Ha cominciato a fotografare all’età di 12 anni, Giovanni Paulis; fu suo padre a trasmettergli quella che definisce “una grande passione”; la scelta di dedicarsi alla fotografia naturalistica però, è arrivata nei primi anni novanta, durante un corso per diventare guida ambientale escursionistica: scattare immagini nelle aree di rilevante interesse naturalistico che visitava lo ha ispirato a documentare ciò che vedeva per mostrarlo a chi non aveva la fortuna di poter apprezzare dal vivo le meraviglie della natura. “La prima esperienza importante – racconta Giovanni – risale al 1995, quando Domenico Ruiu, all’epoca mio mito ed oggi carissimo amico, mi chiese di collaborare con lui per un articolo sulla Riserva WWF di Monte Arcosu. Quando mi chiamò al telefono ero emozionatissimo: mi chiese di inviargli una ventina di diapositive e di ritenermi soddisfatto se ne avessero pubblicato due; ne vennero pubblicate cinque ed ero felicissimo. Da lì è partita la mia “carriera fotografica”.
Fotografia naturalistica tra pazienza, inventiva e l’amore per la natura
Quando gli abbiamo chiesto se avesse un luogo o una specie che ispira particolarmente la sua fotografia, Giovanni ci ha spiegato che, per ragioni logistiche, scatta moltissime immagini nella riserva di Monte Arcosu, dove lavora per la Fondazione WWF Italia e ha aggiunto che ama la natura in tutte le sue forme, fotografando una grande varietà di soggetti, con una predilezione per alcuni in particolare: il cervo sardo, il falco della regina, il geotritone dell’Iglesiente e le orchidee selvatiche. “Con le orchidee – ci spiega – l’unico problema è trovarle e cercare di ritrarne fotograficamente l’insospettabile bellezza. Per gli altri tre soggetti, invece, la sfida è diversa: fotografare animali in libertà non è semplice; serve una buona conoscenza sia della specie sia del territorio che frequenta; a questo si aggiunge una dose infinita di pazienza (necessaria per i lunghi appostamenti), un po’ di sana follia (per resistere ore sotto un poncho mimetico, abbarbicato su un costone roccioso in posizioni tutt’altro che comode), un pizzico d’inventiva (per costruirsi strumenti utili e superare la diffidenza degli animali) e una buona resistenza fisica (portarsi dietro uno zaino fotografico di circa 10 kg più il treppiede non è cosa da poco)”. Giovanni ci ha poi confessato di amare particolarmente le “foto ambientate” (che catturano il soggetto all’interno di un contesto specifico, valorizzando l’interazione con l’ambiente circostante), soprattutto quelle con animali, anche se ne pubblica pochissime a causa delle dimensioni ridotte che rendono difficile apprezzarle, pur avendo il grande pregio di fornire molte informazioni sulla vita dei soggetti ripresi.


Tre incontri indimenticabili, le emozioni nel quaderno di campo
Sono stati tanti, per Giovanni, i momenti emozionanti vissuti grazie alla fotografia naturalistica e, con noi, ne ha voluto condividere tre, così come li ha trascritti sul quaderno di campo che, per un fotografo naturalista, è lo strumento dove annotare dettagli tecnici, osservazioni sull’ambiente e sul comportamento degli animali; utile sia per organizzare il lavoro che per documentare le scoperte:
“Isola di San Pietro. Giornata uggiosa con cielo velato e una densa foschia. L’inizio non è promettente perché i falchi in volo sono pochissimi. Mi apposto in prossimità di uno dei posatoi che negli anni precedenti mi aveva permesso di ottenere buoni risultati ma dopo mezz’ora ancora non si batte chiodo. Comincio a preoccuparmi e dopo aver sbinocolato per bene cambio zona… la scelta è decisamente felice, c’è molto più movimento e i falchi mi accolgono con fantastiche evoluzioni sul mare. Mi apposto (coperto da una rete a fogliame) e ho subito una grossa emozione: un falco adulto mi passa a non più di due metri dalla testa e per la velocità della picchiata il suo volo produce un sibilo fortissimo! Dopo pochi minuti arriva un giovane che si posa a poca distanza dal mio appostamento; non sto più nella pelle e scatto numerose immagini ma nel frattempo altri tre giovani hanno occupato altrettanti posatoi… praticamente sono circondato: quattro falchi a disposizione, mi sembra di essere un bambino in visita a Gardaland! Gli adulti non si posano… sono impegnati in una frenetica attività di caccia, vanno e vengono a una velocità pazzesca. All’arrivo dei genitori i giovani gridano freneticamente e poi si spostano (con brevi e goffi voli) in aree più appartate per consumare il pasto offertogli. Illuminate dal sole le rocce della scogliera mostrano in pieno la loro bellezza con colorazioni rosate e rossastre che si alternano a quelle grigie e violacee. Dove possibile, la macchia mediterranea ha colonizzato questi splendidi ambienti, così oltre a godere di un panorama mozzafiato, posso apprezzare i profumi emanati dal ginepro, dal mirto, dal lentischio e l’immancabile rosmarino. Il tempo passa velocemente e quando riprendo il traghetto mi assale la consueta nostalgia; il sole inizia a calare e le nuvole si colorano di meravigliose tonalità dorate. Vorrei essere ancora in scogliera per godermi il tramonto e i falchi che fanno ritorno ai nidi. Mi allontano mentalmente dalla confusione creata dai passeggeri e ritorno indietro nel tempo: profumi, colori e emozioni vissute in questi luoghi in compagnia di amici carissimi, mi assalgono e mi rendono felice. La suoneria del cellulare mi riporta alla realtà; è mio figlio Marco che mi chiede: ‘Papà hai fatto le foto ai falchi?’ ‘Si, le ho fatte‘ “.

