Cresciamo seguendo uno schema che la società impone ma senza alcuna garanzia che funzioni. E cosa succede quando non si rientra in questo schema? Ce lo racconta una delle menti più timide e geniali del nostro panorama artistico.
“Strappare lungo i bordi” è la serie Netflix che ha confermato il successo di Zerocalcare (al secolo Michele Rech) e che compattato un esercito di fan intorno all’artista che, per natura schivo e sfuggente, si è ritrovato invece al centro di attenzioni inaspettate. Dopo albi curatissimi e pieni di poesia urbana, collaborazioni illustri con magazine e riviste, una candidatura al premio Strega, Zerocalcare passa per la prima volta dall’altra parte dello schermo. Lui, grande consumatore di serie tv, re del divano da cui svolge tutte le principali attività su cui si fonda la sua vita, ha dato alla luce un prodotto di valore.
Durante il lockdown le sue animazioni “Rebibbia quarantine” hanno aiutato a colmare il senso di smarrimento di molti e a strappare più di un sorriso in un momento collettivo di grande bisogno. “Rebibbia quarantine” pare l’antenato di “Strappare lungo i bordi”, che racconta la quotidianità e le lotte viste con gli occhi sensibili e attenti di un bambino che col tempo ha saputo fare del suo “disagio” un trade mark. Non solo in questo disagio si riconosce gran parte del suo pubblico ma la sua arte ha aiutato a far emergere un’Italia lontana dalle bassezze di certa politica e di certa cronaca per celebrare invece, seppure con tutti i suoi limiti, una necessità di condivisione e di empatia, che riportano l’attenzione sull’essere umano.
La serie, che ha superato il fenomeno coreano “Squid Games” nella classifica delle più viste in Italia e nei trend topic dei social, come sempre mescola il personale e l’universale, con l’autoironia e la goffaggine tipici di Zerocalcare. Non ci sono sconvolgenti novità per chi lo segue da sempre e conosce il suo metodo narrativo, i suoi paragoni che descrivono un’epoca attraverso ricordi, prodotti, episodi collettivi e flashback, i suoi dialoghi serrati con la coscienza impersonata dall’armadillo (doppiato nella serie dall’attore Valerio Mastrandrea). La Bao Publishing, casa editrice di Zerocalcare, ha collaborato strettamente con Movimenti Production e DogHead Animation Studio per creare sei episodi di pura bellezza. A completare il lavoro dei produttori Davide Rosi e Giorgio Scorza, la musica realizzata dal cantautore Giancane.
“Strappare lungo i bordi” è un titolo un po’ contorto, come racconta Zerocalcare in una delle tante interviste sulla serie, ma rende bene l’idea che abbiamo che tutte le vite debbano seguire un tratteggio predefinito che se seguiamo ci garantirà il risultato voluto. Ma la vita non va sempre come vorremmo e a volte strappiamo male e rientrare nel tratteggio diventa difficile. La scelta di un titolo così poetico palesa la grande solidarietà di Zerocalcare per gli ultimi, per quelli ai margini, per chi non si riconosce in un sistema preordinato e per chi di strappare lungo i bordi tratteggiati da qualcun altro non ne vuole proprio sapere.
Naturalmente questa serie non poteva incontrare solo il favore di un pubblico fedele e sempre più ampio, ma anche intercettare quella fetta di detrattori che, in mancanza di argomenti tecnici e veri contenuti, si solo limitati ad attaccarlo per l’uso del romanesco definito incomprensibile.
La polemica lascia ovviamente il tempo che trova, posto che nel doppiaggio italiano l’inflessione romana è presente in praticamente tutta la produzione degli ultimi vent’anni, e anche ignorando questo non secondario dettaglio, privare Zerocalcare del suo modo di utilizzare il linguaggio sarebbe snaturarne l’intensità emotiva, in altre parole strappargli l’anima. Non si è nuovi a certi attacchi: generazioni di artisti sardi hanno subito la stessa sorte, relegati a macchiette da avanspettacolo, vittime di uno stigma linguistico senza senso. Anche lo stimato scrittore Camilleri fu aspramente criticato, all’inizio della sua carriera, per l’uso del siciliano, ciò nonostante ha saputo raccontare storie dal sapore universale, esattamente come Zerocalcare ha saputo incarnare il disincanto della sua generazione ricorrendo a strumenti potenti: creatività, intelligenza e ironia.