastro perché quando si spezza la vita si arresta. Non sempre è morte, più spesso è malattia, quella che annulla ciò che eravamo e richiede di essere altro. Ma anche qui, non succede per una cattiveria del destino. Il destino è in gran parte scelto.
La parte più brutta di questa faccenda è che il nastro non è eterno e accorgersi di averci solo pasticciato sopra può portare disperazione. Tu però, canta, disegna, cuci, rammenda, collega, taglia, scegli e pulisci. Vedrai che nel nastro comincerà a rimanere impresso quanto sei bello, bella, ma non lo sapevi.
(Foto di Volodymyr Hryshchenko)