“Dalla stessa parte mi troverai”, in libreria da gennaio per SEM, è il titolo, alquanto evocativo, del nuovo lavoro di Valentina Mira che proprio in questi giorni si trova in Sardegna per la presentazione in compagnia di Rossella Scarponi. Dopo l’appuntamento a Cagliari con il festival Entula e quello a Macomer nel programma di “Forse alla luna”, lunedì 25 marzo alle 18 Mira sarà a Sassari per l’anteprima del festival Liquida.
Evocativo perché richiama la necessità di non rimanere indifferenti, di avere il coraggio di dire “non è che non ho visto, è che non volevo vedere”. Si dice, infatti, che il male si diffonda non perché tutti lo compiono ma perché i più se ne infischiano, fanno finta di nulla o non hanno il coraggio di parlare.
Bisogna riconoscere, invece, che la giovane scrittrice romana, dopo aver condiviso la sua sofferenza in “X”, l’intimo esordio letterario del 2021 con Fandango, ha nuovamente dimostrato il coraggio di parlare, anzi di scrivere “per provare a fornire gli anticorpi” al “fascismo dentro e intorno a me”.
I fatti. Il 7 gennaio del 1978 davanti alla sede del Msi, in via Acca Larentia a Roma, vengono uccisi due militanti di quel partito. Per molto tempo le indagini conducono da nessuna parte ma diversi anni dopo la testimonianza di una quattordicenne porta all’arresto di Mario Scrocca, infermiere e sindacalista di sinistra, che il secondo giorno di detenzione viene trovato morto in una cella d’isolamento anti-impiccagione. Referto: suicidio per impiccagione. Cercare di capire quale sia la verità vera e se sia possibile raggiungerla è ciò che anima queste pagine.
L’autrice ricostruisce gli eventi di quella cronaca in modo originale, perché le vengono raccontati dalle persone che incontra, prima fra tutte Rossella vedova di Mario, e personale, in quanto li somatizza nella riflessione intorno alla propria esistenza ed alla propria visione della vita. E questo aspetto ci sembra essere la costante della scrittrice. Nelle due opere, però, segue traiettorie opposte: in “X”, la dolorosa tragedia intima si fa criterio dell’interpretazione della realtà circostante; qui, invece, la conoscenza della Storia recente è coscientizzazione del proprio essere, presa di coscienza di se stessa. In entrambe, dunque, è lei, Valentina, la protagonista, la quale nella narrazione e nella scrittura trova la propria azione catartica e al tempo stesso redentiva; azione che coinvolge chi legge attraverso l’alternarsi di stili apparentemente inconciliabili. Da una parte, un linguaggio elevato che si serve di riferimenti culturali (filosofici, storici, letterari, mitologici), di figure retoriche (analogie, similitudini) o di approfondimenti tipici di un’inchiesta. Così, scopriamo, o ri-scopriamo, chi era Acca Larentia e cosa invece richiama oggi, o troviamo una spiegazione delle guerre fratricide nel mito di Romolo e Remo e delle relazioni tossiche in quello di Narciso e Eco; dall’altra una lingua che sembra provenire, concedendoci un’espressione abusata, direttamente dalla pancia: la lingua materna (che nel caso specifico è il romanesco), quella che si usa quando non ci sono i freni inibitori perché la paura, la rabbia, la delusione o il dolore sono soverchianti.
In un modo o nell’altro, i ragionamenti privati di Valentina Mira costringono a fermarsi per riflettere sul perché ancora oggi sia necessario dichiararsi antifascista, sul come sia stato possibile che quel pensiero (ma Sandro Pertini ci ha insegnato che “quella non è un’opinione”) sia rimasto vivo nelle generazioni che non l’hanno vissuto.
Una prima risposta emerge direttamente dalle righe: l’ignoranza, non conoscere la Storia e quindi declinarla in modo falso.
È quindi, questo, un libro politico, nel senso più ampio del termine, perché vengono esaminate la polis e la società e si evidenziano vari aspetti critici, come, per esempio, le condizioni nelle carceri italiane per cui la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha parlato di “trattamento inumano e degradante”. Politico anche laddove viene sviscerato il rapporto tra vittime e carnefici e la violenza sembra essere giustificata; o dove ci si rende conto che la giustizia spesso dipenda dal potere o che l’informazione non è neutra.
È soprattutto, però, un romanzo d’amore: tra una donna e l’uomo che ha perso troppo presto; tra una donna e suo figlio; tra le persone e i loro principi. Quell’amore che ti porta a denunciare i soprusi e le ingiustizie e magari a sacrificare la vita.
“Dalla stessa parte mi troverai” è una storia d’amore e di lotta.