Fare i conti con le proprie paure e con i propri demoni interiori è un compito arduo, che spaventa, che mette a nudo e spalle al muro. Soprattutto quando le paure sono così forti da sembrare limiti insormontabili, talmente intense da paralizzare chi le prova. Sono frangenti molto delicati ed estremamente difficili da affrontare ma nonostante ciò vale la pena farlo aggrappandosi a ciò che si ama di più, come ad esempio l’arte grazie alla quale la depressione può essere tramutata in qualcosa di bello e di eterno. Questo e molto altro testimonia il nuovo lavoro del regista sardo Roberto Pili ‘’Profondo Nero’’ – prodotto da Francesco Pili – che analizza, tramite il racconto di uno degli esponenti storici del writing sardo ovvero Davide Lai in arte ‘’Nero’’, il rapporto tra la salute mentale e l’arte, arricchito dalle musiche e dagli scratch di un altro pilastro della cultura Hip Hop sarda ovvero Dj Sputo e da tanti altri interventi significativi di personalità di spicco del movimento isolano e nazionale.
Quello di Roberto Pili è un lavoro di autentico spessore, curato nei dettagli e di grande impatto emotivo, che sta riscuotendo consensi e riconoscimenti significativi come, ad esempio, il prestigioso premio ‘’Best Documentary Short 2025’’ in occasione della quinta edizione dell’Hip Hop Cinefest andato in scena il 9 e il 10 maggio alla Casa della Cultura di Villa De Sanctis a Torpignattara.
La pellicola si caratterizza per tre elementi: pathos, brevitas – dura poco meno di 37 minuti – e una capacità notevole di sintesi grazie alla quale il regista ha concentrato riflessioni e contenuti di rilievo umano e sociale in un lasso temporale non lungo ma denso di sentimenti ed emozioni. La prima inquadratura è proprio quella del protagonista del lavoro ovvero Davide Lai in arte Nero, di cui vengono riprese le mani che toccano le bombolette spray, quelle che vanno ben al di là dell’essere semplici ferri del mestiere ma un qualcosa con cui ha un legame simbiotico. Nero sottolinea subito come nella vita siano frequenti gli alti e i bassi, le luci e le ombre, oltre che l’importanza dell’arte e del gesto creativo per vincere proprio quel ‘’profondo nero’’ che opprime ciascuna persona. Nero inizia a raccontare il suo amore per l’arte, i suoi esordi, ricordando come la passione per il disegno gli sia stata trasmessa dal nonno che quando era bambino lo prendeva in braccio invitandolo a riprodurre su un foglio le immagini che scorrevano davanti alla televisione. Il nome d’arte Nero, tra l’altro, nasce dopo la perdita del nonno, figura chiave nel suo percorso di vita. Sin da subito emergono riflessioni degne di nota, come quando afferma: “Non so se vi è mai capitato di trovarvi in un momento della vostra vita in cui vi scoprite completamente diversi da come vi conoscete”. Un momento non semplice che va vissuto con tenacia per poi essere metabolizzato.
Dal racconto di Nero ci si sposta poi a quello di una figura di primo piano della breakdance, il b-boy Luciano ‘’Lucio’’ Galici che ricorda quando nel 2015 gli è stato diagnosticato un carcinoma papillare alla tiroide, sottolineando quanto sia stato fondamentale il suo amore per la breakdance per superare quella fase delicata della sua vita. Subito dopo è la volta di un altro artista di caratura ovvero Matteo ‘’Prosa’’, writer, tatuatore – in passato anche Mc con cui ha realizzato vari brani e progetti che hanno lasciato il segno nell’underground sardo come ‘’Sindrome da leader’’ in compagnia di un altro liricista di livello come Truffa – che ha parlato della morte nell’ottobre del 2021 del fratello minore Nicola Micheli in un incidente stradale e di quanto sia stato complesso ritrovare gli stimoli per compiere i piccoli gesti della quotidianità.
