Scrivere qualcosa che lambisca, anche solo lontanamente, Salvatore Cambosu significa perdere rovinosamente già in partenza. Per forza. Perché non si scappa dal fare i conti con i giganti della cultura sarda che ne hanno già scritto. Provate voi a trovare qualcosa di più pregnante e vera della frase che Michelangelo Pira ha scelto per descrivere Miele Amaro, l’opera maggiore e più conosciuta dello scrittore di Orotelli (e già solo confrontarsi con un uomo che riesce a scegliere un titolo così perfetto per il suo compendio sulla cultura sarda fa tremare le gambe): “Chi tocca questo libro, tocca un popolo”?
Per cui, risulterà ancor più impegnativo ricordalo oggi, nel 126esimo anniversario dalla nascita, avvenuta a Orotelli nel 1895.
La weltanschauung della Sardegna
Questo perché Salvatore Cambosu — insegnante, giornalista, uomo dalla cultura raffinata e profonda — è l’intellettuale che probabilmente più di tutti è riuscito, forse ancora meglio della più famosa cugina, Grazia Deledda, a far emergere attraverso la sua lirica la psicologia e la filosofia profonda di tutto il ‘continente’ sardo.
Una psicologia frutto del rapporto difficile, spesso violento, di perpetuo confronto tra gli uomini e le donne di Sardegna con una natura aspra, avara: una matrigna più che una madre. Un territorio oggi unanimemente considerato affascinante e attrattivo proprio per le sua asperità ma che fino a poco tempo fa viverci e trarne frutti per la sopravvivenza propria e della propria famiglia era pratica difficoltosa e non senza conseguenze.
Una condizione quest’ultima non fissa, anzi, sicuramente mutevole nel tempo, e per molti aspetti nemmeno esclusiva dell’Isola ma che qui ha prodotto una filosofia, una weltanschauung, una visione del mondo, assolutamente originale. Tragica, per molti aspetti, pessimista in generale ma dotata di ironia, elemento con cui si cercava di esorcizzare la precarietà dell’esistenza.
Miele Amaro
Questa relazione drammatica è il leit motiv della produzione letteraria, poetica, culturale dei sardi. Ed è quello che Cambosu è riuscito a compendiare in ‘Miele Amaro‘. “Una originale sintesi di storia e di tradizione, di scienza e di letteratura, una specie di corpus di tutto ciò che costituisce l’anima o il genio sardo nei secoli”, scrisse Giuseppe Petronio su L’Avanti, nel 1955, un anno dopo la sua pubblicazione. Un’opera che oggi, dopo quasi settant’anni dalla sua prima edizione, possiamo considerare fonte storica. Per capirci: se abbiamo notizia dei tre carnevali tradizionali barbaricini — quello di Mamoiada, di Orotelli e di Ottana — lo dobbiamo anche e soprattutto a Cambosu e ‘Miele Amaro’.
Il giornalista e l’insegnante
Cambosu non è stato solo un indagatore del passato e della tradizione. È stato anche acuto osservatore del suo tempo. La sua attività pubblicistica è lì a ricordarcelo.
Dopo aver frequentato le università di Roma e Padova, senza mai conseguire la laurea, Cambosu rientrò in Sardegna e si stabilì a Cagliari. Dal capoluogo iniziò a collaborare con diverse riviste, tra cui Il Politecnico di Elio Vittorini, Il Mondo di Pannunzio, Nord e Sud, Ichnusa di Antonio Pigliaru, Il Ponte e diversi quotidiani, tra cui Il Messaggero, il Popolo Romano, La Nuova Sardegna, il Tempo, L’Avvenire d’Italia, Il Giornale d’Italia e, ovviamente, L’Unione Sarda.
In questi anni intrattenne importanti rapporti epistolari con Salvatore Quasimodo e, successivamente, dopo l’uscita di ‘Miele Amaro’ con l’etnologo e linguista tedesco Max Leopold Wagner.
Con il quotidiano di Cagliari pubblicò anche il suo romanzo a puntate, ‘il Carro‘ (apparso postumo solo nel 1992 con il titolo ‘Lo sposo pentito’) oltre a una serie di articoli di inchiesta sul banditismo, che però non furono mai pubblicati dal giornale e che invece uscirono sotto forma di saggio col titolo ‘Il Supramonte di Orgosolo‘. Cambosu era un giornalista diverso dalla norma, sia per lo stile di scrittura, sia perché aveva a sensibilità e la lungimiranza di andare contro luoghi comuni. “È un fatto che la miseria non è la sorgente del banditismo; ma è anche un fatto che la povertà sociale ne può favorire lo sviluppo come concausa di una malattia”. Parole forse oggi scontate —ma non troppo — ma negli anni in cui si andava affermando la teoria del bandito sociale non erano sicuramente banali.
Sempre a Cagliari Cambosu intrattenne rapporti con altri intellettuali come Sebastiano Dessanay, Michelangelo Pira e Francesco Masala e si inserì nel dibattito politico culturale da loro animato. Nonostante la sua attività e le sue frequentazioni, Salvatore Cambosu rimase sempre dietro le quinte. In lui prevalse il suo carattere schivo, riservato. Forse è per questo che una delle definizioni che lo descrivono meglio è “lo scrittore nascosto”, titolo di un’antologia a lui dedicata, curata da Mimmo Bua e Giovanni Mameli.
Per concludere, non si possono spendere due parole sul Cambosu insegnante e del suo rapporto così particolare e intenso con la sua allieva oggi più conosciuta e apprezzata: Maria Lai. Cambosu fu il suo maestro di italiano. Grazie a lui, Maria ha imparato il valore del latino, delle poesie e apprezzerà “il valore del ritmo delle parole che portano al silenzio, non importa se non capisci, segui il ritmo”. Con l’artista di Ulassai instaurò un rapporto di tenera amicizia e di confronto che influenzò l’artista ogliastrina in tutto il suo successivo percorso di vita.
Il premio
È proprio per questo suo temperamento riservato, umile eppure così profondo nell’analisi e acuto nell’osservazione che in un’epoca segnata dal narcisismo e dall’esibizionismo più sfrenato e senza pudore come quella che stiamo vivendo, che Salvatore Cambosu andrebbe riscoperto e valorizzato.
Ed è quello che sta cercando di fare la Fondazione a lui intitolata, nata nel 2007 con lo scopo di istituire un premio e valorizzarne l’opera e che oggi ha ristrutturato la sua casa natale, a Orotelli, dove presto aprirà un museo multimediale.
Confrontarsi con l’eredità complessa di Cambosu non è facile ma è quello che devono fare i partecipanti al Premio Letterario Cambosu, che dal 2012 premia narratori e giornalisti che affrontano i temi trattati dall’intellettuale orotellese.
La prossima sezione del premio ha quattro sezioni: A) narrativa (riservata a un romanzo o raccolte di racconti di prima edizione); B) reportage (riservata a opere giornalistiche, con particolare riferimento a territori, cultura e tradizioni); C) Antropologia e tradizioni popolari; D) Sezione speciale, riservata a alla Fondazione per dare un riconoscimento a personalità che si sono distinte in campo artistico o letterario, come Gianni Filippini, che con Cambosu ha lavorato, a cui è andato il riconoscimento per la sua attività giornalistica e culturale.
Le opere devono arrivare alla Fondazione entro il 15 febbraio (qui si può leggere il regolamento completo, per informazioni si può scrivere a premiocambosu@gmail.com) , mentre la premiazione dovrebbe avvenire entro il 9 maggio. Data entro la quale il Covid speriamo sia solo un brutto ricordo.
Qui si possono trovare le opere complete di Salvatore Cambosu.