“Dev’essere una casa accogliente, una famiglia con figure stabili per rimediare ai danni fisici e affettivi di bambini che hanno vissuto l’abbandono: bambini che, come capita spesso, dopo la nascita sono stati in terapia intensiva per mesi. Questi bambini hanno diritto a terapie riabilitative immediate per recuperare il danno”. Simona Cao, 42 anni, veterinaria specializzata nella relazione uomo – animale, trasmette forza e amore quando parla del progetto ideato con suo marito Michele Allodi, ingegnere: aprire a Selargius, nell’hinterland di Cagliari, la Casa famiglia Killia per bambini con disabilità orfani o temporaneamente senza famiglia.
Simona e Michele sono, rispettivamente, presidente e vicepresidente di Killia – termine che in sardo significa culla – che nei mesi scorsi ha lanciato una raccolta fondi – una compagna sul 5 per mille e non solo per creare la Casa Famiglia nello stabile di circa 400 metri quadri, già sede della cooperativa sociale da oltre 7 anni.
L’obiettivo è accogliere e curare con terapie personalizzate. Un gruppo stabile di operatori professionali fa da ponte con le Istituzioni coinvolte (Tribunale dei Minori, Comuni, Asl e altre) e facilita l’incontro tra i bambini e famiglie che richiedono l’adozione.
“L’idea parte dall’esperienza personale – continua la veterinaria – Dopo due figli, abbiamo scelto di dare la disponibilità all’adozione di un bambino ‘con rischio sanitario’ ed ecco che è arrivata la nostra terza figlia”. All’esperienza personale si aggiunge quella professionale. La cooperativa Killia, nella sua sede e in scuole, centri diurni, comunità, nell’Istituto penitenziario del minori di Quartucciu, si occupa di percorsi terapeutici e di assistenza legati alla relazione animale, uomo e natura, con un’équipe di professionisti altamente specializzati. Destinatarie le persone fragili di qualunque tipo: anziani, bambini, adolescenti, adulti con disabilità”.
“I cani e cavalli che collaborano con noi, nei servizi che eroghiamo oggi e nel futuro della Casa Famiglia Killia, hanno il ruolo di agevolare il raggiungimento degli obiettivi terapeutici di percorsi individuali, in base ai bisogni delle persone che assistiamo – spiega Simona Cao – Il nostro gruppo di lavoro è composto da educatori, conduttori di animali, psicologi della pet therapy, ma anche logopedisti, terapisti della riabilitazione psichiatrica, e altre figure professionali necessarie per ciascun singolo caso”.
Convogliare il tutto dentro una Casa Famiglia per bambini con disabilità orfani (accogliendo, in un secondo momenti anche orfani senza disabilità) significa prima di tutto la ristrutturazione della sede, per aprirla entro il 2023. Ma soprattutto, una volta aperta la struttura, si incide sul funzionamento delle adozioni in Italia, “perché nel nostro Paese è un mondo particolare”, chiosa Simona Cao. Il problema da risolvere è l’incontro tra le domande di adozione e i bambini che hanno bisogno di una famiglia, un compito che il Pubblico non riesce ad evadere con efficienza.
Nel solo 2016 le domande di adozione nazionale sono state più di 8.300, ma solo sette di queste erano aperte anche a minorin con disabilità. Oggi in Italia risultano adottabili 424 bambini con bisogni speciali (dati di Anfaa, Associazione Nazionale Famiglie Adottive ed Affidatarie). “Da qualche anno opera l’associazione Mamme Matte – spiega Simona Cao – che mette in collegamento i Tribunali dei minori con le famiglie e i single, persone che vogliono adottare un bambino con bisogni speciali. In questo mondo, cosa fa spesso un bambino con disabilità prima di entrare in una famiglia? Niente, purtroppo: sta in ospedale, in comunità per minori, dove il personale turna ed è difficile avere delle figure affettive stabili, come, invece accade in una Casa Famiglia”.
Cani e cavalli hanno un ruolo di primo piano nella “famiglia Killia”. Nel maneggio di Sa Illetta operano Kendi e Jango. “Kendi ha 16 anni – racconta Simona – L’ho conosciuta 3, 4 anni fa quando faceva equitazione classica. A Kendi piace molto fare ricerca olfattiva. Vengono utilizzate frutta e verdura, oggetti che lei trova sulle persone, che così conoscono l’animale e si conoscono. A Jago, un bull dog francese, piace il contatto fisico e ha aiutato diversi bambini. Il supporto che ti dà l’animale è per tutta la vita. Bisogna tornare in contatto con la natura, tornare ad avere una necessità fisica per la propria realizzazione nella natura. Killia divulga questo valore”.
Nell’immagine in evidenza la famiglia Allodi – Cao