Da Prosa ci si sposta a uno dei nomi tutelari dell’Hip Hop italiano ovvero Kaos che fa presente quanto sia delicata la tematica della salute mentale, rimarcando quanto questo mondo così tecnologico spinga sempre più persone ad alienarsi e a estraniarsi da tutti. Kaos parla del ruolo centrale che ha ricoperto per lui non solo la musica per uscire dai momenti di depressione, ma anche il suo ‘’moto vlog’’ tramite cui si è aperto a nuovi scenari scoprendo nuovi luoghi. Dopo Kaos è la volta di un altro esponente di primo piano della cultura Hip Hop ovvero Ice One, produttore tra l’altro dell’iconico pezzo di Frankie Hi Nrg ‘’Quelli che benpensano’’ che dice: “Più semplici si è meglio si sta. La musica mi ha nutrito, ho chiuso gli occhi e il profondo nero è sparito”.
Subito dopo ritorna Nero che mette l’accento sull’importanza di rivolgersi a dei professionisti e di chiedere aiuto quando si sta attraversando un momento di difficoltà. A quel punto la parola passa a Gisella Trincas, presidente dell’associazione A.S.A.R.P.: “Il pregiudizio della incurabilità di un disturbo mentale va combattuto. Dobbiamo lottare tutti assieme per avere servizi di salute mentale adeguati ai bisogni che le persone esprimono”. A intervenire, successivamente, è lo psichiatra Alessandro Montisci che puntualizza il fatto che sia fondamentale andare oltre la rigidità della diagnosi e della cura farmacologica, mettendo al centro del processo di recupero la persona che si ha davanti con la sua storia. Una storia che merita di essere ascoltata con estrema attenzione e non tralasciata come troppo spesso si verifica.
Si ritorna a Nero, ripreso mentre con un altro writer storico – Idea della crew Sardos Frades – dipinge i muri di via Semelia in una Cagliari soleggiata. Poco dopo, è il turno di uno degli Mc più talentuosi e completi di sempre ovvero Danno dello storico gruppo romano dei Colle Der Fomento che afferma: “Bisogna informare il più possibile la gente, perché molte persone non sanno come affrontare questo problema. La depressione tocca trasversalmente tutti”. Interviene nuovamente Nero che ricorda l’emozione nel riprendere a fare graffiti stimolato da un suo amico dopo un lungo periodo di stop, raccontando anche di quanto sia stato importante per lui aver lavorato in passato come operatore in una comunità contro le dipendenze.
Significative le sue parole in merito: “Aiutando queste persone aiutavo anche me”. A parlare poi è Simone Cabitza, presidente della Caritas Iglesias che si sofferma su tematiche come il post- Covid, i disturbi alimentari, i disturbi del comportamento, l’isolamento sociale. Tra i momenti più intensi del docufilm risalta quello in cui Nero parla della morte della madre quando lui aveva 26 anni, il tutto con grande dignità e compostezza senza mai abbandonarsi a sensazionalismi, e al profondo senso di rabbia scaturito dal lutto. Un dolore totalizzante, affrontato con l’affetto degli amici fraterni che gli sono stati accanto e grazie all’amore per l’arte. “Disegnare per me oggi – dice Nero – è un momento di cura, mi permette di svuotare la mente. In quel momento essere solo non è un peso, anzi. I graffiti per me oltre a essere una passione sono una terapia, sono un canale di comunicazione con cui parlo una lingua diversa, non ho bisogno in quell’istante di utilizzare le parole perché mi permettono di esprimere una parte che dentro di me spinge prepotentemente per uscire”. Il docufilm termina con il brano omonimo realizzato per l’occasione da Danno, prodotto magistralmente da Ice One. Prima del gran finale, c’è spazio per un’ultima riflessione di Nero quando gli viene posta la domanda su che cosa lo facesse commuovere attualmente. La sua riposta è un monito prezioso: “Pensare a quei piccoli gesti che mi fanno credere che un po’ di umanità ci sia ancora”. E proprio questo senso di umanità e di comprensione reciproca bisogna coltivare incessantemente in modo da vedere chi abbiamo accanto non come un nemico ma come una persona con le nostre stesse insicurezze e sofferenze a cui tendere la mano.