PARTE PRIMA
Pubblichiamo la prima parte del nostro racconto sul Cammino di San Francesco in Sardegna, itinerario dedicato alla sentieristica francescana nell’isola, che noi di Nemesis Magazine abbiamo seguito tra 2 e 4 ottobre.
Dal Campidano alla Marmilla e poi attraverso la Giara a piedi, muniti di scarpe da trekking, zaino e acqua. Servono gambe forti e animo per attraversare i circa 70 chilometri del percorso francescano, diviso in cinque tappe: Villasor – Samassi; Samassi – Sanluri; Sanluri – Villanovafranca; Villanovafranca – Gesturi: Gesturi – Genoni.

Il Cammino di San Francesco in Sardegna è organizzato dall’omonima fondazione e rientra nel progetto regionale Noi camminiamo in Sardegna.
Padre Fabrizio Congiu, vice presidente della fondazione, dirige il gruppo di camminatori, guide turistiche, editor e giornalisti attraverso i sentieri pietrosi del Campidano, le salite ripide nelle colline della Marmilla e i boschi costeggiati da ruscelli nella tappa da Gesturi a Genoni. L’idea di dedicare un cammino sulle orme dei francescani in Sardegna nasce nel 2010 da Padre Fabrizio e dal suo amico Luca Baltolu, ingegnere: “Abbiamo pensato – spiega il frate dell’ordine dei Cappuccini – che in Sardegna ci sia un potenziale spirituale molto alto e che c’era anche la possibilità di unire la spiritualità con il sociale. Tutto ciò che è patrimonio storico, culturale e spirituale della Sardegna può portare beneficio ai territori”.

A partire dal Medioevo, frati dell’ordine votato al Santo di Assisi hanno percorso tutta l’isola, transitando da nord a sud tra i loro avamposti. “I francescani sono arrivati in Sardegna tra il 1220 e il 1230 quando Francesco d’Assisi era ancora vivente – prosegue – I frati hanno costruito dei conventi in tutta la Sardegna e andavano da un convento e l’altro. In particolare, questi spostamenti erano di santi frati, che ancora sono sepolti nelle nostre chiese più importanti, come, per esempio, Sant’Ignazio da Laconi a Cagliari, Beato Fra Nicola a Gesturi, Beato Francesco Ziranu a Sassari, San Salvatore da Horta a Sassari e un’importante reliquia a Sassari. I frati camminavano lungo la sentieristica che stiamo cercando di recuperare per spostarci da un luogo francescano all’altro”.

Lungo l’itinerario che abbiamo seguito, il frate cappuccino colloca i cartellini con il simbolo del Tau francescano, che indicano la direzione da prendere. La carovana di uomini e donne va alla scoperta del benessere fisico e mentale che può dare la natura circostante, ma anche della cultura materiale e immateriale dei luoghi. Ognuno è alla ricerca di sé nella devozione religiosa o ha l’opportunità di inquadrare la propria identità senza maschere sociali. Il silenzio, ma anche la condivisione di esperienze sono i binari dei viandanti, “il cammino è la meta” il loro motivo guida.



“Io e mio marito siamo dei camminatori – racconta Brunella – Abbiamo fatto tutti i 900 chilometri del Cammino di Santiago e questo cammino fatto nella mia terra è importante perché ti arricchisce, anche nel silenzio, ti apre l’anima e la mente, godendo della natura, ma anche nello scoprire affinità con i tuoi compagni di viaggio. Questo è il camminare, il camminare della vita, un po’ in salita, un po’ in discesa e si va avanti”. “In Sardegna si conosce un certo tipo di turismo legato alle spiagge, al mare, che è predominante ma anche molto caotico – prosegue suo marito Salvatore – Noi del posto quando abbiamo la possibilità non andiamo nella bolgia, cerchiamo di godere il rapporto col mare in periodo di basso stagione. Promuovere i cammini serve a far conoscere le zone interne. Il camminare lentamente ti fa conoscere le realtà e le tradizioni che pian piano si perdono a causa dello spopolamento. E poi, la vita di oggi è correre e non hai mai tempo e il camminare è un modo di dedicare tempo a te stesso”.
Nemesis Magazine si è unito al cammino a Sanluri, dove la partenza è al convento dei Cappuccini. Dopo la colazione offerta dai frati, ci si mette in marcia nella tappa più dura: 18 chilometri per attraversare il Campidano ed entrare in Marmilla dopo una salita di 5 chilometri. Qui il paesaggio, battuto dal vento, è infinito; l’orizzonte si perde tra i campi di grano spogli e dissodati per la nuova coltura. La sensazione è di essere un Don Chisciotte attraverso la Mancia in attesa di arrivare in alto e poi scoprire una natura più clemente, verde, con alberi, che ci conduce a Villanovafranca, paese dello zafferano. Una fermata intermedia è a Villamar, alla parrocchia di San Giovanni Battista dove è presente il retablo della Madonna del Latte, dipinto a tempera e oro da Pietro Cavaro nel 1518.


A Villanovafranca ci si sposta a visitare al tramonto il complesso nuragico Su Mulinu, sulla collina che domina in fiume Mannu. Il nuraghe a corridoio risale al Bronzo medio, tra il XVI e il XV secolo avanti Cristo. Le torri a falsa cupola – tholòs – sono state edificate nel XIV secolo. Al suo interno si trova un altare sacrificale decorato con un nuraghe rovesciato. Qui si lasciavano delle lucerne votive per assicurarsi buoni raccolti e prosperità. “Le lucerne sono a forma di barca – spiega la guida che ci conduce al suo interno – Molto probabilmente si andava lungo le vie fluviali che caratterizzavano questa terra fertile. I primi scavi del sito sono stati effettuati alla metà degli anni ‘80. Qui è stato portato alla luce circa il 20% della struttura e nella zona circostante è probabile possa riemergere un villaggio nuragico”. Anche in età punica e romana il nuraghe mantenne la funzione di sacrario. Molti dei reperti trovati nell’area archeologica sono in mostra a Villanovafranca nel Museo Civico Su Mulinu, insieme alla ricostruzione dell’altare sacrificale.
Il nostro cammino proseguirà per altri 27 chilometri e arriverà in altri tre paesi francescani, con scorci naturali unici e testimonianze archeologiche risalenti al Neolitico: a Gesturi e Genoni nel cuore della Giara e a Laconi. Seguici qui per la seconda parte del reportage.
Nell’immagine di copertina camminatori tra le colline tra Villanovafranca e Gesturi