“Laguna di Santa Gilla, giornata primaverile con sole splendente. In compagnia di alcuni amici sto passeggiando lungo la strada che costeggia le vasche delle Saline Contivecchi e vedo un falco pescatore che sta consumando il suo pasto comodamente appollaiato su un palo in legno posto a ridosso di una delle vasche centrali della salina, a circa 150 metri da me. L’idea di fotografarlo mi attira notevolmente, quindi senza pensarci più di tanto, lascio il treppiede, salto il piccolo rigagnolo d’acqua che separa la strada dalle vasche e cammino acquattato per una sessantina di metri, poi l’argine diviene più basso e rischio di disturbarlo e farlo involare. Mi fermo e provo ad inquadrare: bella situazione ma il soggetto è troppo distante. L’unica soluzione per avvicinarmi è strisciare per una trentina di metri e ovviamente lo faccio! Mi giro e vedo i miei amici che ridono. Proseguo ancora per qualche metro, mi sdraio sull’argine e inquadro. Stavolta è tutto perfetto, faccio un paio di scatti ma vedo il falco a testa in su che controlla il cielo; assume un atteggiamento guardingo e stringe forte tra gli artigli ciò che rimane della sua preda, poi succede tutto in pochi istanti: una cornacchia grigia gli si avventa contro cercando di sottrargli la preda e gli assesta un paio di beccate sulla coda! Il falco non si scompone e al secondo attacco è pronto alla reazione, spalanca il becco e la attende. Scatto numerose immagini e colgo il momento in cui l’intrusa capisce che è andata male, blocca il suo volo, poi vira e si allontana. Mi riabbasso, striscio ancora ma in direzione opposta e raggiungo i miei amici che vedendomi insozzato di fango ridono di gusto. Scorro velocemente le immagini sullo schermo della macchina fotografica e la foto che volevo c’è!”.

“Monte Arcosu, Rio Guttureddu, settembre 2023; è il solito afoso pomeriggio settembrino e il cielo è velato; ho appena fotografato uno splendido maschio di cervo sardo che giganteggiava nei pressi del torrente in secca, quando ricevo un messaggio da Fabio, un caro amico, che mi informa dell’arrivo del suo nuovo teleobiettivo. Gli scrivo di raggiungermi, così potrà provarlo subito sul campo. Un’ora dopo, mentre chiacchieriamo sulla bontà della nuova lente, sentiamo chiaramente il rumore inconfondibile provocato dallo scontro fra due maschi! Montiamo il teleobiettivo e ci spostiamo lentamente verso la zona in cui è in atto il combattimento. Dopo un breve tragitto ci troviamo davanti ad uno spettacolo sognato da tempo: due grossi e potenti maschi intrecciano i loro palchi e si spingono con grande veemenza; fortunatamente si stanno affrontando in uno spazio aperto nel fitto della vegetazione e li vediamo benissimo. Scatto un quarantina di foto, poi la foga del combattimento li porta nel fitto della macchia e li sentiamo affrontarsi ancora per una decina di minuti. Un potente bramito chiude la contesa e cala il silenzio. E‘ difficile descrivere l’emozione che si prova vedendo così bene questo spettacolo e per un po‘ non parliamo, poi Fabio dice una sola parola: “meraviglioso“; ecco questa è la Riserva WWF di Monte Arcosu, roccaforte e regno del cervo sardo”.

Etica e sfide dietro l’obiettivo
A Giovanni abbiamo chiesto anche quali sono le sfide principali che affronta durante le sessioni di fotografia nella natura e lui ci ha subito precisato di non considerare, contrariamente ad altri, la foto di natura come una sfida fra lui e gli animali ma più come una sfida con se stesso, per mettersi alla prova, studiando la specie che intende fotografare, programmando uscite propedeutiche agli scatti e facendo grande uso del binocolo che gli permette di stare a distanza e osservare comportamenti e abitudini senza interferire con la routine dei suoi soggetti. “Da sempre – ci ha spiegato – sostengo che le foto si fanno sul campo e non si costruiscono davanti al Pc e che per realizzare buoni scatti occorrono, oltre alle conoscenze naturalistiche, sacrificio e tenacia. I lunghi appostamenti sotto il sole cocente o sui picchi rocciosi sferzati dal gelido maestrale vengono ripagati da qualcosa che è difficile spiegare: l’emozione. Utilizzo la fotografia per conservare e trasmettere le mie emozioni ma anche per descrivere la natura in tutta la sua splendida e talvolta selvaggia bellezza. Tutto ciò ha però un limite ben delineato e insormontabile: nessuna foto vale la vita di un essere vivente. La mia etica è ferrea; spesso ho rinunciato a scatti che sarebbero stati davvero interessanti perché avevo la certezza che avvicinandomi avrei arrecato disturbo alla specie. Non amo ‘la fotografia a tutti i costi’, sono ottimista e spero sempre che arrivi una seconda occasione (a onor del vero, in genere, la cerco)”.
L’importanza di iniziare con rispetto e pazienza
A chi vuole avvicinarsi alla fotografia naturalistica ma non sa da dove iniziare, Giovanni consiglia “di farlo in punta di piedi, non tramutandosi in un ‘predatore fotografico’. Serve a poco avere una collezione di immagini fine a se stessa, è molto più appagante immergersi nell’ambiente naturale cercando di comprenderne i meccanismi e carpire, dal punto di vista fotografico, qualche magico momento. La tecnica fotografica si può apprendere attraverso corsi specifici e leggendo dei buoni testi ma l’amore verso la natura e le conoscenze del fotografo naturalista sono frutto, oltre che di lunghi studi, di numerosissime ore passate sul campo ad osservare e apprendere i ‘segreti’ di un mondo che per essere apprezzato appieno richiede spirito d’osservazione, sacrificio e cuore. Per i neofiti caccia fotografica e appostamento in capanno sono spesso frustranti e scoraggianti: passare delle ore o, peggio ancora, dei giorni alla ricerca di soggetti elusivi è già una dura prova e se non si riesce a realizzare qualche buono scatto, il morale finisce sotto le suole degli scarponi! Il mio consiglio è quello di iniziarsi a questo genere fotografico in aree protette attrezzate, dove dai capanni è quasi certa la realizzazione di qualche scatto. È poi bene evitare, almeno per chi è alle prime esperienze, le stagioni peggiori, ossia l’inverno e l’estate; il freddo o il gran caldo possono essere dei dissuasori tremendi e vanno affrontati dopo qualche esperienza intermedia, quando si sarà cominciata a comprendere la ‘filosofia’ della fotografia naturalistica. Questi accorgimenti danno la possibilità di avvicinarsi in modo ‘poco traumatico’ e di incamerare esperienze utili per il futuro. Mi permetto di dare un ultimo, ma importantissimo consiglio: non bisogna mai dimenticare di portarsi il cosiddetto quaderno di campo, nel quale riportare meticolosamente luoghi ed ora degli avvistamenti, comportamenti particolari, condizioni meteo, ecc.; dati raccolti ci consentiranno di disporre di un archivio personale al quale potremo ricorrere in caso di necessità. Va sempre tenuto a mente che molte specie animali sono abitudinarie e frequentano con una certa regolarità determinate aree, sia per scopi alimentari, sia come passaggi abituali utilizzati per gli spostamenti. Allo stesso modo, avremo cura di prendere nota di fioriture particolari e/o endemiche reperite nell’area oggetto della nostra visita”.

Far conoscere per salvaguardare l’ambiente
Giovanni parla della divulgazione come di uno strumento importantissimo per la conservazione e la tutela dell’ambiente; “si ama e si protegge solo ciò che si conosce – ha affermato – Utilizzare le immagini per far conoscere la natura, è fondamentale soprattutto con bambini e ragazzi (non conosco nessuno che si sia appassionato all’ambiente leggendo dati e statistiche) e non bisogna farlo solo con ciò che è comunemente considerato bello, ma anche con quello che appare poco significativo o meno importante. Possiamo paragonare la natura ad un puzzle: ogni pezzo ha una funzione” e ha poi sottolineato: “Il fotografo naturalista è un valido supporto a tutte le iniziative di tutela e conservazione dell’ambiente naturale, ma nessuna fotografia giustifica il mettere a rischio la normale esistenza di una pianta o di un animale, a maggior ragione se si tratta di specie minacciate d’estinzione o rare. La mission del fotografo naturalista, non dovrebbe essere quella di approcciarsi ai soggetti con spirito predatorio, ma raccontarne la vita nel loro ambiente, spostando l‘attenzione sulla delicatezza degli habitat e sulla loro salvaguardia”.



La post-produzione non sostituisce l’emozione della natura
Quando a Giovanni abbiamo chiesto se ci tenesse a raccontarci qualcos’altro, magari a cui teneva particolarmente, non ha esitato a rispondere con un ultimo generoso consiglio: “La post produzione, ossia l’elaborazione delle immagini, nella mia filosofia va usata con parsimonia; non va utilizzata indiscriminatamente ma non va nemmeno demonizzata. Non stravolgete le fotografie per avere like sui social, cercate di realizzare i vostri scatti sul campo; nessuna intelligenza artificiale potrà darvi le emozioni che si provano pianificando e realizzando le foto in natura e non davanti al PC”.